Villa Naj, il ristorante stellato di proprietà della famiglia Viglini, ha da poco traslocato da Stradella a Torrazza Coste, dal paese alla campagna: la nuova sede è all'interno della Tenuta Riccagioia, polo di innovazione di livello nazionale in campo alimentare ed agricolo. Una tenuta-laboratorio, in altri termini, in cui si creano le condizioni per vincere la scommessa del cambiamento tecnologico, attraverso tutta la filiera che parte dalla madre terra e finisce sul tavolo di lavoro dello chef.

Gli interni del ristorante Villa Nilaj (foto: Nailya Vagabova)
Buone notizie, dunque, per lo stellato Dario Fisichella, il catanese “oltrepadano” che rappresenta il prima e il dopo, qui a Villa Naj, in vista delle colline dell'Oltrepò pavese: c'era già a Stradella, si è mosso con tutta la squadra per continuare a Torrazza Coste il suo percorso di ricerca gourmet e arricchirlo di venature agricole e ortofrutticole.
Il trasferimento e la visione di Lella Viglini
A proposito di movimenti e cambiamenti, cominciamo l'esplorazione in loco chiedendo a Lella Viglini, comproprietaria dell'impresa, cosa ha portato un ritrovo per gourmet già noto, come Villa Naj, qui in aperta campagna. «In realtà ci sentivamo un po' limitati, lì a Stradella: qui nella Tenuta Riccagioia possiamo usare più liberamente le superfici esterne, c'è tanta luce all'interno, è tutto più ampio, abbiamo spazio e respiro fra i tavoli per i nostri ventisei coperti.

Fisichella e il suo staff (foto: Nailya Vagabova)
Ma è il progetto in sé ad essere di ampia portata: la Fondazione Riccagioia conta sul contributo di Ersaf-Regione Lombardia e di importanti gruppi industriali, con cui collaboriamo per installare le serre che riforniranno di vegetali il ristorante. È anche previsto un appezzamento seminato a grano per i grissini, il pane, la pizza fatti da noi, in casa: un ciclo che inizia e finisce qui. Ma stiamo anche prendendo in gestione otto camere, perché è prevista l'ospitalità e quindi anche il breakfast: i confini si allargano, insomma, dobbiamo solo stare attenti a non fare il passo più lungo della gamba…».
La filosofia in cucina di Dario Fisichella
Mai dimenticare la prudenza, questo il messaggio di buon senso che traspare dal sorriso bonario di Lella Viglini: andiamo però a vedere se la saggezza si trasferisce anche nelle invenzioni culinarie di Dario Fisichella, classe 1991, che prima di approdare nell'Oltrepò pavese si è perfezionato a Milano sotto lo sguardo attento dello chef Felix Lo Basso.

L'antipasto dello chef (Foto: Nailya Vagabova)
Dal glamour di Milano alle austere campagne di Torrazza Coste il salto non deve essere facile, e forse due chiacchiere aiutano a capire l'impostazione. Fisichella, da Stradella a qui ci sono solo venticinque chilometri, e siamo in pratica al confine col Piemonte. Gli ingredienti sono rimasti gli stessi o si fa sentire qualche altra influenza? «Non cambia nulla -chiarisce lo chef- io parto comunque da una base molto siciliana, perché le origini devono pur contare qualcosa, e poi mi estendo a tutta l'Italia: è chiaro che un'attenzione particolare va riservata all'Oltrepò. Così si spiegano il crudo di mare e rollé di sgombro con fave, la frittella con maionese alla brace e ripieno di tartare di tonno, i bottoni di ricotta e ‘nduja, cozze, agretti e caviale, il cavallo con cremoso di nespole e millefoglie di patate alle erbe».
Il tocco esotico e le spezie
Niente di eccentrico o di esotico, allora? «Una spruzzata di fantasia bisogna concedersela perché fa parte del mestiere di chef: il mio ultimo viaggio in Africa mi ha riportato nel mondo delle spezie, che in Italia trova uno spazio limitato, ricordandomi che questi insaporitori si possono e si devono sapientemente miscelare: se ne ricavano condimenti originali, come la mia salsa al masala, che mette insieme 15 componenti.

