Virus, l'infettivologo Galli: Due mesi per uscirne, ma attenti alle regole

Lo specialista dell'ospedale Sacco di Milano si è espresso con chiarezza: «Le sfide maggiori sono per le strutture sanitarie, specie del nord, e per evitare una diffusione fuori controllo nel resto della Penisola»

10 marzo 2020 | 16:10
Due mesi. Se seguiamo le regole questo è il tempo che secondo l'infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, dovremo aspettarci per uscire da questo stato di emergenza. Si riflette sulla Cina e si fanno paragoni: le nostre misure sono meno drastiche delle loro e loro, entrati in crisi a gennaio, ne stanno uscendo ora che è marzo. Bisogna rimboccarsi le maniche, essere creativi per inventarsi soluzioni che possano risolvere problematiche, ma soprattutto è necessario che tutti - inclusi i giovani - stiano attenti alle misure. Solo così riusciremo a uscirne.


 Massimo Galli

L'infettivologo del Sacco, intervistato dall'agenzia Dire, tira un po' le somme delle prospettive che si presentano di fronte all'Italia: «Due mesi perché l'Italia esca dall'emergenza coronavirus. Ma tutti devono rispettare le regole imposte dal Governo con il nuovo drecreto del Governo. Con misure davvero molto più drastiche delle nostre - ha spiegato - la Cina sta cominciando ora a vedere la luce in fondo al tunnel. Da loro il problema è diventato serio a gennaio, e oggi siamo a marzo. Noi siamo all'inizio, se ci comporteremo molto bene ce la faremo in un tempo comunque difficilmente inferiore a quello dei cinesi. Mi auguro meno, ma due mesi mettiamoli in conto».

«Dichiarare tutta Italia zona rossa è stato un provvedimento assolutamente necessario e che, a mio avviso - ha proseguito Galli - ha bisogno di ulteriori articolazioni, soprattutto in aree particolari del Paese dove si deve andare oltre il "semplice" decreto di distanziamento delle persone, che è quello che è stato posto in atto. Credo che le battaglie siano due, la prima quella degli ospedali - soprattutto al Nord - che sono in gravissime condizioni di stress, e la seconda quella sul territorio, affinché le strutture non vadano in ulteriore crisi e l'epidemia venga fermata il più rapidamente possibile».

«Ciò vuol dire che le persone debbono collaborare nel fare ciò che viene richiesto dal Decreto - ha proseguito l'esperto - ma anche che vengano potenziate le capacità di garantire la quarantena degli esposti e la gestione delle persone che risultate positive non vengono ricoverate in ospedale perché non hanno necessità di ricovero. La permanenza in casa di questi soggetti però è possibile se loro dispongono di una camera e un bagno autonomo. È importante garantire un controllo stringente a distanza altrimenti diventa necessario il trasferimento in luoghi dove possono finire di guarire senza il rischio di infettare gli altri. Credo comunque che dovranno essere messe in ballo altre strutture, come alberghi o simili, dove ospitare queste persone in maniera controllata con il personale sanitario ridotto allo stretto necessario che possa consentire il monitoraggio della loro situazione».

«Per maggiore efficienza serve attivare una medicina territoriale - ha aggiunto ancora Galli - e in questa partita sono fondamentali i medici di medicina generale e gli strumenti innovativi che dobbiamo essere rapidamente capaci di mettere in atto, come la telemedicina. L'imperativo è essere creativi e darsi da fare, non limitarsi ad aspettare che le cose si sistemino da sole perché non accadrà questo».

«Sembra necessario ribadire ancora una volta - ha concluso poi Galli - che non bisogna sottovalutare il problema e dobbiamo stare attenti tutti, non soltanto gli anziani. I giovani invece stanno sottovalutando il rischio. "Io resto a casa" è una giusta misura di distanziamento sociale per evitare infezioni di questa portata che si trasmettono per via aerea».

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Alberto Lupini


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