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Hotel di montagna, con nuove restrizioni stagione finita. Ora battaglia su ristori e costi fissi

In attesa del testo definitivo del decreto che dovrebbe regolare gli spostamenti dal 16 gennaio al 5 marzo, gli operatori turistici della montagna iniziano a pensare alla prossima stagione. Fiscalità e ristori le sfide. Ormai impossibile avviare la stagione quest'anno, soprattutto per lo stop agli spostamenti tra regioni e la mancanza di protocolli approvati.

 
14 gennaio 2021 | 19:04

Hotel di montagna, con nuove restrizioni stagione finita. Ora battaglia su ristori e costi fissi

In attesa del testo definitivo del decreto che dovrebbe regolare gli spostamenti dal 16 gennaio al 5 marzo, gli operatori turistici della montagna iniziano a pensare alla prossima stagione. Fiscalità e ristori le sfide. Ormai impossibile avviare la stagione quest'anno, soprattutto per lo stop agli spostamenti tra regioni e la mancanza di protocolli approvati.

14 gennaio 2021 | 19:04
 

In attesa del testo definitivo del nuovo Dpcm, che dovrebbe entrare in vigore dal 16 gennaio e durare fino al 5 marzo, filtrano le prime bozze. A rischio gli spostamenti fra regioni, anche se di colore giallo. Una limitazione che segna la fine delle speranze per gli albergatori delle località montane, appesi al possibile ritorno dei turisti a seguito dell'apertura delle piste da sci. Evenienza, quest'ultima, che sembra post-posta mandando di fatto in fumo gli ultimi residui della stagione invernale (dopo le chiusure di Natale, periodo più remunerativo per le attività ricettive).

Alberghi vuoti e stagione finita sulle montagne italiane - lberghi montani, stagione finita Ora battaglia su ristori e costi fissi

Alberghi vuoti e stagione finita sulle montagne italiane

A confermare timori e delusioni, tanto gli operatori quanto le associazioni di categoria a cui ora non resta che guardare a una battaglia comune: pianura, mare e montagna. Tutti accomunati dalla volontà di maggiore chiarezza e trasparenza. Sul tavolo il tema tema ristori, la sostenibilità economica della filiera e la sopravvivenza delle maestranze; a partire dagli stagionali del turismo.

La posizione delle associazioni
Nucara Alessandro, direttore generale di Federalberghi: «Premesso che al momento non abbiamo ancora visto il documento ufficiale, rispetto alle bozze e indiscrezioni che sono girate i problemi principali sono due. Primo, il divieto di passaggio da una regione all’altra anche nel caso in cui siano entrambe in zona gialla. Secondo, la ripresa o meno degli impianti sciistici che rappresentano una grande fetta dell’attrattività delle località di montagna. Soprattutto in pieno inverno. Allo studio sembra esserci la possibilità di aprirli almeno alla clientela locale, ma è chiaro che anche questa soluzione va incontro a delle difficoltà. Da un lato, infatti, ci sono mete che potrebbero sostenersi con un certo tipo di utenza; dall’altro, si rischia di tagliare fuori dal tessuto economico intere vallate. Senza parlare della convenienza economica generale nel riaprire dopo una serie di stop and go che non aiutano di certo la programmazione».

«Da parte nostra, un epilogo di questo tipo lo temevamo. Ma era prevedibile vista la situazione della curva epidemiologica e il tentativo di apertura andato a vuoto prima di Natale. Detto ciò, voglio ribadire che in tutte le strutture ricettive, dagli alberghi alle funivie, passando per gli impianti termali, ecc. è stato fatto un grande e rigoroso lavoro di messa in sicurezza. Riprova ne è il fatto che di focolai all’interno degli alberghi non ne abbiamo avuto notizia. Insomma, volendo, come comparto abbiamo introdotto tutte le misure necessarie per ripartire senza assembramenti. Ma c’è bisogno di maggiore certezza e trasparenza sulle date».

«Sul fronte economico, dopo diverse battaglie, ora bisogna guardare avanti. Il decreto Ristori V dovrebbe porre rimedio alla mancata considerazione del settore alberghiero e ricettivo. Di fatto, però, a fronte di perdite complessive di circa 14 miliardi, anche un riconoscimento del 50% non stravolgerebbe la situazione. Di certo, nel caso arrivassero come auspichiamo, gli aiuti sarebbero apprezzati ma c’è bisogno di un’ulteriore riflessione sui costi fissi. Faccio un esempio: il canone Rai. Lo scorso anno, di questi tempi, tutti gli albergatori lo avevano pagato per importi che potevano variare dai 300 ai cinquemila euro. Tutto per ritrovarsi con monitor spenti dentro camere chiuse. Viste le condizioni attuali, ci aspetteremo che queste cifre non venissero riscosse».

