Pos e commissioni, quanto pagano davvero bar e ristoranti?

Il nodo centrale sono le commissioni, con il Governo che vorrebbe ridimensionarle. Commissioni che sono comunque calate grazie ai diversi operatori e alle offerte. Vediamo quanto costano e perché non si possono azzerare

19 dicembre 2022 | 14:41

Quindi niente norma sul Pos. Il governo con un emendamento depositato in Commissione fa dietrofront e torna alla vecchia misura attualmente in vigore e che prevede la sanzione di 30 euro a chi rifiuta il pagamento elettronico. E così si ritorna a discutere (anzi in verità non si era mai smesso) se per ristoranti e bar il dispositivo che permette di accettare pagamenti elettronici, reso obbligatorio dal governo Monti nel 2012, sia così svantaggioso o meno. Il nodo centrale da sempre sarebbero, infatti, le commissioni troppo care. Possono arrivare fino al 5% dell’importo a cui, però, bisogna aggiungere l’affitto del Pos, le spese una tantum oltre ad eventuali manutenzioni. Se però si tratta di un’attività stagionale, in molti casi, c’è un aggravio di spesa del 50%. D’altra parte se fino a 5 euro le commissioni sono azzerate, l’importo minimo - per cifre superiori - è pari a 50 centesimi con il paradosso che per due cappuccini e due brioche, un barista paga una commissione del 10%.

Dobbiamo però considerare che, negli ultimi 5 anni, con l’ingresso sul mercato di tanti nuovi operatori i costi sono diminuiti, si dice del 40%. Le commissioni per i pagamenti con carta bancomat sono passate, infatti, dall'1,88% del 2017 all'1,27% di oggi cioè -32%; quelle per pagamento con carte di credito sono passate dal 2,7% del 2017 all'1,6% di oggi, cioè -41%. I prezzi, inoltre, variano da banca a banca, nel settore c'è ora molta concorrenzaSenza dimenticare che gli esercenti possono accettare anche solo il bancomat (che ha le commissioni più basse) e una carta di credito. Quindi? Vantaggi o svantaggi? Meglio i pagamenti digitali o i contanti? E ora che cosa farà il Governo? Per capirlo vediamo quali sono i costi obbligati per i pagamenti digitali e quanto questi incidano sugli incassi di bar e ristoranti.


Cosa succede in ogni singola transazione

Andiamo con ordine. Innanzitutto, teniamo presente che i pagamenti digitali hanno dei costi che vengono scaricati sull’esercente e che ogni singola transazione viene divisa tra:

  1. la banca che trattiene lo 0,2% per le transazioni con carta di debito o bancomat e lo 0,3% per quelle su carta di credito;
  2. il circuito su cui si appoggia la carta (PagoBancomat, Maestro, Visa, MasterCard, American Express) che prende una commissione che va dallo 0,2% per la carta di debito o bancomat fino allo 0,5% per la carta di credito
  3. il Pos. La banca o l’operatore che gestisce il pagamento per l’esercente applica una commissione che va dallo 0,3 allo 0,4%.
    In pratica per i pagamenti digitali con carta di debito o bancomat la media è dello 0,7%.


Attenzione però che, fino al 2023, PagoBancomat ha azzerato tutte le commissioni sotto i 5 euro. Quindi se prendiamo cappuccino e brioches al bar e paghiamo con il bancomat non c’è nessun costo per il barista.


Le commissioni delle carte di credito sono, invece, in media del 1,2%. Quindi per un pranzo in pizzeria di 20 euro, il titolare paga 24 centesimi di commissioni.


Pos, noleggio o acquisto?

Ai nostri calcoli dobbiamo però aggiungere il canone per l’uso del Pos, in media 14 euro al mese. C’è poi da valutare se noleggiare o comprare il Pos. Consideriamo che se lo si acquista poi bisogna sobbarcarsi le spese di manutenzione che, al contrario, con il noleggio sono a carico dell’operatore (che interviene anche in tempi più brevi).


In ogni caso teniamo presente che:

  • negli ultimi 5 anni i costi per acquistare un Pos sono crollati del 66,5% (dati Osservatorio ConfrontaConti.it e Sostariffe.it)
  • oggi la spesa media è di 22,82 euro contro i 61,74 del 2017.


Le offerte sul mercato

In ogni caso oggi, come dicevamo, rispetto a cinque anni fa, sono entrarti sul mercato nuovi operatori e i prezzi sulle commissioni sono diventati più concorrenziali.


Proviamo a vedere alcuni esempi di costi di commissione per i Pos.

  • Banca Intesa: zero commissioni per i micropagamenti sotto i 15 euro e una percentuale media dell’1% per pagamenti sui circuiti
  • Bancomat, Maestro, Visa, MasterCard e American Express, con canone mensile per il Pos fisso a partire da 8 euro (canone gratis per il Pos mobile).
  • UniCredit: una commissione unica dello 0,9%, ma sotto i 10 euro le commissioni sono zero e il canone mensile è di 2,90 euro.
  • Banca Sella: commissioni dello 0,45% su circuito PagoBancomat e dello 0,95% sui principali circuiti internazionali e canone di 6 euro a seconda del terminale installato.
  • Banca Popolare di Milano: commissioni dello 0,45% su circuito PagoBancomat e dello 0,95% sui principali circuiti internazionali e canone mensile da 10 euro ed è gratis il primo mese.


