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Cucciniello, anagramma in cucina. Tra trasgressione e comfort zone

Lo chef ha studiato da autodidatta con la nonna, poi si è avvicinato ai ristoranti grazie all'incontro con Gigi Nastri. Al suo Carter Oblio a Roma una cucina senza l'ossessione di stupire

di Alberto Lupini
direttore
 
26 maggio 2021 | 18:50

Cucciniello, anagramma in cucina. Tra trasgressione e comfort zone

Lo chef ha studiato da autodidatta con la nonna, poi si è avvicinato ai ristoranti grazie all'incontro con Gigi Nastri. Al suo Carter Oblio a Roma una cucina senza l'ossessione di stupire

di Alberto Lupini
direttore
26 maggio 2021 | 18:50
 

Carter Oblio. Già dal nome di questo ristorante romano, quartiere Prati, si capisce che quello che i clienti troveranno nel piatto sarà un gioco, un enigma, una provocazione. Perché Carter Oblio altro non è che l’anagramma del nome dello chef: Ciro Alberto Cucciniello. La sua storia è del tutto particolare: non ha studiato da chef, ma chef ha sempre desiderato di esserlo. Il suo maestro, anzi la sua maestra è stata la nonna che affiancava in cucina tutti i giorni tutto il giorno saltando addirittura l’asilo pur di rimanerle accanto ai fornelli. Poi l’incontro decisivo e una gavetta molto rapida, accorciata dal suo innato talento.

Carter Oblio Cucciniello, anagramma in cucina Tra trasgressione e comfort zone
Carter Oblio

In cucina con la nonna

«Quando ho intrapreso la carriera da cuoco - racconta - non era un momento in cui stavo decidendo di reinventarmi davvero anche se avevo studiato tutt’altro e stavo intraprendendo un percorso diverso. Volevo solo approfondire le tecniche di cucina, ma è stato amore a prima vista, sono iniziate subito le collaborazioni importanti con grandi chef che mi hanno permesso di bruciare le tappe».

L'incontro con Gigi Nastri

A fare la differenza in questo suo ingresso nelle cucine professionali, e non più quella della nonna, è stato l’incontro con Gigi Nastri, chef che è stata l'anima al Settembrini di Roma. «La conoscenza con Gigi Nastri - racconta Cucciniello - mi ha permesso di fare un bel salto perché mi ha dato la possibilità di lavorare con lui, di conoscere tanti alti chef e di fare una bella esperienza a Torino, con Davide Scabin prima di rientrare al Settembrini che Nastri aveva lasciato da qualche tempo». E del cuoco piemontese si porta dietro il rigore la ricerca sugli alimenti.

Ciro Alberto Cucciniello Cucciniello, anagramma in cucina Tra trasgressione e comfort zone
Ciro Alberto Cucciniello

Trasgressione ma senza esagerare

La filosofia di Cucciniello è votata al creare una comfort zone a partire dal locale e poi nel piatto. Ma il percorso per trovare questa “zona di benessere” non è semplice perché per lo chef «trasgredire è fondamentale» anche se, aggiunge «non sono per una cucina audace, sono sempre per avere il coraggio di osare, ma senza mai avere l’ossessione di stupire a tutti i costi».

I tre piatti del cuore

Un’idea precisa che, per una volta, si distoglie dalla tendenza degli ultimi tempi con virtuosismi ed estetica a contare più della sostanza. I suoi tre piatti rappresentativi la dicono lunga, sono la “riduzione” perfetta di quello che vuole esprimere ai fornelli. «Ho nel cuore il Bitter di calamari - spiega - che consiste in calamari serviti con riduzione di Campari Bitter, un ottimo modo per iniziare il pasto. Poi Crudo, stracotto e bruciato che è un piatto semplicissimo ma che nasce da una bellissima idea, quella di accostare più consistenze della carne di manzo lavorata in modi differenti. Chiuso con un dolce che esalta la mia passione per l’affumicato: Tartelletta con meringa bruciata, olive taggiasche, mandorle affumicate e cioccolato bianco».
Tre piatti che in effetti sintetizzano un po' il suo percorso con continui richiami ai gusti autentici delle materie prime e con un'innovazione assolutamente equilibrata.

Spazi rigorosi e sicuri


La location, nella sua essenzialità e nel rigore del  legno, rappresenta un po' questo stile di cucina: ricercato ma sobrio. Molti  artigiani hanno lavorato per realizzare questa questa idea di ristorazione in cui emerge la qualità dei materiali usati (così come  in cucina vincono le le materie prime). Legno, ferro, vetro lavorati a mano. Forme rigide che esprimono rigore. E poi dstanziamenti giusti (al di là del covid) che permettono a ogni tavolo di esseree autonomo. Da questo punto di vista il locale è bello oltre che sicuro e lo è anche all'sterno in un ampio dehors che si ricollega idealmente all'interno.


© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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