Cosa succede quando una bottiglia di Gavi finisce al centro di una pagina del New York Times? Succede che la famiglia Moccagatta brinda, ma senza perdere la testa. Stefano, il "frontman" di Villa Sparina che guida l'azienda insieme ai fratelli Massimo e Tiziana, racconta in esclusiva a Italia a Tavola come si costruisce un brand globale partendo dal vigneto di casa, con fatica, idee, litigi produttivi e una bottiglia studiata per un anno e mezzo. Tra viticoltura sostenibile, spirito imprenditoriale e un albergo nato «quando a Gavi non veniva neanche una mosca», questa è la storia di come si diventa riconoscibili e, soprattutto, richiesti. Una storia in cui sognare è uno stile di vita, ma con studio e in cui è fondamentale capire quando investire e quando consolidare, come sta avvenendo in questo momento di incertezza globale.
Il Gavi che piace al mondo: fresco, croccante, attuale
Eric Asimov l’ha inserito tra i 20 migliori bianchi estivi sotto i 20$: quali caratteristiche organolettiche le sembrano state più apprezzate nella vostra bottiglia?
Noi ci troviamo in un territorio che, in questo momento, a livello tecnico di prodotto, possiamo dire che è finalmente tornato di moda perché oggi il vino deve essere fresco, piacevole, croccante, minerale, autoctono. E queste sono esattamente le caratteristiche del Gavi, che si adattano perfettamente al mercato attuale. Vent’anni fa erano molto richiesti quei vini con grande dolcezza, residui zuccherini elevati, bassa acidità, strutture molto importanti che superavano anche i 13,5 gradi alcolici nei bianchi. Poi, come succede spesso, ci sono i cicli e i ricicli, e ora la gente si è un po’ "rinfrescata" le idee: ha capito che il vino, per essere davvero piacevole, deve essere fresco. Perché, alla fine, è molto più facile e piacevole bere un vino fresco rispetto a uno molto strutturato. Quindi Gavi, come territorio, ha proprio tutte queste caratteristiche - e dico tutte, davvero tutte.

Il Gavi 2023 di Villa Sparina è stato selezionato dal Nww York Times
Come siete arrivati fino al New York Times?
In America siamo fortissimi. La verità è che siamo molto ben distribuiti, e questo ha permesso che il prodotto venisse conosciuto, assaggiato e apprezzato per la sua qualità. Credo sia fondamentale: se uno assaggia il vino e poi lo inserisce tra i venti migliori del mondo… beh, vuol dire che se n’è innamorato. Essendo ben distribuito, il vino è visibile, si trova in giro, viene provato, e quindi uno arriva a dire: “Questo è uno dei vini più interessanti del momento.” Ma, al di là delle nostre capacità, credo sia proprio una questione di momento storico del vino - e Gavi si inserisce perfettamente in questo momento. In più, abbiamo avuto una bottiglia che ci ha resi un’azienda riconoscibile. Ci abbiamo messo degli anni, non è successo tutto all’improvviso. Io avevo 24 anni quando andavo a rompere le scatole in America… E oggi, dopo tanti tentativi, tra errori e successi, i risultati ci sono. Siamo un’azienda riconoscibile, e di questo siamo orgogliosi. Io, insieme ai miei fratelli, abbiamo fatto un lavoro importante. Li cito perché sono importanti quanto me, anzi, per me lo sono anche di più, perché sono davvero bravissimi. Io magari sono il frontman, ma il vero lavoro è quello di tutti, ed è proprio questa collaborazione che ci ha permesso di ottenere risultati.
Una famiglia, tante idee (e litigi costruttivi): il motore di Villa Sparina
Quanto conta questo lavoro di famiglia?
Siamo una famiglia affiatata, ci vogliamo bene, siamo contenti - e tutte queste cose aiutano anche ad affrontare i momenti difficili o particolarmente impegnativi. Tipo quando abbiamo aperto l’albergo: a Gavi non veniva neanche una mosca. Quindi è stato un lavoro importante, sinergico. Siamo anche fortunati, perché andiamo d’accordo. O meglio, litighiamo spesso - ma sono litigi pro-azienda, non personali. Il confronto è sempre sull’ego aziendale, mai sull’ego individuale. Quello personale sparisce subito, non esiste. Ci siamo proprio allenati a cancellarlo. Ma l’ego aziendale è fortissimo, ed è sempre orientato alla ricerca, all’idea, alla provocazione del tipo: “Proviamo a fare questo, secondo noi funziona.” Dietro ogni cosa che facciamo c’è tantissimo di studio.

