Il cibo come linguaggio universale, ponte tra culture e segno di comunione: è anche attraverso la tavola che si racconta il volto più umano della Chiesa. Lo sanno bene tre figure cardine del panorama ecclesiale contemporaneo - il cardinale Pietro Parolin, il cardinale Pierbattista Pizzaballa e il cardinale Luis Antonio Tagle - ciascuno interprete, a modo suo, di un legame profondo e autentico tra fede, popoli e cibo e tra i cardinali che potrebbero uscire papa dal conclave in corso di svolgimento a Roma dopo la scomparsa di Francesco.
Il gusto della diplomazia: il cardinale Parolin e il valore del cibo come ponte tra i popoli
Dalle cucine vaticane alle tavole del mondo, il Segretario di Stato della Santa Sede parla del cibo come occasione di dialogo, accoglienza e fraternità Se il cibo è linguaggio universale, nella diplomazia vaticana diventa anche preghiera, incontro, missione. Lo sa bene il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di papa Francesco, che in più occasioni ha sottolineato come la convivialità e la cultura gastronomica siano strumenti potenti di dialogo tra le nazioni e le fedi.

Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di papa Francesco
Tra un incontro bilaterale e una visita pastorale, Parolin non dimentica il valore simbolico e concreto del nutrirsi insieme. «Una tavola imbandita - ha detto - può fare più di tanti discorsi ufficiali: accorcia le distanze, scioglie le diffidenze e crea un terreno comune di umanità». Non è un caso che, anche nei viaggi internazionali, l'attenzione al cibo locale sia parte integrante dell'incontro con i popoli. Dietro le porte dei palazzi vaticani, l'accoglienza passa anche dai fornelli: tradizione e sobrietà, attenzione alle stagioni e alle necessità di ciascuno, in un equilibrio tra semplicità francescana e raffinatezza ecclesiale. Ma il cardinale guarda oltre le mura leonine: il cibo, per lui, è anche responsabilità globale, diritto negato a troppe persone, simbolo delle disuguaglianze che la Chiesa è chiamata a combattere.
Pane, pace e Gerusalemme: il cardinale Pizzaballa e il senso del cibo in Terra Santa
Tra conflitti e speranze, il Patriarca Latino di Gerusalemme racconta il valore del cibo come segno di fraternità, memoria e resistenza In Terra Santa, ogni pasto è un gesto carico di significato: unione e divisione, ricordo e speranza, spiritualità e sopravvivenza. Per il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, il cibo non è solo nutrimento: è linguaggio comune in una terra dove le parole spesso si scontrano e i silenzi diventano drammatici.

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme
«Spezzare il pane, qui, è un atto profondo - ha affermato - perché in ogni tavola si portano secoli di storia, cultura e ferite. Ma anche la possibilità concreta di ricominciare». Nelle sue visite tra le comunità cristiane, ebrei e musulmani, il cibo diventa il primo gesto di accoglienza, la prova che si può ancora sedere insieme, nonostante tutto. Nelle cucine del Patriarcato latino, la dieta è semplice ma densa di senso: legumi, pane azzimo, olio d'oliva, erbe spontanee. Elementi che raccontano la terra e la Bibbia, ma anche la povertà condivisa con chi vive sotto assedio. Pizzaballa non ama i riflettori, ma condivide volentieri un piatto umile durante le sue visite, sapendo che mangiare insieme, in questi luoghi, è già un miracolo.

Il riso, la grazia e l'umiltà: il cardinale Tagle e il sapore della fede
Dalle Filippine al Vaticano, il Pro-Prefetto per l'Evangelizzazione racconta come il cibo diventi missione, memoria e dialogo tra i popoli. Per il cardinale Luis Antonio Tagle, ogni chicco di riso racconta una storia di umiltà, famiglia e speranza. Nato a Manila, figlio di una cultura profondamente legata alla tavola come luogo di condivisione e preghiera, Tagle ha portato con sé fino in Vaticano il senso più profondo del mangiare insieme: una liturgia quotidiana fatta di ascolto, gratitudine e servizio.

Il cardinale Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto per l’Evangelizzazione
«A tavola impariamo il Vangelo - ha detto - perché servire un piatto è già amare. E accogliere chi ha fame è il primo atto della Chiesa». Nelle sue missioni, come nelle stanze romane del Dicastero per l'Evangelizzazione, Tagle non smette di ricordare come il cibo possa unire ciò che la politica divide. Riso, pesce, frutta tropicale, ma anche pasta e pane: la sua cucina è una sinfonia interculturale che riflette la Chiesa universale. Non è raro vederlo sorridere davanti a un piatto semplice, felice di raccontare la storia di una ricetta filippina o di ascoltare quella di una nonna italiana. Il suo approccio al cibo è spirituale, ma mai distante: è il gusto di una Chiesa che scende in strada, che si siede con i poveri, che benedice anche una ciotola di riso con la stessa solennità di un calice di vino.