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L’agronomo Roberto Cavallo: «È il momento della responsabilità»

Il fondatore di Erica, comunicazione ambientale per i Comuni, richiama a una maggiore consapevolezza personale per salvaguardare il pianeta fra coronavirus e i 50 anni della giornata della Terra .

di Piera Genta
 
06 aprile 2020 | 16:00

L’agronomo Roberto Cavallo: «È il momento della responsabilità»

Il fondatore di Erica, comunicazione ambientale per i Comuni, richiama a una maggiore consapevolezza personale per salvaguardare il pianeta fra coronavirus e i 50 anni della giornata della Terra .

di Piera Genta
06 aprile 2020 | 16:00
 

Roberto Cavallo è un agronomo; è stato assessore all’ambiente del Comune di Alba ed è il fondatore di Erica, azienda leader nella consulenza tecnica e comunicazione ambientale per le amministrazioni pubbliche (www.cooperica.it). Gli abbiamo chiesto il suo parere da ambientalista su questo periodo di emergenza da coronavirus, che sta interessando tutto il mondo.

Roberto Cavallo - L’agronomo Roberto Cavallo: «È il momento della responsabilità»

Roberto Cavallo

Vorrei partire da questa sua affermazione: “Credo che se un futuro potremo avere non potrà che passare attraverso l’economia della condivisione”. Che cosa intende?
Feci questa affermazione prima del momento complicato che stiamo vivendo in seguito della diffusione del virus Sars-Cov-2 e del conseguente Covid19, e alla luce di ciò che stiamo attraversando credo che sia ancora più importante definire un nuovo paradigma basato sulla condivisione.
 
Cinquant’anni lei, 50 anni la Giornata mondiale della Terra. Le chiedo un suo pensiero da ambientalista. Penso a due livelli, uno sociale e uno reale.
Il livello sociale è basato sulla responsabilità. Sul concetto che Darley e Latane, e altri psicologi poi, chiamarono diffusione della responsabilità e che io definisco diluizione della responsabilità o che, ancor più efficacemente, George Burns ha sintetizzato con l’aforisma “Nessun fiocco di neve in una valanga si sente responsabile”.

Viviamo in un momento storico in cui prevale la ricerca della responsabilità altrove e non in noi stessi e questo meccanismo è stato purtroppo utilizzato, a volte in modo perverso, nel corso degli ultimi decenni in quella che abbiamo imparato a definire economia lineare. Un meccanismo che ci induce ad attendere che sia qualcun altro a dirci cosa dobbiamo fare, ma che nel contempo scarica su di noi la responsabilità senza che abbiamo una possibilità di intervento a monte della catena decisionale.

Questo processo è evidente anche nelle dinamiche comunicative, abbiamo confuso la comunicazione, alimentata da un continuo processo di feedback, con l’informazione, che ha un flusso univoco e la televisione, in questo modello che ha condizionato gli ultimi 50 anni la televisione ne è il simbolo. Occorre dunque passare ad un modello di responsabilità condivisa, di corresponsabilità che è quella che deve stare alla base anche di nuovi modelli economici come l’economia circolare.
 
Dal punto di vista reale sono molti gli esempi che potrei fare, penso ad esempio alla gestione degli scarti. La cosiddetta Responsabilità Estesa del Produttore a mio avviso non è più sufficiente, perché semplicemente cerca di sovvertire l’attuale deresponsabilizzazione dei produttori che hanno scaricato sui consumatori la responsabilità invitandoli a prendersela lungo tutta la catena. Io penso invece che la responsabilità assunta appieno ciascuno per il proprio pezzo consapevoli di ciò che accade prima e ciò che accade dopo la filiera di utilizzo di un bene.

In questo modo, ad esempio, se estraggo una materia prima da un giacimento devo essere consapevole di chi erano le terre prima dell’insediamento della miniera, che valore culturale avessero per le popolazioni che ci vivevano, che cosa ci coltivavano o allevavano, chi raffina i minerali deve essere consapevole da dove provengono in quali condizioni vivono i minatori, chi utilizza le materie prime deve conoscere il processo di raffinazione, quanta energia e quanta acqua viene utilizzata e dove è prelevata e come è restituita all’ambiente e così via, fino a noi cittadini, quando acquistiamo un prodotto dobbiamo assumerci la responsabilità, anche nel prezzo, di sapere da dove proviene, ad esempio chi ha coltivato un determinato frutto o la verdura che stiamo pulendo, come l’ha prodotta, in quale area geografica, se ha utilizzato o meno fitofarmaci o fertilizzanti, quanto tempo ci ha messo e dobbiamo chiederci dove vanno a finire i nostri scarti, chi li prenderà in mano, cosa ne farà. Sovvertire la profezia di Italo Calvino “dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede…”.

Quale il suo augurio alla Terra?
Non credo che dovremo tornare a vivere di stenti, anzi! Ma certamente le raccomandazioni di Mosé al popolo in cammino alle prese con la manna sono quanto mai attuali. Dobbiamo recuperare la sensibilità di consumare l’abbastanza, il ciò che ci è necessario e se avessimo la fortuna di “raccogliere” di più del necessario condividerlo con chi non può permetterselo.

Senza essere eccessivamente moralista penso ad azioni molto pratiche, ad esempio costruire un magazzino virtuale dei beni che non usiamo più e che possano essere disponibili per altri che ne necessitano, penso ad un magazzino che raccolga gli avanzi di vernice, che altrimenti seccherebbero nelle latte nei nostri garage, li mettesse insieme rispettando il colore RAL e li rendesse disponibili per chi ne necessità di quantità parziali, penso all’esperienza di frigoriferi solidali in cui mettere cibi in scadenza quando devo andare in vacanza, a disposizione di chi ne può fare uso, penso ancor più semplicemente ad un acquisto condiviso di un rasaerba così da utilizzarlo per la sua reale capacità tecnica ed imprestarselo o perché no tagliarsi vicendevolmente il prato sulla base del tempo a disposizione.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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