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Conte "chiude" migliaia di bar e pub E le vendite di vino crollano del 30%

La chiusura anticipata di bar e ristoranti, dopo i mesi del lockdown di primavera, sta mettendo in ginocchio migliaia di imprese. Intanto, molti gestori hanno chiuso del tutto. Soffre tutta filiera: secondo le stime dell'Unione Italiana Vini, il calo complessivo del fatturato nel settore horeca si aggira intorno a 1,2 miliardi di euro.

di Sergio Cotti
01 novembre 2020 | 08:30
Conte
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Conte "chiude" migliaia di bar e pub E le vendite di vino crollano del 30%

La chiusura anticipata di bar e ristoranti, dopo i mesi del lockdown di primavera, sta mettendo in ginocchio migliaia di imprese. Intanto, molti gestori hanno chiuso del tutto. Soffre tutta filiera: secondo le stime dell'Unione Italiana Vini, il calo complessivo del fatturato nel settore horeca si aggira intorno a 1,2 miliardi di euro.

di Sergio Cotti
01 novembre 2020 | 08:30
 

Se l’obiettivo era quello di stroncare la movida, ancora prima di capire se l’iniziativa fosse davvero efficace per prevenire i contagi, ebbene il Governo può ritenersi soddisfatto. Bei tempi quelli in cui si tirava la giacchetta al Presidente del Consiglio per tenere i locali aperti fino alle 22 o alle 23. Oggi i gestori di bar e ristoranti farebbero la firma per tornare indietro di qualche giorno, quando la chiusura anticipata di un’ora o due sembrava la fine del mondo.

Tanti bar hanno chiuso del tutto dopo l'ultimo decreto - Conte chiude migliaia di bar e pub E le vendite di vino crollano del 30%

Tanti bar hanno chiuso del tutto dopo l'ultimo decreto

Ora che i locali sono costretti a chiudere alle 18, per tanti bar – soprattutto nelle zone del divertimento serale – non conviene neppure più tirare su la saracinesca. Via happy hour, apericene e uscite notturne, i fatturati di migliaia di esercizi pubblici, soprattutto nelle grandi città, sono precipitati fino quasi a toccare il fondo. Del resto, buona parte delle 50mila imprese che secondo il presidente di Fipe, Lino Stoppani, rischiano la chiusura definitiva, sono proprio bar, pub e locali notturni. Di questi locali in Italia ce n’erano 150mila all’inizio del 2020; quanti saranno alla fine dell’anno è difficile dirlo.

Ma a risentire della serrata imposta ai locali dall’ultimo Dpcm è un po’ tutta la filiera del beverage (e del vino in particolare), che dai gestori dei locali, dai barman e dai sommelier, risale fino a produttori e distributori. Secondo l’Unione italiana vini il comparto perderà quest’anno il 30% delle vendite nel settore dell’Horeca (pari 1,2 miliardi di euro), complice anche il semi lockdown del prossimo mese.

L’alternativa alla chiusura per la stragrande maggioranza dei locali è quella di provare una difficile riconversione, visto che puntare sugli aperitivi a colazione non è una soluzione nemmeno lontanamente praticabile. «Il problema, però, non è soltanto chiudere alle 18 – dice Alfredo Raineri, segretario generale di Abi Professional – Riconvertirsi potrebbe essere una soluzione, ma la gente inizia ad avere paura e ad uscire poco anche la mattina e molti di quelli che erano abituati a fare colazione al bar prima di andare in ufficio, ora la fanno a casa».

Alfredo Raineri - Conte chiude migliaia di bar e pub E le vendite di vino crollano del 30%
Alfredo Raineri

Per non parlare dei pranzi di lavoro, in picchiata libera con il proliferare dello smart working, e sui quali il settore dei bar, negli ultimi anni, aveva puntato parecchio. Insomma, da qualsiasi punto la si voglia vedere, pare che non ci sia più un momento giusto per frequentare bar e locali pubblici in questo periodo: «Possiamo provare a cambiare l’offerta, ma i risultati non sono certo garantiti – dice ancora Raineri – Piuttosto si stanno rivedendo gli orari di lavoro e dimezzando i turni, con la conseguenza che tanti baristi finiscono in cassa integrazione».

