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A tutto Cedroni: l'importanza del laboratorio al ristorante

Il cuoco marchigiano, due stelle Michelin, apre le porte dei suoi locali e dei suoi segreti. Tra questi il Tunnel, il luogo dove si effettuano gli esperimenti più azzardati, che poi vengono trasformati in piatti. «Da un po' di tempo giochiamo con le maturazioni e stagionature», rivela lo chef che può contare anche sull'Orto marittimo che accoglie 20 tipi di erbe autoctone da usare nei piatti

di Benedetta Gandini
27 luglio 2021 | 05:00
Moreno Cedroni A tutto Cedroni: l'importanza del laboratorio al ristorante
Moreno Cedroni A tutto Cedroni: l'importanza del laboratorio al ristorante

A tutto Cedroni: l'importanza del laboratorio al ristorante

Il cuoco marchigiano, due stelle Michelin, apre le porte dei suoi locali e dei suoi segreti. Tra questi il Tunnel, il luogo dove si effettuano gli esperimenti più azzardati, che poi vengono trasformati in piatti. «Da un po' di tempo giochiamo con le maturazioni e stagionature», rivela lo chef che può contare anche sull'Orto marittimo che accoglie 20 tipi di erbe autoctone da usare nei piatti

di Benedetta Gandini
27 luglio 2021 | 05:00
 

Creatività come stato mentale, passione come modus operandi, ricercatezza come stile di vita e innovazione come quotidianità. Ed è un vero e proprio mondo quello di Moreno Cedroni, due stelle Michelin con la Madonnina del Pescatore (Marzocca di Senigallia - An), il progetto di Anikò, nato come salumeria di mare ed ora trasformato in bistrot nel centro di Senigallia e poi ancora il Clandestino Susci bar immerso nella suggestiva baia di Portonovo (An).

Da sempre la ricerca e la sperimentazione sono le parole chiave di Cedroni che da quasi quarant’anni innova e appunto sperimenta. Nel 2019 nasce l’idea e la struttura del “Tunnel”, un laboratorio dove tutti i menu prendono forma e dove lo studio della particolarità e dell’esclusività la fa da padrone. A maggio di quest’anno è stato inaugurato anche l’Orto Marittimo, il quale, sito davanti la Madonnina del Pescatore, accoglie circa 20 tipi di erbe autoctone e spontanee da cui attingere per la preparazione dei piatti.

Ma come vengono creati e ideati i piatti? Cosa c’è dietro questa “magia”? In un’intervista in cui Moreno Cedroni, socio di Eurotoques, si racconta e racconta i suoi progetti abbiamo colto tutta la passione e l’amore dello chef verso questa professione e verso i suoi “tesori”.

Il tunnel A tutto Cedroni: l'importanza del laboratorio al ristorante

Il laboratorio

 

Il Tunnel

In un atrio sotterraneo adiacente la Madonnina del Pescatore, entriamo nel “Tunnel”, luogo di lunghe maturazioni e di sopraffine sperimentazioni.

«Da un po' di tempo giochiamo con le maturazioni e stagionature - spiega Cedroni - come, ad esempio, il piccione che abbiamo in carta, questo ha una maturazione di 25 giorni, si lavora sulla carne del piccione e sulla muscolatura così che quando viene tagliato non fuoriesce il sangue. Lo scorso anno abbiamo invece iniziato questa maturazione dei rombi che quest’anno portiamo avanti con tutta una serie di pesci, tra cui anche le salsicce di orata. Ai clienti proponiamo una degustazione di 4 diversi momenti di maturazione che spaziano dai 15 giorni ai 30 giorni in modo che lo stesso cliente possa capire e sentire cosa accade. Ci stiamo anche preparando per fare tutta una serie di analisi per verificare fino a quanto tempo questi pesci possano arrivare (30-40-50 giorni). Un pesce grande dopo un mese perde circa il 25% di liquido quindi la polpa si rassoda e il gusto si concentra. Qui dentro (Tunnel) insieme al mio staff sperimentiamo e creiamo tutto».

