Menu Apri login

Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
sabato 13 dicembre 2025  | aggiornato alle 21:02 | 116317 articoli pubblicati

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Le liste infinite non sono più sinonimo di competenza. Tra costi, rotazioni lente e scarsa leggibilità, la carta dei vini sta cambiando pelle: meno etichette, più identità, più servizio. La selezione oggi è una scelta strategica, non un ripiego e valorizza territorio, stile del locale e competenza del sommelier, raccontando storie e creando esperienze senza rinunciare alla profondità e alla sostenibilità

di Mauro Taino
Redattore
13 dicembre 2025 | 05:00
Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere
Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Le liste infinite non sono più sinonimo di competenza. Tra costi, rotazioni lente e scarsa leggibilità, la carta dei vini sta cambiando pelle: meno etichette, più identità, più servizio. La selezione oggi è una scelta strategica, non un ripiego e valorizza territorio, stile del locale e competenza del sommelier, raccontando storie e creando esperienze senza rinunciare alla profondità e alla sostenibilità

di Mauro Taino
Redattore
13 dicembre 2025 | 05:00
 

Negli ultimi anni la carta dei vini ha smesso di essere un trofeo da esibire e ha iniziato - finalmente - a comportarsi come uno strumento di lavoro. Per decenni volumi enciclopedici, centinaia di etichette e cantine-monumento sono stati scambiati per competenza. Oggi quel modello mostra tutte le sue crepe: immobilizzo di capitale, scarsa rotazione, leggibilità zero per il cliente e, spesso, una narrazione che si perde tra numeri di pagina e bottiglie mai ordinate. La carta breve non è una scorciatoia né una rinuncia: è una scelta manageriale. È il segno di una sala che ha capito che il valore non sta nel dire “abbiamo tutto”, ma nel dire “abbiamo scelto”.

Come costruire una carta dei vini

Oscar Mazzoleni - titolare de Al Carroponte di Bergamo e miglior sommlier per la Guida Michelin 2025- lo dice senza giri di parole: «La carta dei vini si costruisce fondamentalmente in una maniera: deve piacere a chi la propone». Tradotto: se il sommelier non ama quello che serve, il racconto è finto. La costruzione è un lavoro a 360 gradi: colmare i buchi, studiare i territori, degustare, sbagliare, correggere. Non esiste la carta “giusta” in astratto, esiste quella coerente con il gusto, con il locale e con il pubblico. Tutto il resto è arredamento.

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Oscar Mazzoleni, titolare de Al Carroponte

Il contesto conta più del curriculum

Eros Teboni - sommelier (migliore del mondo nel 2018), formatore, collaboratore di Italia a Tavola e, oggi, anche consulente strategico di Partesa - riporta il tema nella realtà operativa.: «Una trattoria che lavora su piatti della tradizione avrà un’impostazione diversa da un bistrot contemporaneo. Un ristorante di pesce sul mare ragiona in modo diverso da una steakhouse metropolitana. Un fine dining può permettersi una verticalità di annate o un approfondimento su certe zone, mentre un ristorante che lavora a turnazione veloce ha bisogno di immediatezza e leggibilità».  La carta deve parlare la lingua del locale, non quella dell’ego.

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Il sommelier Eros Teboni

Paolo Porfidio - miglior sommelier 2023 di Identità Golose e premio “Personaggio dell’anno" per Italia a Tavola nel 2019 nella categoria Sala e Hotel, oggi head sommelier dell’Excelsior Gallia di Milano -, è altrettanto netto: in un territorio vitivinicolo il focus locale è obbligatorio; in una grande città serve una carta capace di dialogare con un pubblico internazionale: .«Se ci troviamo in un territorio vitivinicolo, è chiaro che il focus deve essere sul territorio, per valorizzare il luogo di provenienza del ristorante. Se siamo in una grande città come può essere Milano, bisogna mantenere una carta all’altezza e capace di soddisfare ogni tipo di palato, anche internazionale».

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Andrea Gualdoni, head sommelier del Core by Clare Smyth di Londra

 «Se lavori in una zona molto visitata, come l’Alto Adige, è naturale avere molti vini locali. Ma devi pensare anche a chi vive lì e vuole bere altro», aggiunge Teboni. Andrea Gualdoni - head sommelier del Core by Clare Smyth di Londra e miglior sommelier italiano Ais 2024 -, mette il punto fermo: nei ristoranti due e tre stelle italiani il 70-80% delle etichette resterà italiano. Ma un sommelier formato deve conoscere tutto, per poter scegliere davvero: «Una carta dei vini, secondo me, deve avere un respiro globale».