Eppure secondo il segretario generale di Abi Professional un’alternativa alla chiusura c’era: «Chiudere alle 18 è sbagliato – dice – sarebbe bastato stroncare la movida con i controlli, imponendo ai locali di lavorare solo all’interno, visto che tra l’altro le temperature lo consentono. Si sarebbero limitati i danni, soprattutto di chi ha investito per adeguarsi alle norme di sicurezza».

Proprio questo è un punto dolente, sul quale ristoratori e gestori di bar stanno puntando il dito in queste ore: tante spese per mettersi in regola e poi di nuovo una chiusura senza una reale prospettiva per il futuro: «A subire il danno maggiore sono proprio quelli che hanno sempre rispettato le regole – è il pensiero di Antonello Maietta, presidente di Ais, l’Associazione Italiana Sommelier – Mi piacerebbe sapere quante sanzioni sono state elevate in Italia ai locali che le regole non le hanno rispettate. Penso che non siano tante e se così fosse, chiudere alle 18 significherebbe aver spostato sulle attività commerciali l’onere del controllo del territorio. Sappiamo che la situazione è difficile – continua Maietta – e che le decisioni sono tutt’altro che semplici da prendere. Forse la scelta di chiudere non è neppure così campata in aria, ma siccome la colpa non è nostra, i ristori servono e in fretta. Per poter riaprire abbiamo fatto tanti investimenti e senza la possibilità di lavorare, le aziende rischiano davvero di chiudere definitivamente».

Antonello Maietta - Conte chiude migliaia di bar e pub E le vendite di vino crollano del 30%
Antonello Maietta

E mentre i locali fanno i conti con le chiusure anticipate, tentando – per quanto possibile – di diversificare la loro offerta, a soffrire sono anche i produttori di vino, che vedono chiudersi di nuovo gran parte delle loro possibilità di proporsi al mondo dell’horeca.

Matilde Poggi, presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, si è rivolta direttamente al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, perché riconsideri la decisione di chiudere alle 18 l’intero comparto della ristorazione. «Faccio parte di coloro che ritengono che il Covid 19 sia una malattia molto seria e pericolosa e che il primo obbligo di ogni governo in questo momento sia quello di tutelare e proteggere la salute dei cittadini – scrive la presidente di Fivi in una lettera inviata al Premier – Mi lascia ugualmente del tutto sconcertata la decisione di chiudere le attività di somministrazione alle ore 18. L’innalzamento dei contagi, cui abbiamo purtroppo assistito negli ultimi mesi, impone un cambio di strategia ma mi parrebbe opportuno fermare unicamente le attività e le situazioni che provocano assembramenti».

Matilde Poggi - Conte chiude migliaia di bar e pub E le vendite di vino crollano del 30%
Matilde Poggi

Chiudere i ristoranti significa far soffrire ulteriormente anche i tanti vignaioli artigiani che a fatica hanno continuato a coltivare le loro vigne. Fivi riunisce più di 1300 vignaioli che seguono l’intero processo produttivo del vino, dalla vigna al bicchiere. Sono aziende di medio piccole dimensioni, spesso famiglie, che hanno in queste attività il loro unico reddito. Per i vignaioli il settore della ristorazione è il mercato di sbocco preferenziale per i loro vini e a poche ore dalla firma del nuovo Dpcm hanno già iniziato ad arrivare le prime disdette agli ordini in corso. I vignaioli, come molte altre categorie, sono stati pesantemente indeboliti dai mesi di chiusura forzata, ma la vigna non si può abbandonare e va coltivata anche se le vendite sono ridotte al lumicino.

Chi prova a fare i conti con la nuova serrata dei locali è l’Unione Italiana Vini, che stima in 1,2 miliardi di euro la perdita per il settore del vino nella ristorazione, pari circa il 30% del fatturato complessivo. «La ristorazione rappresenta un canale insostituibile per migliaia di piccole imprese del settore vitivinicolo - spiega il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti - Inutile nascondere la preoccupazione per questa nuova spirale recessiva, che si rifletterà inevitabilmente in particolare sui consumi di prodotto a fascia medio alta».
Perdite ingentissime, alle quali se ne stanno aggiungendo anche quelle derivanti dalla mancanza di eventi connessi al consumo di vino, come feste, matrimoni, convegni, congressi, fiere e spettacoli. «Alla luce di questo nuovo scenario – dice ancora Castelletti –  è urgente rinnovare un incontro con i ministeri e le istituzioni preposte per capire quali potranno essere le azioni da intraprendere in difesa del nostro settore».

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