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Questi ristori rapidi non bastano: i costi di gestione restano scoperti

Solo affitti, utenze, Tfr e servizi del periodo colpito dalle chiusure pesano per 2,4 miliardi sul bilancio di bar e ristoranti. Il decreto ne mette sul piatto 1,6. La Fipe: «Serve una manovra coraggiosa».

 
10 novembre 2020 | 17:25

Questi ristori rapidi non bastano: i costi di gestione restano scoperti

Solo affitti, utenze, Tfr e servizi del periodo colpito dalle chiusure pesano per 2,4 miliardi sul bilancio di bar e ristoranti. Il decreto ne mette sul piatto 1,6. La Fipe: «Serve una manovra coraggiosa».

10 novembre 2020 | 17:25
 

I primi soldi sono arrivati direttamente sui conti correnti, almeno di chi aveva già fatto domanda per i vecchi aiuti. Il problema è che questi ristori a pioggia non bastano a sfamare tutti. E che la coperta, comunque la si tiri, è sempre troppo corta per ristoranti e bar stroncati dalle restrizioni anti-Covid. Anche se il contributo (misero) viene raddoppiato. E così Fipe-Confcommercio ha ripetuto il suo grido d'allarme: con le risorse messe in campo non si tamponano neanche i costi di gestione.


Secondo bar e ristoranti gli aiuti governativi non coprono neanche i costi di gestione dei mesi di chiusura - Questi ristori rapidi non bastano: i costi di gestione restano scoperti
Secondo bar e ristoranti gli aiuti governativi non coprono neanche i costi di gestione dei mesi di chiusura

La velocità di erogazione? Bene, ma serve di più
La Federazione italiana pubblici esercizi - che aveva già parlato di «situazione drammatica» tramite le dichiarazioni del direttore generale Roberto Calugi in audizione al Senato - ha prima ammesso di aver apprezzato «la velocità con cui sono arrivati i primi accrediti», ma «purtroppo con l’accentuarsi della seconda ondata epidemiologica le risorse stanziate dal decreto ristori bis non sono sufficienti a supportare chi è costretto a interrompere nuovamente l’attività dopo l’ulteriore stretta».

Eppure il governo ha stanziato un aumento di fondi nei confronti di chi è nelle zone rosse o arancioni, quelle più limitate. Ma la situazione, secondo la Fipe, resta preoccupante «nonostante il testo preveda un incremento di circa il 50% per le imprese delle zone con maggiori restrizioni, rispetto a quanto predisposto per il precedente decreto ristori».

I 1,6 miliardi non bastano a contrastare la catastrofe
Si è fatto qualcosa insomma, ma siamo ancora lontani da qualcosa di accettabile: «La catastrofe che ha colpito il nostro settore avrebbe purtroppo bisogno di cifre diverse», continua l'associazione, che poi fa i conti della crisi: «Le risorse stanziate a oggi solo per i ristori dei mesi di lockdown e nel mese di novembre dal decreto legge rilancio e da quelli ristori e ristori bis messi insieme, esclusi gli interventi sugli ammortizzatori sociali, arrivano a poco più di 1,6 miliardi di euro». Anche se il governo parla di oltre 2 miliardi di euro, considerando anche lo stop ai versamenti di imposte e contributi previsti.

Una cifra di certo importante, «ma che non riesce a coprire i costi sostenuti dalle aziende nel periodo in questione, e cioè affitti, utenze, Tfr, servizi, eccetera. Che da soli si attestano a 2,4 miliardi».

Dunque un appello alla politica: «Appare evidente che gli sforzi fatti, seppur apprezzabili per le intenzioni, non sono sufficienti a sostenere un comparto in profondissima crisi che non riesce a vedere alcuna luce in fondo al tunnel».

Tra zone rosse e arancioni in fumo altri 3,5 miliardi
Anche perché l'ultimo giro di vite è stato pesante: «Ricordiamo che solo per effetto delle restrizioni che vedranno la chiusura forzata dei pubblici esercizi per il prossimo mese nelle regioni rosse e arancioni, il 38% del totale nazionale, andranno in fumo ancora tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro. Confidiamo nella prossima legge di bilancio per scelte ancor più coraggiose per salvare quante più imprese e posti di lavoro possibili».

Una sintesi delle misure fin qui messe in campo spiega che il credito d’imposta al 60% per l’affitto degli immobili commerciali per i mesi di ottobre, novembre e dicembre introdotto dal dl ristori 1 in favore delle imprese colpite dal penultimo Dpcm costa allo Stato 220,6 milioni.

Quello del dl ristori bis esteso anche alle nuove attività e ai tour operator e agenzie di viaggio con sede nelle zone rosse vale 243,3 milioni per il 2020 e 78,1 milioni per 2021.

Stop a Imu, Irap e Irpef: quanto costa al governo
Poi c'è la cancellazione della rata Imu di dicembre per le attività su scala nazionale colpite dal primo round di restrizioni: costo 121,3 milioni. L'estensione dell’esonero alle imprese delle zone rosse impatta le casse pubbliche per 38,7 milioni. La proroga al 30 aprile del versamento dell'acconto Irap e Irpef previsti dal dl ristori bis vale 35,8 milioni; mentre la moratoria sui versamenti Iva e ritenute alla fonte vale 549 milioni.

Il blocco del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurazione obbligatori per il mese di novembre per i datori di lavoro dei settori interessati dalle limitazioni del Dpcm del 24 ottobre costa infine 504 milioni. Mentre sul fronte del dl bis, la sospensione dei contributi per i datori di lavoro della zona rossa colpiti dalle restrizioni vale 206 milioni.

Uno sforzo quindi è stato fatto, ma non può bastare a bar e ristoranti. Che magari arriveranno a fatica a gennaio, incappando poi nella tagliola dei fallimenti nel 2021. Ecco perché serve una manovra d'ampio respiro che li sostenga.

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