Ho letto questa notizia, non è una novità che in Romania si facciano le 'imitazioni” dei formaggi italiani o anche peggio; ciò che mi suona strano però è che la Ue non dica nulla. Se non sbaglio la Romania fa parte della comunità europea, e quindi dovrebbe seguire le regole imposte in merito da Bruxelles come in Italia, almeno credo.
Allora la mia domanda sorge spontanea, alla Lubrano: queste regole valgono per tutti a solo per alcuni Paesi?
è mai possibile che il parlamento europeo insista su provvedimenti assurdi, come l'impossibilità di cuocere la pizza al forno a legna perché cancerogena e nel frattempo lasci la Romania possa produrre un formaggio di scarsa qualità, non solo dannoso per la reputazione del Made in Italy ma anche per la salute, quella dei parlamentari europei compresi.
Un piccola considerazione: non capisco come mai questi prodotti entrino nel mercato comune senza che nessuno controlli. è ora che si ritorni alle regole doganali, perché la posta in gioco è troppo alta. è vergognoso che molte aziende italiane produttrici di formaggi abbiano le loro fabbriche in Romania, e per di più pagate dai contribuenti attraverso un ente sotto il controllo del ministero dello Sviluppo.

La Romania è un Paese in cui ancor prima di un giornalismo consumistico, è nato un giornalismo invidiabile nell'informazione di pubblica utilità, che non bada a chi questo può dar fastidio.
Capita in questi giorni che una delle testate rumene più popolari del web, Evz.ro abbia deciso di vuotare il sacco senza mezzi termini a proposito dei formaggi cosiddetti "fusi" (quelli che da noi chiamiamo "sottilette", per intenderci), denunciando una composizione fatta "di latte di scarsa qualità", di "composti che impediscono la fissazione del calcio nelle ossa" e di "conservanti che possono causare il cancro".
La testata web rumena mette in guardia i lettori dal nutrirsene e soprattutto dal nutrirne i bambini definendo questo prodotto una vera e propria "bomba per l'organismo umano, in grado di alterare gli enzimi e di influenzare il metabolismo della crescita". Un formaggio prodotto riciclando rimanenze di produzione di altri formaggi, "trasformati a lungo con sali di fusione che contengono composti come citrato e fosfato, ricchi di sale, con concetrazioni pari a tre grammi di sale per cento grammi di prodotto".
'L'eccesso di sale nei formaggi trasformati - racconta Evz.Ro, comporta - malattie cardiache e alcuni tipi di cancro". Per di più, in questo genere di prodotto "la qualità del latte è molto discutibile"; "in pratica si tratta di scarti fusi derivanti da precedenti processi industriali del latte, che nulla hanno a che fare con quello che si possa pensare essere un formaggio".
Se questo non bastasse, "un altro problema di questo tipo di prodotto", prosegue il giornale rumeno, "consiste nella grande percentuale di grasso cattivo, responsabile dell'ostruzione delle arterie".
Leggere le etichette di questi prodotti dovrebbe bastare a starne lontani almeno un miglio: 55% di grassi, acqua, formaggio, latte scremato, 5% di prosciutto (maiale e spezie naturali, sale), conservanti E250, E451 e stabilizzanti E450, antiossidante E361, amido, sale di fusione E452 e E331, E330 correttore di acidità. "L'E250 - spiega Evz.Ro - è un conservante che distrugge la microflora dei bambini, può far collassare la loro immunità e indurre un alto rischio di infezioni. Inoltre, i nitriti, una volta nell'organismo, portano alla formazione delle nitrosamine, che aumentano il rischio di cancro".
Secondo un recente studio condotto dalla rumena Anpcpss (Associazione nazionale per la protezione dei consumatori e la promozione di programmi e strategie) questo genere di formaggio può avere sino a tredici additivi.
In un Paese come il nostro, in cui le pubblicità delle "sottilette" imperversano sui grandi media ci appare assai improbabile che un'informazione di tale utilità possa mai raggiungere il grande pubblico. Peccato, perché stando così le cose possiamo intravedere, al di là delle tasche piene per qualche editore, un danno sociale che non potrà che ricadere sulla collettività. Fatta salva quella sottilissima fetta di mercato rappresentato dai consumatori più consapevoli che magari un giorno, qui o su una testata rumena, potranno apprendere di tanto orrore.
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