A Erbusco la Franciacorta ha fatto un nuovo upgrade di gusto che non ti aspetti: a L’Albereta (il resort del gruppo Moretti/Bellavista), tra vini glamour e un pubblico di buongustai, Franco Pepe ha showcooked la sua pizza dopo la presentazione del libro di Elisa Menduni, Franco Pepe Pizza Chef, concludendo con una degustazione che ha fatto parlare la materia prima più forte della serata: l’impasto più celebrato del pianeta pizza. Probabilmente non è esagerato dirlo.
Da sinistra Elisa Menduni, Franco Pepe, Chiara Maci e Carmen Moretti
La presentazione del libro a L’Albereta
Il protagonista non aveva certo bisogno di presentazioni, ma Chiara Maci, intervistando lui e l’autrice, ha fatto emergere con naturalezza come Pepe sia uno che ha trasformato Pepe in Grani a Caiazzo, nel casertano, in un’icona globale: pluripremiato, ospite di Chef’s Table su Netflix e considerato da molti come uno dei migliori pizzaioli al mondo, pur non essendo napoletano...
La serata, introdotta da Carmen Moretti, con un parterre da enogastronomia di livello e l’autore sul palco, è stata business e storytelling allo stato puro: il libro come contenitore di idee, Pepe come simbolo di qualità e innovazione e La Filiale - la pizzeria di Pepe dentro L’Albereta da ormai dieci anni - come piattaforma esperienziale.
La Filiale e la pizza come esperienza
Con l’occasione sono state degustate alcune delle pizze più celebri di Pepe (compresa la celebrata Margherita sbagliata, che a suo tempo ha rivoluzionato l’idea stessa di pizza gourmet), affiancate da tre etichette selezionate di Contadi Castaldi, la cantina del gruppo Moretti che con 190 ettari vitati produce quasi il 60% del Satèn franciacortino. Non un semplice abbinamento, ma un vero dialogo territoriale tra l’impasto made in Caiazzo e le bollicine di Franciacorta.
Un trancio di Margherita sbagliata
La lista delle pizze
SPAZIO MARE
Stracciatella vaccina, polvere di limone bruciato, gambero rosso marinato di Mazzara, gel di limone, misticanza, zest di lime
MARGHERITA SBAGLIATA
Mozzarella di bufala DOP " Il Casolare", pomodoro riccio a crudo, riduzione di basilico, olio EVO varieta Caiazzana
SCARPETTA
Mozzarella di bufala DOP " Il Casolare", Crema di Grana Padano DOP
12 mesi, composta di pomodori, basilico liofilizzato,
scaglie di Grana Padano DOP 24 mesi, olio EVO varietà Caiazzana
LA RITROVATA
Pomodoro San Marzano, pomodoro Piennolo del Vesuvio, acciughe di Cetara, olive disidratate, capperi disidratati, basilico fritto,
olio agliato, origano
ORTO DEL GIORNO
Fior di latte "Il Casolare", verdure di stagione, olio EVO varietà Caiazzana
LA CRISOMMOLA
Ricotta di bufala DOP "il Casolare" aromatizzata al limone, confettura di albicocche del Vesuvio, nocciole tostate e tritate. olive Caiazzane denocciolate e disidratate, fogliolina di menta
In abbinamento
Contadi Castaldi Franciacorta DOCG Brut
Contadi Castaldi Franciacorta DOCG Satén 2021
Contadi Castaldi Franciacorta DOCG Blanc 2020
Il risultato? Una serata che ha fatto parlare chef, giornalisti, wine lover e imprenditori:
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la pizza come prodotto culturalmente riconosciuto, non più solo comfort food ma asset di brand identity e di sviluppo territoriale, protagonista indiscussa - forse più del fine dining caro alla Michelin - del successo della cucina italiana con l’Unesco;
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bollicine e pizza, un abbinamento che sfida vecchi dogmi e apre nuove frontiere per eventi di alto profilo;
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L’Albereta come palco di contenuti non convenzionali, capace di portare valore sia alla struttura sia ai partner coinvolti.
Il libro "Franco Pepe Pizza Chef"
Franco Pepe, da Caiazzo al mondo
In soldoni: non era la solita “pizza con vino”, ma un case study vivente di come una pizzeria possa diventare palcoscenico per un libro, un evento, un posizionamento di mercato. Pepe non ha solo impastato: ha connesso brand, territorio e racconto davanti a una platea che ha avuto la conferma di come la pizza non sia un fine, ma un veicolo di esperienza.
E tutto questo lo si ritrova anche nel libro, che è il punto di partenza per capire dove può portarci oggi il mondo pizza, oltre a essere una vera dichiarazione d’intenti. Dentro c’è Caiazzo, prima di tutto. Non come cartolina nostalgica, ma come ecosistema produttivo: grani, acqua, mani, tempo. Pepe racconta perché Caiazzo non è un limite geografico, ma un vantaggio competitivo, il luogo dove ha scelto di restare per costruire una pizzeria che oggi parla tutte le lingue del mondo. Altro che fuga dei talenti: qui c’è una strategia di radicamento che funziona.
Il libro: territorio, famiglia e ricerca sugli impasti
C’è poi la tradizione di famiglia, che nel libro non viene mai mitizzata ma spiegata. Il padre pizzaiolo, il forno come scuola, il gesto ripetuto migliaia di volte prima ancora della teoria. Una trasmissione di sapere artigiano che diventa base solida per l’innovazione. Pepe lo dice chiaro: senza quella grammatica non esisterebbe nessuna evoluzione. La modernità, qui, nasce dal rispetto delle fondamenta. E oggi, più che mai, dalla capacità di saperle spiegare e insegnare.
Il cuore più tecnico del libro - e forse il più interessante per chi lavora davvero nel settore - è quello dedicato agli studi sugli impasti. Non slogan, ma metodo: farine selezionate, fermentazioni controllate, idratazioni spinte ma leggibili, attenzione maniacale alla digeribilità. Pepe racconta anni di prove, errori, correzioni. Un lavoro quasi da laboratorio, con un obiettivo poco romantico e molto concreto: fare una pizza buona, sana e replicabile.
Dalla pizza al modello gastronomico
In sintesi: ieri sera non si è celebrato un personaggio, ma un modello. Franco Pepe non impasta solo farina e acqua: impasta storia, ricerca e visione. E lo fa partendo da un paese di poche migliaia di abitanti, dimostrando che il futuro della pizza non è scappare lontano, ma andare a fondo.
Detto senza giri di parole: Caiazzo oggi è più globale di molte capitali. E non è un caso.
Come non è un caso che La Liste, la prestigiosa guida parigina che segnala i migliori ristoranti al mondo (tra gli italiani, il primo in lista è Da Vittorio), abbia inserito per la prima volta la pizza nell’alta cucina, premiando proprio Franco Pepe con un riconoscimento speciale per l’artigianalità. Un passaggio storico, che onora il lavoro svolto a Pepe in Grani e la capacità di valorizzare il territorio italiano, sancendo l’ingresso della pizza nel perimetro della grande gastronomia.
Altro che dimenticanza costante - e ripetuta - di una Michelin che dice di non essere in grado di valutare le pizze, ma che nel frattempo pretende di giudicare le cantine.