Stefano Moccagatta in mezzo ai fratelli Tiziana e Massimo
New York Times: cosa cambia dopo l’articolo che ha acceso i riflettori
Qual è il valore, in termini di notorietà e posizionamento di mercato, di comparire sul New York Times come unico italiano in una selezione così esclusiva? Avete già misurato un incremento nelle richieste o nel traffico verso il vostro sito/enoteca?
Diciamo che il New York Times è, credo, uno dei giornali più influenti al mondo. E negli Stati Uniti - non è solo una mia opinione - è considerato una vera e propria bibbia. Proprio per questo va gestito con una certa attenzione. Nel mondo della ristorazione, ad esempio, se ricevi una recensione positiva dal New York Times, per due anni hai il ristorante pieno. Nel vino non funziona esattamente allo stesso modo, perché ci sono tante bottiglie, tante etichette, quindi l’effetto è diverso. Però, nonostante questo, abbiamo ricevuto una quantità davvero inaspettata di richieste, domande, contatti da giornalisti, persone che chiamavano il distributore... davvero tantissimi. Noi abbiamo molti distributori in America, siamo ben distribuiti, quindi il feedback per noi è molto, molto positivo. Ormai siamo conosciuti, la gente richiede il prodotto, e di questo siamo entusiasti.
Ristorazione e storytelling: così si costruisce un brand negli USA
Il prezzo retail negli Stati Uniti si aggira sui 15-20$, mentre in carta sale a 40-60$: come spiegate questo forte scostamento e quale feedback avete dai buyer americani e dai sommelier delle catene ristorative?
Noi lavoriamo in America soprattutto nella ristorazione - direi al 95%. Anche perché i brand si costruiscono proprio lì, nei ristoranti, e questo è un dato di fatto: nessuno può dimostrare il contrario. Costruire un brand vuol dire andare a presentare le bottiglie, parlare con i clienti. Negli Stati Uniti funziona così: vai tu, direttamente, a far assaggiare il vino al ristoratore. Non è come in Italia. In America si gira con i rappresentanti, con chi ti segue sul territorio, con la borsa frigo, vai di locale in locale, fai assaggiare il vino a chiunque - perché lì vogliono assaggiare il vino davanti a te. Questo sistema va avanti da tanti anni ormai, ed è anche una cosa bella, perché hai un riscontro immediato. Anche se magari in quel momento non acquistano, comunque assaggiano, commentano subito, e quei commenti a caldo ti aiutano tanto. Ti racconti, ascolti, cerchi di capire cosa migliorare, perché capisci subito cosa ne pensa l’americano che ha proprio questa caratteristica: tendenzialmente dice quello che pensa, nel bene e nel male. Il riscontro è chiaro, diretto, ed è proprio questo che ti aiuta a crescere. A volte può servire a fare delle modifiche, altre volte semplicemente ti conferma che sei sulla strada giusta. È un confronto costruttivo, attraverso cui si impara - e per noi imparare significa fare bene il mercato, ma anche aiutare chi lavora con noi. Perché se pensi di sapere già tutto, sei già perdente in partenza. Noi abbiamo sempre avuto questo atteggiamento, e ci ha premiato.

I vini di Villa Sparina sono riconosciuti e riconoscibili anche negli Stati Uniti
Dazi americani e logiche aziendali: come reagire senza panico
La vostra attuale quota di export verso gli USA è del 30%, penalizzata dai dazi. Su quali leve pragmatiche (logistica, partner distributivi, campagne promozionali) puntate per ridurre l’impatto tariffario e avvicinarvi a una quota del 15% che riterreste sostenibile?
