La seconda tappa di quel viaggio del gusto che è Praesentia, voluto dalla Regione Campania, ci conduce al Museo Campano di Capua, perla museale di grande valore, definito dal celebre archeologo Amedeo Maiuri il più significativo museo della civiltà italica. Imperdibile, già da sola il Museo meriterebbe la visita, la sala delle Matres Matutae, una raccolta unica al mondo di statue votive in tufo, raffiguranti figure femminili sedute, con uno o più bambini in braccio. Databili tra il sesto e il terzo secolo a.C., queste sculture sono struggente testimonianza del culto ancestrale della maternità e della fertilità praticato nell’antica Capua osca. Capua, in epoca romana, fu la seconda città per importanza dopo, ovviamente, la caput mundi.

La sala delle Matres Matutae del Museo Campano di Capua
Praesentia, omaggio a bufali e bufale
Ed è in questo Museo, ubicato nello storico Palazzo Antignano (16° secolo), che si è avuto modo di degustare, facendone così lieta e non superficiale conoscenza, gli eccellenti prodotti dell’enogastronomia di Terra di Lavoro, laddove per Terra di Lavoro, qui convenzionalmente intendiamo la provincia di Caserta. Un vulcano spento, il vulcano di Roccamonfina, l’altro vulcano, quello importante e famoso nel mondo, che non è spento, attenzione, ma è solo dormiente, il Vesuvio, e l’area vulcanica, ahinoi pericolosamente attiva, dei Campi Flegrei, contornano la Terra di Lavoro che si lascia attraversare dal fiume che ha fatto la storia dell’Unità d’Italia: il Volturno. Tutto ciò determina una fertilità del suolo che ha pochi eguali, contribuendo a una biodiversità da preservare. Una poesia di Pier Paolo Pasolini, dal significativo titolo “La terra di Lavoro” (anno 1956), ha questo incipit: «Ormai è vicina la Terra di Lavoro, / qualche branco di bufale, qualche / mucchio di case tra piante di pomidoro».

Da qualche anno ha ottenuto il riconoscimento Dop anche la Ricotta di Bufala Campana
Il Casertano, soprattutto l’area che gravita intorno a Capua, è rinomato per l’allevamento delle bufale. Dal latte della bufala, posto l’osservanza di un rigoroso disciplinare che interviene a scandire regole per ogni fase del processo, si ottiene la Mozzarella di Bufala Campana Dop, famosa nel mondo. Da qualche anno ha ottenuto il riconoscimento Dop anche la Ricotta di Bufala Campana. Le bufale danno il latte e va bene così. Va bene così da secoli. E il bufalo? Pochi tra costoro, secondo connotazioni determinate prevalentemente da albero genealogico, si rassegnano loro malgrado a diventare «padri per professione» (!) e gli altri... ecco, stiamo cominciando ad apprezzare, finalmente, la carne di bufalo, che, posto che la si sappia cucinare, ha spiccata pregevolezza organolettica.
Praesentia: non solo Bufale a Capua
Occhio, però, ad altri due formaggi di antica origine: il Conciato Romano e il Capotempo di Capua. Il Conciato Romano si ottiene da latte di pecore allevate allo stato brado sui pendii dei Monti Trebulani e dei Colli Caprensi. La maturazione va dai sei ai ventiquattro mesi e avviene in anfore di terracotta seguendo, ora come allora (dove l’allora è appena un paio di millenni fa!), tecniche che, al netto del rispetto delle attuali doverose norme igieniche, sono immutate. Il caglio è di capretto e la concia avviene nel vino Casavecchia con olio evo caiazzano, peperoncino e timo serpillo. Il Capotempo di Capua è un formaggio di antichissima fattura, la cui ricetta è frutto di un’attenta ricerca antropologica. Servito alla Corte dei Borbone e per ben due secoli dimenticato, il Capotempo di Capua, la cui prima traccia storica risale al 1797 nel “Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli” redatto da Lorenzo Giustiniani, è un formaggio di latte caprino (60%) e ovino (40%) di circa due mesi di stagionatura, conciato nel Pallagrello Bianco per un paio di settimane. Indi asciugato e confezionato. Il caglio è di vitello.

Degustazione durante la seconda tappa di Praesentia a Capua
Altra chicca della zootecnia del territorio è il Maiale di razza casertana, allevato sin dall’epoca romana. Questo maiale ha il manto grigio ardesia (e quindi chiamarlo maialino nero è un errore!) e non ha setole, da qui il nome gergale di “Pelatella”. Due prodotti agricoli si giovano della Igp: la Castagna di Roccamonfina e la Mela Annurca. Altre produzioni agricole di eccellenza sono il Peperoncino verde di fiume e la Capuanella, un carciofo tenero e dolce che matura tra marzo e inizio maggio. Presente in Terra di Lavoro anche l’olio extravergine di oliva con la Dop Terre Aurunche.
Praesentia, la viticoltura e i grandi vini del territorio
Andiamo in vigna, adesso: e che vigne! Partiamo dalla cosiddetta vite maritata, detta così in quanto la vite cresce attaccata a pioppi: è l’Alberata Aversana, da cui la Dop Aversa, in cui ricade l’Asprinio, molto noto anche nella sua versione spumante. In Terra di Lavoro, adiacente alla fascia costiera, c’è l’Ager Falernus, tra il Monte Massico e il vulcano spento di Roccamonfina. Ed è nell’Ager Falernus che nell’anno 217 a.C. si combatté una cruenta battaglia della seconda guerra punica. In quest’area si produce uno dei vini più antichi al mondo, prediletto dagli (abbienti) antichi romani: il Falerno. Il Falerno del Massico Dop comprende sia la tipologia bianco che la tipologia rosso. Il bianco è da uve falanghina. Il rosso da uve aglianico o piedirosso.
Già presenti nella Vigna del Ventaglio, progettata da Luigi Vanvitelli e cara ai Borboni, tre vitigni: Casavecchia, Pallagrello Bianco, Pallagrello Nero. Il Casavecchia di Pontelatone Dop è un poderoso vino rosso. I due Pallagrello danno vita a un vino bianco e a un vino rosso, entrambi inclusi nella Igp Terre del Volturno.
Praesentia, terra di storia, di futuro, di lavoro
Terra di Lavoro, permeata di storia bimillenaria e di storia recente. Attraversata dalla Regina Viarum, che proprio alla foce del Garigliano (oggi confine tra Campania e Lazio) ha la sua diramazione costiera, la Domiziana, dove Orazio si godeva la vita, e simili ozi si concedevano le truppe di Annibale accampate a Capua. Tre secoli fa fu costruita la Reggia di Caserta, la più grande del mondo.

L‘incontro di Teano tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II
Nei pressi di Teano, il 26 ottobre 1860, il generale Giuseppe Garibaldi incontrava Vittorio Emanuele II: si compiva l’Unità d’Italia. Terra di Lavoro, con così cospicuo e glorioso passato, non può non avere un radioso futuro, poiché, si sa, va lontano chi viene da lontano!