 

Gioca e Parti

 

«Ad esempio - prosegue - il Gin, si possono essiccare i prodotti con gli appositi macchinari, c’è il neofilizzatore dove a questi ricci di mare - indica un contenitore dove sono depositati dei ricci in fase di trasformazione - gli diamo la forma della stella marina, vengono lavorati a -60°, vengono liofilizzati, e mandati allo stato solido così che il cliente li possa poi sbriciolare sopra il proprio piatto, e comunque anche con questo procedimento i profumi originali rimangono intatti. Abbiamo poi la pentola a pressione coreana dove si fermentano gli ingredienti e uno degli ultimi esperimenti fatti è stata la banana fermentata che è venuta davvero molto bene. C’è poi il bagno ad ultrasuoni, dove vediamo come gli ultrasuoni possano agire sulle varie polpe, sicuramente c’è ancora molto da capire e sperimentare qui. Questo macchinario - Cedroni mette in accensione l’evaporatore da dove si possono creare gin e altre miscele - è usato anche da molti barman nel mondo, si possono produrre da zero i gin; facciamo evaporare in un bagno a 40° inizia l’ebollizione del cioccolato fondente dal quale ne deriva un liquido/distillato con un forte sapore di cioccolato fondente e ci facciamo un gelato che ha un colore bianco e serve anche per tante altre cose ma altro non è che un evaporatore».

 

 

«La sperimentazione - prosegue - continua anche con il forno statico, il quale è stato ormai notoriamente sostituito da quello ventilato, c’è da vedere cosa può dare in più o in meno a queste preparazioni, arriveranno altre macchine, una serie di attrezzature di analisi e quindi vedremo quello che accadrà. Il Tunnel serve anche a concludere un percorso degustativo dei clienti, in quanto dopo il pranzo o cena, per chi vuole, accompagnerò i clienti qui al Tunnel. Questo prime e l’orto poi hanno un po' completato quello che è il ristorante la Madonnina. Il tunnel c’è dal 2019, mi sono chiesto cosa avrei potuto fare per andare avanti nel futuro con la giusta grinta ed energia e ho pensato che la ricerca potesse darmi questa forza».

Usciamo dal Tunnel e ci accomodiamo in uno dei tavoli colorati, siti sul patio della Madonnina, con lo sguardo rivolto verso l’Orto Marittimo.

L'orto botanico A tutto Cedroni: l'importanza del laboratorio al ristorante

L'orto marittimo

 

«Nel Tunnel nasce la sperimentazione sugli ingredienti - continua a raccontare Cedroni - il resto nasce in cucina. Li nasce la sperimentazione sull’ingrediente che può portare delle note ad un piatto che facciamo. Il piatto non deve essere pieno di tecnologia, ma deve essere gusto, il cliente lo deve ricevere come una cosa piacevole, anzi non deve nemmeno pensare a cosa c’è stato dietro; poi dopo se vuole glielo raccontiamo e glielo facciamo vedere alla fine. La concezione del laboratorio di sperimentazione è un qualcosa che i nostri colleghi all’estero hanno tutti annesso alla cucina. Qui da noi non c’è questa cultura, siamo in pochi a farlo però l’importante è anche farlo sapere agli altri come ad esempi la ricerca che sto facendo sulla sperimentazione del pesce, sulle loro maturazioni».

 

I menu

Morendo Cedroni poi entra davvero in cucina e in sala presentando quello che la carta del suo ristorante propone. «Per quanto riguarda i menu - spiega - qui alla Madonnina non c’è un nuovo menu o meglio stagionalmente inserisco piatti nuovi ma senza perdere quelli “storici”. Tre tipologie di menu: i ricordi d’infanzia dove riprendo i piatti che facevo 25/30 anni fa e ritornano con una veste “matura” che ho ora diciamo. Il secondo menu, Il Mariella, verte prevalentemente sul crudo, dove quest’anno sono andate le maturazioni e poi c’è il terzo, Luca e Moreno, dove vanno tutti i nuovi piatti. Il nuovo è al Clandestino dove ogni anno c’è un menu nuovo e allo stesso modo nasce qui, il primo periodo da metà febbraio a fine marzo lavoriamo su questo menu qui. Per il resto alla Madonnina si lavora sui piatti all’interno dei tre menu sopra citati».

E ancora: «Lo stesso vale per i dolci che hanno un legame forte con il discorso della cucina: il pre-dessert cavallo di battaglia di quest’anno si chiama Kenny Random dedicato ad un’artista di strada che ha disegnato un suo disegno simbolo a Padova (due innamorati che si baciano e si intitola chi ama non dorme) è creato con la buccia della banana fermentata ed è cosparso di varie polveri (polvere di masala, polvere di lamponi), la particolarità è che il cliente la deve mangiare solamente usando il dito! Nei miei menu non faccio mai dei cambi epocali, sono aperto da 37 anni e c’è una storia da preservare. Ogni piatto più che altro va inserito bene, gli va dato un contesta e gli va creata una storia. Chi viene qui deve vivere un’esperienza. Anche la location è fondamentale, ad esempio di giorno, da quest’anno in particolare, l’orto (orto marino) ha spostato l’orizzonte. Se prima si fermava al ciglio del patio ora lo sguardo si muove verso l’orto e verso il mare. Di sera invece con la luce sul tavolo, si regala al cliente una sorta di palcoscenico, così da far concentrare l’ospite sul tavolo e sui piatti che vengono serviti.