Il mito della carta enciclopedica (e perché non regge più)

Le carte sterminate impressionano solo sulla carta. In sala diventano un ostacolo. Costano, rallentano il servizio, immobilizzano capitale e producono un paradosso noto a tutti: 800 etichette in lista, 30 che girano davvero. La tendenza oggi è chiara: 30-50 referenze ben ragionate, coerenti con la cucina, leggibili e gestibili. La competenza non si misura più in quantità, ma in capacità di selezione. Porfidio lo dice apertamente: ridimensionare la carta significa migliorare sostenibilità, versatilità e rotazione. Continuare a inseguire la monumentalità senza un pubblico in grado di sostenerla è un esercizio di stile, non una strategia.

La carta come racconto, non come elenco

Una carta breve funziona solo se ogni bottiglia ha un perché. Territorio, filosofia produttiva, abbinamento, esperienza. Il sommelier oggi è un curatore, non un archivista. Mazzoleni, che gioca su un altro campionato, serve tutto al calice da undici anni: 3.500 etichette in carta e 17.000 bottiglie in cantina. Il messaggio è chiaro: il servizio al calice è centrale, perché è lì che si costruisce il dialogo con il cliente. La carta, come il menu, deve raccontare una visione. Se non sai spiegare perché è fatta così, non funziona.

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Il servizio al calice rimane centrale

Un modello operativo che funziona (se lo governi)

Una base di 24 referenze stabili - 12 bianchi e 12 rossi - affiancata da etichette in rotazione è oggi uno dei modelli più efficaci. Continuità per il cliente abituale, dinamismo per la sala, rotazione entro 60-90 giorni. I numeri parlano chiaro: un ristorante di Modena, con 36 etichette totali e 12 in rotazione, ha aumentato le vendite di vino del 18% in un anno. Non magia: gestione.
Mazzoleni però mette in guardia: la stagionalità forzata della carta non è una virtù in sé. Ha senso solo quando il budget è limitato. Il vero driver resta il gusto del sommelier e la coerenza degli abbinamenti.

Meno etichette, più competenza

Una carta corta non perdona. Ogni bottiglia deve essere conosciuta, raccontata, difesa. Qui entra in gioco la formazione del personale: senza una squadra preparata, la carta breve è un boomerang. Lavagne del giorno, focus tematici, proposte mirate funzionano solo se dietro c’è consapevolezza. Altrimenti diventano minimalismo vuoto. 

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

Paolo Porfidio, head sommelier dell’Excelsior Gallia

«È chiaro che sempre di più il sommelier deve raccontare -evidenzia Porfidio -, far passare all’ospite la filosofia, così come uno chef fa passare una filosofia dietro a un menu». Per questo motivo, «nel momento in cui presenta una carta al tavolo, deve raccontare perché quella carta è così, in quel momento, e perché sono state fatte determinate scelte». In altre parole, la carta non deve essere «una semplice lista di vini, ma una vera e propria identità del sommelier».

Economia prima dell’estetica

Ridurre le referenze significa ridurre immobilizzi, migliorare il cash flow e guadagnare flessibilità. Anche la logistica interna ne beneficia. Porfidio lo chiarisce: si può ridurre senza che l’ospite se ne accorga, a patto di fare scelte intelligenti. Il cliente deve percepire varietà, non monotonia.  Mazzoleni tocca il nervo scoperto: i distributori. Cataloghi sterminati facilitano la scelta, ma i ricarichi del 40-50% sono una follia. Chi compra male paga due volte: in cantina e in carta.

Sostenibilità: tema reale, ma non sempre vendibile

Meno scorte, meno sprechi, meno consumi energetici: la carta breve è oggettivamente più sostenibile. «Possiamo ridurre sia il numero di referenze, sia il numero di bottiglie per referenza, e l’ospite può accorgersene come non accorgersene» secondo Porfidio. Tuttavia, aggiunge, «se decidiamo di abbassare il numero di etichette, bisogna fare una scelta più intelligente e consapevole».

Basta carte dei vini enciclopediche: oggi vince chi sa scegliere

La carta dei vini non deve essere un elenco

Ma attenzione a non farne una bandiera vuota. Per Mazzoleni la sostenibilità non vende bottiglie: vende il vino buono, giusto, corretto, identitario. Il resto è cornice. «La sostenibilità - dice - secondo me non è un tema che si tratta quando si parla di una bottiglia».

Scegliere per essere credibili

La trasformazione della carta dei vini racconta una ristorazione che sta diventando adulta. Oggi vale più saper scegliere che dimostrare di sapere tutto. La carta breve non è una rinuncia: è una presa di posizione. È dire chi sei, a chi parli e perché. Perché, alla fine, la carta dei vini non è una lista: è una conversazione. E se non è credibile, il cliente lo capisce prima di arrivare a pagina due.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
Voglio ricevere le newsletter settimanali


Molino Pasini
Beer and Food
Galbani Professionale
Tirreno CT

Molino Pasini
Beer and Food
Galbani Professionale

Tirreno CT
Robo