Bottoni di ricotta e 'nduja con cozze e caviale
Per fare un esempio, viene aggiunta ai culurgiones di agnello con caciocavallo e ciliegie. Quando ce l'hai nel piatto parti dalla Sardegna e grazie alle spezie ti muovi verso un altrove, superi le frontiere e approdi in qualche altra isola: facendo attenzione a dosare bene il masala, basta un pizzico in più a scombinare un piatto».
Tendenze, crisi e ingredienti “poveri”
Un festival dell'italianità con qualche evasione oltreconfine, insomma. Tutto questo basterà a salvare il “fine dining", o la crisi di cui tutti parlano è senza ritorno? «Ho letto da qualche parte che l'alta ristorazione è una moda come tante, coi suoi alti e bassi, e non sono d'accordo: con certi piatti si va al di là della tavola e si attinge alle tradizioni, alla cultura, alla passione che abita dentro ogni cliente, e sta allo staff del ristorante risvegliarla; bere e mangiare di per sé non sono un'esperienza, ma possono diventarlo.

Tagliatelle alla norma affumicata
Qui a Villa Naj accogliamo ospiti molto consapevoli, interessati alla composizione del piatto, all'abbinamento cibo-vino, a come si svolge il servizio e alla disposizione degli arredi: una clientela esigente sotto tutti i punti di vista, che paga qualcosa in più e chiede un trattamento adeguato. Ed anche attenta agli stili di vita: in tanti, oggi, ordinano il menù fisso impostato sulle verdure, pur non essendo vegetariani. Se devo parlare di una tendenza, io e miei colleghi dovremmo forse puntare di più sugli ingredienti poveri, cosiddetti; perché spesso ciò che è prezioso, come il caviale, necessita di pochissima lavorazione, mentre lo sgombro o le frattaglie devi renderli appetibili. La stella Michelin, in tutto questo orientarsi fra materie prime e preparazioni, ha ancora una grande importanza: un'indicazione di prestigio e qualità da cui non si può prescindere».
Vini, sala e nuove abitudini
Ci chiediamo spesso se tutta la letteratura sul fine dining costituisca solo una moda, e quando avremo la risposta la faremo girare: ma, per adesso, è quasi un dovere far sapere al mondo che lo chef Fisichella ci ha messo molto talento nell'ammannire il crudo di mare e i bottoni di ricotta e ‘nduja di cui sopra; nonché le tagliatelle alla Norma affumicata; l'orata e la sua pelle con ragù di muccuni (lumachine di mare), pomodoro e mandorla; gli spaghetti con le sarde, polvere di pane e uvetta ripassata nel passito di Pantelleria: serviti, quest'ultimi, prima del dessert, perché la loro intensità poteva oscurare le portate successive.

Orata e la sua pelle con ragù di muccuni
La grande professionalità della cucina e l'intento di far sentire distintamente, a volte energicamente, tutti i diversi sapori presentati, hanno caratterizzato l'intera carrellata. Che il cliente-tipo di Villa Naj vuole abbinata per bene, ovviamente, magari dalla mano capace del sommelier-maître Luca Salvigni, che ci spiega cosa vada per la maggiore da queste parti, a livello enologico. «In linea di massima chi ci frequenta, di solito una clientela molto fidelizzata, si fa guidare nella scelta dei vini: quando vogliono bere qualcosa che già conoscono optano per le bollicine dell'Oltrepò, un territorio che diventa sempre più attrattivo e si sta facendo conoscere nel modo giusto».
Consapevolezza e vino dealcolato
Parliamo ancora di mode e orientamenti: anche lei rileva la tendenza a bere di meno, e con meno alcol, o perfino dealcolato? «Di sicuro c'è molta più attenzione, ma senza cali drastici: magari si rinuncia al bicchierino a fine pasto, si beve un calice di meno, quasi mai mi chiedono un vino dealcolato o poco alcolico. Su questo vorrei essere chiaro: per me il dealcolato non è vino, è altro. Va bevuto con un approccio differente, consapevoli che togliendo l'alcol si eliminano anche altre caratteristiche: essenziali, non secondarie».
Conclusione: un'esperienza che vale il viaggio
Al di là del racconto su Villa Naj, brutto o bello che sia, da quanto sopra dovrebbe esser chiaro che val la pena di fare un piccolo investimento, una gita in campagna, per fare quest'esperienza: molto più che campagnola, in verità. Al di là delle descrizioni conta assaggiarle di persona, le attitudini artistiche dello chef e dello staff: possiamo assicurare, avendolo intrapreso più volte, che si tratta di un viaggio insolito e affascinante, addirittura imprevedibile, progettato da professionisti appassionati e capaci di guardare sempre in avanti, senza fermarsi a contemplare i risultati (la stella) già raggiunti.
Via Riccagioia 48 27050 Torrazza Coste (Pv)