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Cina e Australia, bisticci sul 5G... e il vino italiano può approfittarne

Il governo australiano blocca Huawei sul 5G nella terra dei canguri e così la Cina ha imposto dazi altissimi sull'importazione di prodotti australiani. Compreso il vino, diretto competitor dell'Italia. Il Belpaese è il secondo esportatore proprio a pari merito con l'Australia. Primi i "cugini" francesi.

di Vincenzo D’Antonio
12 dicembre 2020 | 12:30
Cina e Australia, bisticci sul 5G... 
e il vino italiano può approfittarne
Cina e Australia, bisticci sul 5G... 
e il vino italiano può approfittarne

Cina e Australia, bisticci sul 5G... e il vino italiano può approfittarne

Il governo australiano blocca Huawei sul 5G nella terra dei canguri e così la Cina ha imposto dazi altissimi sull'importazione di prodotti australiani. Compreso il vino, diretto competitor dell'Italia. Il Belpaese è il secondo esportatore proprio a pari merito con l'Australia. Primi i "cugini" francesi.

di Vincenzo D’Antonio
12 dicembre 2020 | 12:30
 

Si diceva una volta, ma stai a vedere che si dice ancora “cherchez la femme” ad indicare che sovente è una donna il movente occulto di comportamenti e decisioni apparentemente strambi, inusuali, imprevisti. Ecco, mutatis mutandis, negli equilibri geopolitici mondiali, nell’interpretazione dei comportamenti del governo cinese non ci si potrà astenere dal prendere in considerazione il monito “cherchez la 5G”, la rete di quinta generazione della telefonia mobile la cui core competence è nelle mani del colosso cinese Huawei.

Mercato globale in subbuglio, l'Italia ne approfitta? - Cina e Australia, bisticci sul 5G... e il vino italiano può approfittarne

Mercato globale in subbuglio, l'Italia ne approfitta?

Probabilmente è l’ostracismo che il governo australiano ha attuato nei confronti della Huawei quale costruttrice della rete australiana per il 5G ad avere innescato la reazione ritorsiva che si manifesta in un’imposizione di dazi ingenti all’importazione di vini australiani in Cina. Sia detto che le misure ritorsive sono applicate anche ad aragoste, carne rossa ed orzo, oltre che a carbone, cotone e legname. Tempismo cinico nell’adozione di queste misure: nell’imminenza del Capodanno cinese quando i consumi di food&wine (tutto il mondo è paese) schizzano verso l’alto.

Guardinghi all’uscio, in giuoco di astuzia tattica piuttosto che in comportamento dettato da lungimirante strategia, i vitivinicoltori italiani si fregano le mani sperando in incrementi celeri e facili dei loro volumi (e valori) di export. Lo si spera, è sano patriottismo dolce, ma a dirla tutta, poco crediamo il fenomeno possa assumere spessore tale e durata tale nel tempo, fino a rendere consolidate e realmente profittevoli per massa critica, le quote di mercato.

In termini di valore percepito, pur in seconda posizione ex-aequo con gli australiani, siamo ben distanti dai cugini francesi. E’ un po’ come dire che il vino “buono” che abilita il premium price è quello francese, ed il vino di tutti i giorni low cost è quello italiano. In termini di promozione mai come sul mercato cinese, si sconta la triste realtà di un “fare sistema” a chiacchiere ed un agire in modo sparso, disordinato e miope nella realtà.

Vorremmo poter credere, nell’imminenza della favola epifanica, al ruolo miracoloso e salvifico del cosiddetto “tavolo vino”.
Il mercato cinese è il più grande ed attrattivo mercato del mondo per il made in Italy, anche ben oltre il pur dovizioso ed importante comparto “food&wine”. Lo si conquista con strategia illuminata, salda e resa nota e condivisa dai players. Giuocare di favorevole contingency è quell’aiutino che tale permane essere, senza mai dare efficacia e robustezza di manovra agli imprenditori.


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