Gli italiani preferiscono la pasta, ma anche il riso, la pizza e il sushi. La maggior parte, ad agosto, partiranno in vacanza, ma – indovinate? – altrettanti resteranno a casa. Contraddizioni in termini, certo, che però spesso e volentieri passano come notizie… “attendibili”, soprattutto in internet. Per quale motivo? La confusione generata da tante agenzie di comunicazione e di pubbliche relazioni nel divulgare determinate informazioni, ha raggiunto livelli ai quali mai, in passato, avevamo assistito.
Più che informazione, le agenzie pubblicitarie spesso veicolano caos
Agenzie di comunicazione che, in tanti casi, non sanno più valutare la portata delle notizie, la loro attendibilità e neppure l’importanza e l’efficacia degli eventi che loro stesse propongono, veicolandole indistintamente a testate di cui con ogni probabilità nemmeno conoscono target e diffusione reale.
L'immagine scelta per la campagna pubblicitaria
E così anche chi questo fatto prova a denunciarlo, alla fine cade in un errore di superficialità piuttosto banale. Perché l’esempio che porta questa agenzia (la Lorenzo Marini Group) in una sua campagna pubblicitaria (e ideata ad hoc per provare a… distinguersi), parlando della confusione che alcuni locali generano nei clienti per via della loro offerta variegata è semplicemente sbagliato. Se possiamo essere d’accordo sul fatto che è molto meglio fidarsi di un ristorante dalla carta “corta”, rispetto a quelli che propongono un numero illimitato di piatti, certo non possiamo non far notare che oggi i locali sono ormai obbligati ad essere multi tasking e ad offrire più servizi rendere più produttivi sia il personale che la location. Ben venga, dunque, per intercettare più pubblico, un’offerta diversificata a seconda delle ore della giornata e, magari, dei giorni della settimana, soprattutto quando si mettono in sinergia più professionalità, da quelle in cucina a quelle al bar, fino all’accoglienza.
Il testo della campagna di Lorenzo Marini Group
Non sarà certo questo a confondere il cliente e di certo non in maniera subdola come invece fanno le campagne di tante agenzie pubblicitarie, che vendono per oro qualsiasi tipo di materiale, facendo poi scoprire al lettore (o, peggio, al cliente) che di oro nelle loro “notizie” ce n’è davvero una minima parte.