Sul tema voucher, consentiti ad agricoltura e turismo ma non alla ristorazione il Governo sta rischiando. Aprirli a tutti i settori dell’Horeca forse avrebbe dato la spinta decisiva verso un definitivo cambio di marcia.
Ci sono molte cose di nuovo, ma anche tante di vecchio, nel modo di fare politica del Governo Conte-Salvini-Di Maio. Di sicuro non ci sono più i riti della concertazione che avevano azzoppato un po’ tutti gli esecutivi della seconda Repubblica. I sindacati dei lavoratori o delle imprese sono quasi snobbati, anche se la Lega cerca di strizzare l’occhio alle piccole imprese e i 5 stelle flirtano alla grande con una Cgil che ormai non rappresenta più il mondo dei dipendenti che cercano di migliorare la loro condizione sociale, ma fa solo difesa corporativa dei garantiti.
Il Governo, forte di una maggioranza parlamentare blindata e che non poggia su “responsabili” o “comprati”, si muove in autonomia, seguendo il richiamo dei nuovi blocchi sociali (vedi gli oppositori alle grandi opere o ai vaccini) in alternativa alle richieste degli intermediari tradizionali degli interessi socio-economici.
Un modo originale e che sembra piacere a molti italiani, ma che rischia di creare non pochi problemi. Un esempio concreto è l’ostinazione come cui il vicepremier Di Maio sostiene il suo decreto dignità (lodevole nel nome e negli obiettivi) quasi dimenticando che ciò che è indispensabile oggi è garantire più occupazione. Va bene migliorare le condizioni di chi un posto lo può ottenere, ci mancherebbe altro. Ma serve anche tutelare chi magari può lavorare solo poche ore al giorno. Come dire che sul tema voucher questo Governo sta rischiando davvero grosso. Dal “no” totale che volevano i tecnici di Cgil, oggi consulenti del ministero del Lavoro, si è passati ad un’apertura per il mondo agricolo e gli hotel (su forte pressione della Lega e del Ministro Centinaio).
Ma senza un coinvolgimento di bar e ristoranti (che vivono di pochi settimanali e stagionali di presenze) si rischia di aprire un conflitto sociale col mondo dei pubblici esercizi e, soprattutto, di assestare un colpo mortale ad ogni progetto di valorizzazione del turismo e della filiera agroalimentare.
Se non si sistemerà questa grave distorsione, eredità peraltro dell’ignavia dei governi Pd che non osavano contrastare la Cgil su questo tema, l’Italia rischia davvero tanto, in termini di occupazione e di crescita di un comparto che potrebbe contribuire ad un aumentino del più. Sperando di non sembrare inguaribili ottimisti vogliamo immaginare un ripensamento che porti a rendere più larga (e garantita) l’area dei voucher restituendo un po’ di serenità a ristoranti e bar.