Allineata anche Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Confindustria Alberghi: «La stagione è completamente compromessa. In questo modo anche gli addetti della montagna si associano alla situazione che sta vivendo tutto il territorio nazionale. Si sperava nell’apertura degli impianti sciistici, ma tutto sembra scivolare più avanti con la beffa che il Natale, periodo in cui solitamente gli alberghi di montagna registrano mediamento il 50% del fatturatom è già alle spalle. A questo punto non ci resta che trovare, tutti insieme, il modo per giungere a un piano nazionale capace di far ripartire tutto il comparto a livello nazionale».

«Gli alberghi sono macchine complesse che hanno bisogno di grande programmazione. Pensiamo alla questione dei lavoratori stagionali, per esempio. Ma le complessità non si fermano qui e hanno bisogno di una risposta altrettanto articolata per trovare una soluzione.  In prospettiva ci attendiamo un deciso intervento in tema di fiscalità e ristori, tenendo in considerazione il fatto che finora il Governo ha lasciato aperti gli hotel ma di fatto, con le prossime limitazioni alla mobilità, li ha destinati alla chiusura. Da parte nostra, sottolineiamo la necessità di un’attenzione particolare alle famiglie imprenditrici e al capitale umano coinvolto nelle nostre imprese. Il rischio è che, dopo un 2020 chiuso con un -80% di giro d’affari, il 2021 continui sulla stessa falsariga mettendo in crisi tutte le maestranze coinvolte».

Le difficoltà degli albergatori
Sul campo, gli albergatori si trovano in un limbo in cui le uniche certezze sono i segni meno di fronte al fatturato. Come nel caso di Franco Lentini, titolare dell’Hotel Cristallo di Cortina d’Ampezzo. «Sono curioso di leggere il testo del Dpcm. Sono uscite molte anticipazioni e sono ripartite le discussioni fra Regioni Governo. Certamente, se dovesse essere confermato il divieto di spostamento, si tratterebbe di una sciagura per tutti noi. Per me e la mia attività in primis che, dopo l’ultimo stop di dicembre, era prevista ripartire il 15 gennaio. Una decisione presa un mese e mezzo fa ormai»

«Il nostro settore vive di programmazione, a partire dalla gestione delle prenotazioni sempre sotto la pressione di policy di cancellazione estremamente flessibili. Queste comunicazioni last minute ci mettono in enorme crisi. A febbraio, inoltre, Cortina ospiterà i Mondiali di sci: un evento atteso che tuttavia non riuscirà ad attrarre le prenotazioni che ci aspettavamo».

«Per noi il 2020 si è chiuso con una perdita di esercizio del 50% e, sebbene comprendiamo la natura delle limitazioni, non condividiamo il metodo. A cominciare dal tema ristori, su cui ci sentiamo un po’ abbandonati».  

Stesse difficoltà anche per Roberto Galli, proprietario dell’Hotel Angelica di Livigno e titolare dell’azienda Erregi che gestisce 4 alberghi 3 ristoranti e oltre 100 appartamenti nella località montana lombarda: «Con la struttura in centro a Livigno, che ospita anche un ristorante, cerco di rimanere in piedi attraverso il food delivery, il take away, i contratti di mensa collettiva, ecc. Ma riusciamo giusto a coprire i costi. Gli altri locali sono in perdita e soffrono uno stress operativo rilevante fra rimodulazione delle offerte e politiche di cancellazione in continuo aggiornamento».

«Stante quello che so, la mia sensazione è che dovremo saltare a piè pari la stagione invernale. Una situazione che aggraverebbe le perdite molto importanti già registrate nel 2020 con un calo di fatturato di oltre 60%. A soffrire, poi, non siamo solo noi. Tutta la filiera, dal vino al cibo passando per i servizi è ferma. E le continue aperture e chiusure non aiutano la programmazione né la cassa. Mettere in moto una struttura alberghiera ha alti costi che possono essere sostenuti solo a fronte di un certo grado di operatività. In questo senso cerco di mantenermi ottimista sul futuro. I clienti hanno voglia di andare in vacanza e anche una certa disponibilità economica dovuta ai risparmi forzati durante il lockdown».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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