Trump sta facendo un lavoro pro-America, che è importante perché cerca di riportare i soldi a casa. È un lavoro che, giusto o sbagliato che sia, se lo guardiamo da un punto di vista aziendale - facendo finta che gli Stati Uniti siano un’azienda - ha una logica precisa. Senza alcun dubbio, l’America è il miglior mercato del mondo per tantissimi produttori: la stragrande maggioranza considera il mercato americano come il più importante in assoluto. Quindi lui fa gli interessi dell’America. Secondo me, l’unico vero errore che fa è che è troppo altalenante: un giorno dice una cosa, il giorno dopo un’altra. Io credo che la cosa giusta sarebbe che tutti pagassero pochissime tasse, così non si squilibra il mercato. Se, invece di alzare le tasse al 15%, le portasse al 5%, sarebbero tutti contenti: loro perché incassano miliardi veri, e noi perché non si rompono gli equilibri che abbiamo costruito in decenni di lavoro. Perché nel vino questi equilibri sono frutto di anni, anzi, di decine di anni. Se adesso li sconvolgi con dazi troppo alti, ci sarà un terremoto. Cambieranno le rotazioni, i vini economici - quelli che costano poco e che sono anche meno buoni - avranno una rotazione maggiore, perché rimarranno in una fascia di mercato molto interessante. Ma il prodotto di media qualità soffrirà. Ci troveremo con una scelta di mercato più bassa e una qualità complessiva inferiore. Sicuramente ci saranno delle difficoltà legate alla rotazione del prodotto, ma come sempre, prima o poi, anche questi problemi li risolveremo.
Una bottiglia studiata per un anno e mezzo: il branding come progetto
Nella classifica compaiono etichette iconiche da tutti i continenti. In che modo Villa Sparina si differenzia dagli altri bianchi “value” nel palcoscenico globale, e quali strategie adottate per mantenere competitività e qualità?
Noi siamo molto attenti. Abbiamo una squadra in America pazzesca, si chiama Etica Wine: è un’azienda di importazione molto giovane, fresca, dinamica. ascoltiamo, stiamo attenti, e curiamo i dettagli - perché sono sempre i dettagli a fare la differenza. Questo, ovviamente, senza mai perdere la nostra identità. La bottiglia, come puoi vedere anche dall’etichetta o dalla fotografia - non so se l’hai ricevuta o se l’hai vista - ci vede in centro pagina. E io mi chiedo: perché? La risposta è semplice. Perché siamo belli, buoni, accessibili. Cioè: siamo riconoscibili. E anche un giornale, come quello per cui scrivi tu, ha piacere a pubblicare qualcosa di riconoscibile - se è anche buono, bello e accessibile. E così fanno anche loro: scelgono aziende che hanno una maggiore riconoscibilità. Quindi per chi fa selezione è anche più semplice valorizzare bottiglie che, oltre a essere buone, sono visivamente forti.
La verità è che la nostra immagine funziona ed è molto apprezzata anche dai clienti. Quello che è piaciuto a noi, piace anche agli altri - e per un’azienda che vende vino, o qualunque altra cosa (borse, scarpe, automobili), questo è fondamentale: che ci sia un progetto dietro. Noi abbiamo impiegato un anno e mezzo per studiare questa bottiglia, facendo tantissime prove: modifiche, sbagli, test con il collo più largo, più lungo, bottiglia più grande, più alta, più bassa, più “grassa”… ne abbiamo fatte almeno cinquanta. E quindi, alla fine, quando abbiamo deciso il modello definitivo, eravamo davvero coscienti del lavoro che c’era dietro. Ed è un elemento fondamentale per noi, perché i nostri genitori ci hanno insegnato a lavorare così.

Qualche dato su Villa Sparina
Il valore della sostenibilità, oltre le mode
Qual è il vostro approccio alla sostenibilità in vigneto e cantina, e in che misura queste pratiche - dal controllo delle rese all’uso di tecnologie green - hanno contribuito alla scelta di Asimov?
Mi ricordo quando ero un ragazzino, sono andato da Angelo Gaja per farmi dare dei consigli. Lui mi ha sempre detto che bisogna fare le cose con equilibrio, soprattutto dove ci sono elementi che già funzionano. Bisogna prestare attenzione e avere rispetto per la natura, a prescindere dalle mode del momento. Il rispetto per la natura viene prima di tutto. Poi, ognuno fa quello che ritiene giusto, certo, ma quel rispetto deve essere alla base. Anni fa anche noi produttori, purtroppo, non l’abbiamo rispettata come avremmo dovuto, perché ci avevano raccontato un sacco di fandonie, a partire dai diserbanti. Anche noi ci siamo fidati di prodotti che ci venivano consigliati, anche da agronomi che in buona fede credevano in soluzioni che poi si sono rivelate sbagliate.