Ci sono le banche quindi, ma ci sono anche moltissime nuove società digitali con offerte differenti:

  • Nexi, la più grande piattaforma italiana di gestione dei pagamenti digitali: con Nexi Start non si pagano commissioni per i micropagamenti sotto i 10 euro e fino a 1.000 euro di transato al mese (superata la soglia si passa ad una percentuale fissa dell’1,2%).
  • Sum Up non ha costi mensili e chiede l'1,95% su ogni transazione, oltre ad offrire una gestione burocratica semplificata.
  • Axerve: offerta senza commissione con canone mensile tra 17 e 22 euro fino a 30 mila euro d’incassi all’anno, oppure una promozione senza canone con tutte le commissioni all’1%, e per l’attivazione del servizio è prevista un’imposta di bollo di 16 euro.
  • Satispay: offre commissioni zero sotto i 10 euro e per tutti gli altri importi 20 centesimi a transazione che incassa un solo soggetto perché viaggia su un suo circuito privato che l’esercente deve avere, e comunica via smartphone e non via Pos.
  • Tinaba: si appoggia a un conto corrente di Banca Profilo, zero commissioni e zero canone per l’esercente che condivide l’applicazione.


Le ipotesi allo studio del Governo

In ogni caso i Governi si sono sempre impegnati per incentivare l’uso del Pos e dei pagamenti digitali e, di conseguenza di abbassare le commissioni. Il governo Draghi nel 2021 aveva scelto, ad esempio, di spostare gli incentivi all’utilizzo della moneta elettronica dai consumatori agli esercenti. Per sostenere i pagamenti, quindi, fino al 31 dicembre 2022 è stato aumentato dal 30% al 100% il credito d’imposta sulle commissioni e fino al 30 giugno valeva lo stesso anche per l’affitto dei Pos, ma la misura non è stata rinnovata.


Un regolamento dell’Unione europea ha già tagliato le commissioni interbancarie allo 0,2% per transazione quando si utilizza il bancomat e allo 0,3% nel caso delle carte di credito; ma nessun piccolo commerciante italiano paga così poco. Secondo uno studio recente la commissione media pagata è dello 0,9%: lo 0,54% finisce delle tasche dei circuiti internazionali (Visa, Mastercard, Amex, etc etc); il resto in quello delle banche italiane. Per i piccoli esercenti il conto è decisamente più salato: 1,32%, con lo 0,78% direttamente nelle casse degli istituti di credito italiani. È però particolarmente complesso entrare nel dettaglio, soprattutto perché spesso i contratti vengono negoziati singolarmente e le condizioni cambiano con frequenza.


E ora, nonostante la bocciatura della Manovra e il passo indietro, il Governo non chiude la questione. L'Esecutivo vuole trovare un'alternative, come confermato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che nei giorni scorsi aveva dichiarato: «Se non ci sono i margini, ci inventeremo un altro modo per non far pagare agli esercenti le commissioni bancarie sui piccoli pagamenti». Se rimuovere le commissioni dei Pos è impossibile (il presidente del Consiglio ha parlato di azione "incostituzionale"), la strada potrebbe essere quella di prevedere, come compensazione per i commercianti, un credito di imposta per commissioni e affitto del Pos. In questo senso si è mosso il Partito Democratico, che ha presentato un emendamento alla legge di Bilancio che ripristina il credito d'imposta 100% per azzerare il costo delle commissioni per i piccoli esercenti.

 


In Norvegia le commissioni più alte

Questa la situazione in Italia, dove, in ogni caso, dall’analisi di Bankitalia e Prometeia, su dati relativi al 2021, con Francia e Spagna, ha le commissioni medie più basse (rispettivamente dello 0,7% in Italia e 0,4% in Francia e Spagna), ma nel resto d’Europa, cosa succede?
Le commissioni più alte d’Europa sono in Norvegia, dove il 56% degli acquisti si fa con carta. Nel Regno Unito, dove le carte sono usate nel 66% dei casi, e le commissioni sono allo 0,8%.


Le altre transazioni cashless in Europa:

  • in Francia sono il 48%,
  • in Spagna il 34%,
  • in Italia il 32%
  • in Germania il 23%


Il contante non è così conveniente

Ora fatto un quadro generale sui costi delle commissioni, c'è un altro aspetto che non può passare di certo in secondo piano. La Banca d'Italia, bocciando alcune delle misure inserite in manovra, ha anche riportato in auge un suo studio realizzato nel 2016, nel quale evidenzia come il contante, al contrario di quello che si pensa, costi di più ai commercianti rispetto ai pagamenti elettronici. Dal documento, intitolato "Il costo sociale degli strumenti di pagamento in Italia", emerge infatti come, in relazione all'importo medio delle transazioni, il costo per i commercianti sia dell'1% per i pagamenti in contanti e dello 0,65% per i pagamenti elettronici. Il contante, sempre stando ai numeri, risulta più economico soltanto se commisurato alla singola transazione, che costa 0,19 centesimi a fronte dei 0,96 centesimi delle carte di credito.


Com'è possibile? Se per le carte ci sono le commissioni, per i contanti ci sono altri costi, non inferiori. Si parla di trasporto e stoccaggio delle banconote, ma anche dell'ammortamento e della manutenzione dei registratori di cassa e dei rischi legati a furti, frodi e ammanchi, a cui serve infine aggiungere il costo delle assicurazioni.


A rendere ancora più sorprendere il risultato ci sono due fattori. Il primo è legato all'anno, il 2016, in cui è stata realizzata l'analisi. Da allora il numero delle transazioni elettroniche è aumentato esponenzialmente ed è quindi molto probabile che si siano ridotti i costi legati ai pagamenti elettronici. In più, all'interno dello studio, non sono inclusi gli oneri non monetari, vale a dire, per esempio, i tempi di prelievo o di ricerca dello sportello per il prelievo o il deposito dei contanti.

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Alberto Lupini


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