 

L’Orto

«Il progetto nasce un paio di anni fa, proprio per fare un ritorno alle origini, in quanto io sono nato nella casa di fianco al ristornate e da bambino qui davanti (indica la parte dove ora c’è l’orto marino) c’erano solo canneti e dune. Un ricordo anche di mia nonna che raccoglieva le erbe che poi andavamo a mangiare. Ho piantato almeno 20 tipi di erbe, il comune ha voluto solo piante autoctone e così è stato. Essendo un progetto pubblico, tutti possono godere dell’orto, è molto bello vedere la gente che passeggia e si sofferma a curiosare; credo che questo angolo sia diventata una nuova piazza del lungomare di Marzocca. L’80% delle piante sono in forma splendida, credo quindi che avranno un futuro e il prossimo anno farò anche uno studio sulle alghe. In inverno ancora non ci abbiamo pensato, sicuramente faremo una protezione. Tutte le piante che ci sono stanno li da sole, nessuno gli bada niente. Vivono, crescono e si riproducono. Vedremo cosa succederà nel periodo tra novembre - febbraio quando siamo chiusi. Siamo in fase di sperimentazione (l’orto è stato inaugurato lo scorso 31 maggio). Per quanto riguarda le preparazioni dei piatti, per un 60% attingiamo dall’Orto e un 40%, ad esempio la senape che abbiamo anche al Clandestino, facciamo foraging qui».

 

Il mondo della Mixology

«Sicuramente è un campo in espansione, io l’ho sempre adorato. Ho iniziato nel 2003 con i cocktail solidi che ho poi trasformato in sorbetti. Piacciono molto, anche da Anikò li ho trasformati in una serie di piatti “8 cocktail” ed è davvero un settore in evoluzione. I nostri colleghi barman sono in evoluzione, stanno studiando molto proprio come noi cuochi, molti preparano le loro miscele i loro ingredienti da mettere nei cocktail. Anche li cresceranno sempre di più, naturalmente è come l’abilità del cuoco, l’abilità del barman è quella di far si che quando bevi non senti la forza dell’alcool, è talmente miscelato bene che è tutto in equilibrio proprio come in cucina. La tecnologia aumenta in tutti i settori e anche nella mixology, inoltre sia in Italia che in Europa ci sono tanti bravi maestri dove ognuno può seguirne l’esempio. L’indice di diffusione è dato anche da un’apertura sempre maggiore degli speakeasy, questi posti un po' più sofisticati, sul genere dei locali dei tempi del proibizionismo, in cui si preparano cose sempre più accurate, tanto da confermare la mia teoria che è un campo in evoluzione come quello della cucina. I due vanno sicuramente a “braccetto”, la cultura italiana, ad esempio, predilige il cocktail dopo cena e non all’inizio. Io qui alla Madonnina in tre piatti servo tre piccoli cocktail, molto bilanciati nell’alcool perché ovviamente non devono infastidire; li ho pensati in quanto alternativa al più consueto abbinamento con il vino».

 

Progetti e futuro

«Credo che la cucina non sia mai stata in forma come in questo momento, secondo me, che sia stellata e no, intendo proprio la cucina italiana in genere, perché comunque, prendendo ad esempio anche Senigallia stessa, dove vai, lungomare, wine bar mangi bene ovunque. C’è il giusto equilibrio tra rispetto delle ricette tradizionali e altro, c’è sicuramente una buona materia prima. Se si mantenesse così già sarebbe interessante. Poi per quello che riguarda la nostra gamma più alta, naturalmente, è implicata ad una ricerca e ad un perfezionismo che ci spetta e questo lo faremo come sempre, quindi devo dire che nonostante i due lockdown, dove, ho forse sofferto più il primo del secondo, perché nel secondo ci siamo poi preparati molto bene, la mente è aperta a momenti buoni, di lavoro, di espressione. Poi, ovviamente, come tutte le partite, te le devi giocare e devi cercare di vincerle. Guardando al futuro, dopo i 50 anni ho deciso di dedicare il 100% di me a me stesso, quindi non lo dedicherò più a nessun’altra cosa, tranne che ai locali che ho aperto ovviamente, cercando di riaprirli ogni anno come se fossero nuovi, come se fossero più belli, degli evergreen diciamo (la ristrutturazione della Madonnina ha 21 anni, ma sembra fatta ieri. Anikò ha 18 anni, il Clandestino 22). L’obiettivo è questo, se ho 100 voglio dare 100. Ci sono stati anni che il mio 100 l’ho diviso con tante altre cose ma non voglio farlo più!».


 

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