Oggi, però, la cultura è altissima, c'è un enorme rispetto per la natura, una professionalità elevata, una grandissima profondità di approccio. Oggi non si sbaglia più per caso: si fa ricerca, si fanno prove, ogni decisione è ponderata. Il nostro obiettivo è fare le cose al massimo, nel modo migliore possibile, rispettando la natura. Perché alla fine, ci vivi dentro. Solo un cretino può fare del male alla natura se ci vive dentro. Sei un pazzo se, a casa tua, nel tuo giardino, metti qualcosa che sai che non va bene. Non ha senso. È tutto per te, è tuo. E visto che il nostro “giardino” è fatto di 100 ettari, vogliamo tenerlo con la stessa cura con cui terremo qualsiasi cosa a cui teniamo profondamente.

Villa Sparina e i suoi vigneti
Come avete valorizzato il legame col territorio tramite attività di promozione, visite in cantina o eventi, anche a livello internazionale?
Noi lavoriamo tantissimo con tante persone, e l’albergo ci ha aiutato molto in questo. Abbiamo sempre lavorato con l’idea di portare più gente possibile a visitare l’azienda. Per noi è stata una delle priorità: far vedere alle persone ciò che conta davvero, ciò che è interessante, bello, e che ti fa stare bene. Abbiamo fatto tanta cultura su questo aspetto. Lo straniero, così come l’italiano che viene da noi, poi torna a casa e, nella maggior parte dei casi, compra qualche bottiglia di vino. E sicuramente, quando visiti un’azienda, se ti piace, ne parli bene, sei felice, la consigli.
Eleganza e finezza: come evolve lo stile di Villa Sparina
State già sperimentando nuove tecniche di vinificazione o affinamento per la prossima annata (2024)? Se sì, in che direzione - ad esempio lieviti indigeni, botti di grandi dimensioni, lieviti selezionati - pensate di evolvere il vostro stile?
Il nostro obiettivo è fare vini molto eleganti - questa è la nostra priorità assoluta. Cerchiamo di produrre vini che piacciano, certo, ma che siano soprattutto eleganti, con finezza, freschezza e personalità. Abbiamo anche un vino speciale, affinato 10 anni in bottiglia, che esce quasi ogni anno solo quando le vendemmie sono davvero belle: è un vino importantissimo. E, onestamente, quando lo fai assaggiare accanto ai grandi francesi, spesso li sorprende - e anche parecchio. Quindi la nostra linea è chiara: vogliamo continuare su questo stile che ci ha premiato, uno stile fatto di eleganza, freschezza e mineralità, che il nostro territorio sa offrire naturalmente.

L'obiettivo di Villa Sparina è continuare a produrre vini eleganti
Consolidare per crescere: la scelta (non banale) di dire “va bene così”
Dopo questo riconoscimento, quali sono i vostri obiettivi di crescita a medio termine in termini di estensione del vigneto, volumi di produzione e fatturato atteso, e come intendete comunicare al mercato questi piani insieme ai nuovi territori da penetrare?
Vogliamo mantenere al meglio tutto ciò che abbiamo costruito fino ad oggi, consolidarlo profondamente: questa è la nostra priorità in questo momento. Siamo molto contenti dei risultati raggiunti e, a un certo punto, bisogna anche sapersi dire: “Va bene così.” Questo è proprio uno di quei momenti. Vogliamo mantenere ciò che abbiamo, ma farlo nel miglior modo possibile, migliorando sempre di più la distribuzione. A livello di estensione e superficie vitata, così come di volume produttivo, in questa fase siamo focalizzati sul consolidamento. E per noi “consolidare” significa comunque crescere, perché significa fare le cose molto bene, capire esattamente dove sei arrivato, rafforzare il progetto. In momenti come questi, non perdere terreno equivale già a crescere.
Oggi c’è tanta gente che sta facendo vere e proprie capriole, magari perché ha lavorato con una distribuzione poco oculata, un po’ superficiale. In situazioni come questa, se sei debole, crolli. Noi invece abbiamo investito tantissimo proprio sulla distribuzione, e oggi, anche in momenti difficili, questo impegno ci sta ripagando. Abbiamo investito quando gli altri si accontentavano di fare un mercato, due, tre… Noi siamo presenti in 70 Paesi. Oggi siamo una marca, perché lo abbiamo voluto fortemente, ci abbiamo creduto, e ora anche qualcun altro ci crede come ci abbiamo creduto noi. Questo ci ha aiutato. In fondo è tutto qui: crederci, anche quando gli altri mollano.
Frazione Monterotondo 56 15066 Gavi (Al)