Con la crisi sono in difficoltà le borse, il mattone e nell'ultimo mese anche l'oro, mentre volano le quotazioni mondiali delle materie prime agricole che fanno segnare aumenti che arrivano in soli 30 giorni fino al 42% per il mais, che ha raggiunto così il record storico. Lo rivela un'analisi della Coldiretti sulla base delle quotazioni di chiusura settimanale di metà luglio al Chicago Board of Trade, punto di riferimento del mercato a livello internazionale che in un mese ha fatto registrare anche un balzo dei prezzi del 34% per il grano e del 17% per la soia, con consegne a settembre. Con la crisi sembrano tornare ad avere più valore i beni essenziali come il cibo anche se a beneficiarne al momento sono soprattutto i prodotti importati per la forte dipendenza dell'Italia dall'estero per le materie prime agricole.

L'aumento dei prezzi registrato a livello mondiale è però fortemente atteso dagli agricoltori italiani, costretti a fare i conti con l'aumento dei costi, il drastico taglio dei raccolti dovuto al caldo e alla siccità e quotazioni che a livello nazionale non hanno ancora recepito a pieno l'andamento mondiale e restano insoddisfacenti. In Italia alla borsa merci di Bologna il mais è stato quotato in settimana attorno ai 24 centesimi al chilo, la soia attorno ai 51 centesimi al chilo, mentre il grano tra 24 e 25 centesimi al chilo, solo in lieve rialzo rispetto allo scorso anno che fu particolarmente difficile.
L'aumento dei prezzi è giustificato sul piano congiunturale dal clima, che ha colpito con il caldo e la siccità insieme all'Italia e all'Europa anche la 'Corn Belt” nel Midwest degli Stati Uniti, mentre un calo dei raccolti è previsto in Russia nella zona del mar Nero per le alluvioni e in Ucraina. In Italia centinaia di migliaia di ettari di mais non saranno raccolti. In realtà a pesare sono anche i cambiamenti strutturali come ha evidenziato l'ultimo rapporto Ocse-Fao, secondo il quale la produzione agricola deve crescere del 60% nei prossimi 40 anni per far fronte all'aumento della domanda della maggiore popolazione mondiale, alla richiesta di biocarburanti e alla crescita dei redditi in Paesi come la Cina, che spinge al maggiore consumo di carne e quindi di mangime per gli allevamenti. Soia e mais sono infatti gli ingredienti di base per l'alimentazione degli animali negli allevamenti per la produzione di carne e latte sui quali i rincari sono destinati avere effetto.
Una prospettiva che conferma l'importanza che l'Italia difenda il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile in una situazione in cui già adesso circa la metà dei prodotti alimentari sono importati, a cominciare appunto da grano, soia e mais. Non è un caso che si assista nel mondo alla corsa all'accaparramento delle materie prime agricole con pesanti investimenti nell'acquisto di terreni da parte di investitori istituzionali a partire dalla Cina e dai Paesi Arabi per garantirsi l'approvvigionamento alimentare. Un nuovo colonialismo che ha portato ad essere oggetto di negoziazione nel mondo dai 50 agli 80 milioni di ettari, di cui oltre i due terzi nell'Africa sub-sahariana, laddove Etiopia, Mozambico e Sudan hanno concesso le quantità di superficie più rilevanti.
Quest'anno in Italia le coltivazioni sono state colpite in molte zone dalla siccità che ha interessato i seminativi e dovranno essere riviste al ribasso le stime produttive che in Europa erano già previste in calo. Dall'analisi di Coldiretti sui dati di Copa Cogeca sulla campagna cerealicola 2012-2013 nei 27 Stati dell'Unione la produzione totale di cereali diminuirà dell'1,4%, passando da 286,1 milioni di tonnellate a 282,1, coltivati su 56,3 milioni di ettari. In calo il grano tenero. Secondo le previsioni, se ne produrranno 125,6 milioni di tonnellate, il 2,3% rispetto alla campagna precedente e scendono anche il mais, con un calo del 2,2% e 1,5 milioni di tonnellate in meno, e l'orzo (-0,8%). Per quanto riguarda, invece, i semi oleosi, la produzione totale europea passerà da 28,7 milioni di tonnellate a 27,8 milioni. Nel dettaglio, la soia si mantiene sostanzialmente stabile con 1,2 milioni di tonnellate, mentre il girasole cala del 3,7% (da 8,4 a 8,1 milioni/tonnellate) e la colza del 3,1% (da 18,9 a 18,4 milioni/tonnellate).
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