In un mese come quello dello scorso settembre, in cui si è parlato molto del piatto simbolo della nostra cucina - prima con la guida Pizzerie d'Italia 2026 del Gambero Rosso e poi con i Pizza Awards Italia 2025 - si riaccende l’attenzione sul disegno di legge sul riconoscimento della figura del pizzaiolo professionista. Ne abbiamo parlato con Corrado Scaglione, patron di Lipen e brand ambassador dell’Associazione verace pizza napoletana (Avpn).
Un settore da 15 miliardi e 90mila locali
Troppo superficiale definire la nostra tonda da forno come semplice comfort food. È il cibo dei desideri per un italiano su due che, solo nel Bel Paese, genera un fatturato di oltre 15 miliardi di euro. Con un’occupazione di circa 100mila addetti a tempo pieno e altri 200mila nei weekend, il mondo della pizza vanta quasi 90mila locali dislocati tra borghi, città e periferie. Numeri che rappresentano bene il peso della fetta di mercato, in un momento in cui cresce sempre di più la consapevolezza dei consumatori nel selezionare prodotti che puntano sulla qualità.

Corrado Scaglione, patron di Lipen e brand ambassador dell’Avpn
In questo contesto, però, il pizzaiolo rischia di rimanere nell’ombra: una figura che c’è, ma non ha ancora un effettivo inquadramento giuridico. «Avere un riconoscimento farebbe crescere moltissimo questa professione, che fino ad ora è stata tramandata sulla parola e con esperienze sul campo» spiega Corrado, che, tra i vari prestigiosi titoli e premi, è anche rappresentante dell’Associazione italiana ambasciatori del gusto. «Altro passo importante è avere un albo professionale, passaggio difficile per le generazioni in corso ma che, con il tempo, diventerebbe un dato assodato per i futuri professionisti. Questo permetterebbe alle aziende di poter attingere a un serbatoio qualificato e garantire remunerazioni adeguate in funzione di parametri come capacità ed esperienza» prosegue Scaglione.
Un albo professionale e un codice Ateco dedicato
Il testo, attualmente fermo in Senato, oltre a istituzionalizzare la figura del pizzaiolo professionista, punta a creare un registro nazionale e un sistema di conferimento degli attestati. Un altro punto nodale è quello sull’introduzione di un codice Ateco ad hoc a cura del ministero delle Imprese e del made in Italy, che ha il compito di revisionare la classificazione delle attività economiche. In base alla proposta, il pizzaiolo professionista deve avere determinati requisiti: esercitare in via esclusiva, o comunque prevalente, l’attività - provata anche da un reddito pertinente - e aver superato una prova teorico-pratica, da cui sono però esonerati i cosiddetti “maestri pizzaioli”.

Il nodo del riconoscimento del pizzaiolo
Secondo il patron di Lipen si tratta di una disciplina che aprirebbe «uno spiraglio professionale per i giovani che potrebbero, in Europa e nel mondo, fregiarsi orgogliosamente di essere pizzaioli, lievitisti, panificatori, attraverso una valorizzazione formale». E sulle prospettive applicative della nuova regolamentazione, Scaglione è chiaro: «Partiamo da zero, quindi si può solo fare bene, ma è necessario partire. C’è la necessità di far crescere il settore, perché questo comparto è inclusivo e ha bisogno di tutti, purché appassionati».