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No degli industriali sul prezzo del latte Pastori arrabbiati al Ministero

Gli industriali rifiutano di trattare sul prezzo del latte. Per la Coldiretti si tratta di un atteggiamento «strumentale e oltraggioso nei confronti dei pastori che devono fare i conti con la situazione insostenibile che si riscontra nei 70mila allevamenti di pecore, ormai al collasso»

 
08 ottobre 2010 | 10:10

No degli industriali sul prezzo del latte Pastori arrabbiati al Ministero

Gli industriali rifiutano di trattare sul prezzo del latte. Per la Coldiretti si tratta di un atteggiamento «strumentale e oltraggioso nei confronti dei pastori che devono fare i conti con la situazione insostenibile che si riscontra nei 70mila allevamenti di pecore, ormai al collasso»

08 ottobre 2010 | 10:10
 

ROMA - Il rifiuto degli industriali a trattare sul prezzo del latte per la «mancanza di un clima adeguato» è «strumentale e oltraggioso nei confronti dei pastori che devono fare i conti con la situazione insostenibile che si riscontra nei 70mila allevamenti di pecore, ormai al collasso».

è  quanto afferma la Coldiretti dopo il nulla di fatto al tavolo convocato al ministero delle Politiche agricole per definire il prezzo del latte, nell'annunciare che con lo slogan "Ora basta!!!" migliaia di agricoltori ed allevatori parteciperanno alla manifestazione di piazza che si terrà il prossimo 13 ottobre a Cagliari per richiedere interventi concreti, che fino ad ora non ci sono stati, da parte delle Istituzioni regionali e nazionali.



Attualmente i costi di produzione del latte di pecora si avvicinano ad un euro mentre il prezzo riconosciuto dagli industriali in Sardegna arriva fino a 54 centesimi/litro + Iva (o 60 Iva compresa) con un calo del 25 per cento, rispetto a due anni fa. L'allevamento ovicaprino è un'attività che, concentrata nelle zone svantaggiate, è ad alta intensità di manodopera. Il settore ha registrato un incremento dei costi, in particolare per il combustibile, l'elettricità e i mangimi, determinando un'ulteriore pressione sul settore che già versa in una situazione critica sul piano della competitività.

Preoccupante è la flessione costante dei consumi nazionali dei prodotti ovicaprini. Anche nel mercato estero, le scarse strategie di difesa dell'immagine dei prodotti tipici italiani porta a sostituire l'acquisto del Pecorino Romano (95 per cento dell'export di formaggi ovicaprini) con prodotti di imitazione.

Sono "false" due fette di pecorino su tre "vendute negli Stati Uniti dove le imitazioni prevalgono a scapito del prodotto originale proveniente dall'Italia, come purtroppo avviene anche in altri paesi europei ed extracomunitari. La Coldiretti ha denunciato il caso della società Lactitalia che esporta in Usa e in Europa e produce in Romania formaggi di pecora venduti con marchi che richiamano al Made in Italy come Toscanella, Dolce Vita e Pecorino. Una società di proprietà della Simest, controllata dal Ministero dello Sviluppo Economico, e dei Fratelli Pinna attraverso la Roinvest con sede a Sassari, con amministratori, tra gli altri, Andrea Pinna, che è vicepresidente del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano, e Pierluigi Pinna, consigliere dell'organismo di controllo dei formaggi pecorino Roma, Sardo e Fiore Sardo Dop, che dovrebbero promuovere il vero pecorino e combattere la concorrenza sleale e le contraffazioni.

«Ancora una volta – afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori - dobbiamo registrare la mancanza di interventi concreti a sostegno degli allevatori. Per la dichiarazione dello stato di crisi del settore ovicaprino si allontanano i tempi in maniera incomprensibile. E migliaia di imprese continuano a vivere una situazione di grande drammaticità, con produttori ormai sull'orlo del baratro, assillati da costi sempre più onerosi e da prezzi del latte in caduta libera. Un quadro che ha, quindi, urgente bisogno di misure realmente efficaci».

Così la Cia riafferma «l'opportunità di accelerare i tempi per azioni efficaci nei confronti di tanti produttori che sono costretti ad operare tra mille difficoltà e grandi incertezze» ed esprime «la sua preoccupazione per il mancato avvio, nel Tavolo, di un confronto costruttivo nella filiera per arrivare ad un soddisfacente accordo inteprofessionale che fissi un prezzo del latte realmente remunerativo. Da qui l'esigenza di stemperare le polemiche e gli attriti e lavorare per arrivare a rapporti più stretti tra produzione e industria. Passaggio, questo, obbligato per rasserenare l'attuale difficile scenario e cercare di dare risposte valide agli allevatori». Per questa ragione la Cia auspica che nel prossimo incontro, fissato per il 20 ottobre, i vari soggetti della filiera «possano riallacciare il dialogo e che il Governo e le Regioni trovino un'intesa per la dichiarazione dello stato di crisi e si adoperino per ottenere, in tempi rapidi, il riconoscimento e l'approvazione da parte dell'Unione europea».




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