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Le bollicine non sono bufale... E nemmeno l'armata Brancaleone

di Alberto Lupini
direttore
 
22 settembre 2009 | 18:33

Le bollicine non sono bufale... E nemmeno l'armata Brancaleone

di Alberto Lupini
direttore
22 settembre 2009 | 18:33
 

Sarà perché l'armata Brancaleone non ha mai vinto una Crociata. Oppure perché la magistrale interpretazione di Vittorio Gasmann ne ha fatto una pietra miliare dell'ironia sull'incapacità tutta italiana di fare sistema. Sta di fatto che il pur datato film di Mario Monicelli, è del 1966, potrebbe essere preso a esempio di come in Italia si pensa oggi di lanciare una sfida ai francesi e dichiarare addirittura di averla vinta. E non parliamo di una scommessa su quale Paese annovera le donne più belle, gli stilisti più famosi o i calciatori più bravi. Niente di tutto ciò. Con una simpatica tifoseria da stadio abbiamo nei giorni scorsi assistito ad una gara a chi la sparava più grossa su un tema dove l'estate un po' troppo calda deve avere lasciato il segno: il primato nel mondo per le bollicine. Il tutto con tanto di dichiarazioni ufficiali circa un preteso sorpasso degli spumanti italiani sullo Champagne.

Una bufala che ha fatto letteralmente il giro del mondo visto che a rilanciarla hanno contribuito la più grande organizzazione agricola italiana, il più importante quotidiano economico e persino il ministro più comunicativo del Governo. Come dire che di fronte a una tale massa di fuoco in pochi hanno dubitato che in realtà stavamo solo giocando una partita promozionale per spingere le vendite dei nostri spumanti.

Ben venga qualunque iniziativa capace di valorizzare uno dei prodotti di punta del nostro sistema agroalimentare ma, ci permettiamo di osservare... senza falsare la realtà. Paragonare ad un vino che nel mondo è di sé il simbolo assoluto delle bollicine- con una somma di prodotti che solo in minima parte sono assolutamente equiparabili è un po' come barare al gioco.  Da un lato c'è lo Champagne, che indica a un tempo un territorio e un metodo che è stato esportato in tutto il mondo, anche in Italia a partire dalla metà dell'Ottocento, e dall'altro pochi spumanti italiani a metodo classico e i tanti che appartengono ad una categoria ugualmente di pregio, ma diversa (il metodo Charmat o Martinotti).

A fronte dei 320 milioni di bottiglie di Champagne (previste in calo per il 2009) l'Italia ne può schierare in campo di 'pari grado” solo poco meno di 24 milioni (fra Franciacorta, Trentodoc, Oltrepo', Alta Langa e denominazioni non di territorio). Solo intruppando anche gli oltre 304 milioni di bottiglie di spumanti vari (fra cui Asti e Prosecco) possiamo raggiungere i 328 milioni. Ma se questa operazione la fanno anche i francesi (che non producono ovviamente solo Champagne) arriviamo per parte loro a quota 435 milioni (e i tedeschi addirittura a 480 milioni). Chi vince? Giocare coi numeri in campo enogastronomico oggi è un po' come taroccare i prodotti. E per dirla tutta, anche se fatto per fine nobili (vendere più prodotti italiani), non ci sembra bello usare statistiche che meriterebbero 15 a qualunque esame universitario.

Dietro queste operazioni ci sta forse la preoccupazione dei piani alti del Palazzo nel volere spingere lo spumante italiano come un'unica entità, cercando di superare le frammentazioni che non sono solo di metodo di produzione (l'aspetto più importante), ma anche di incapacità di fare sistema almeno nelle componenti più simili. Nel fare questo negli ultimi tempi si è però forse ecceduto nell'enfasi data al fatto che sono tutti spumanti e fra questi si è spinto un prodotto oggi di punta, per qualità e notorietà, quale il Prosecco, che rappresenta però solo una parte minoritaria del totale. Una sovraesposizione dello spumante veneto che ha portato alcuni produttori di metodo classico a rompere le righe per marcare una 'diversità”.

Per ristabilire un ordine delle cose ed una gerarchia che sul mercato si misura anche in termini di prezzi di vendita (sempre più vicini fra le varie tipologie, mentre i costi di produzione restano nettamente sbilanciati a sfavore dei metodo classico) una dozzina di cantine italiane (fra le più note) ha quindi deciso di rilanciare il Talento, un marchio che per legge contraddistingue il metodo classico, di fatto quelli che si confrontano con gli Champagne, perché fatti allo stesso modo. Un nome che non è certo il massimo, tanto che da anni c'è chi storce la bocca solo a pronunciarlo, ma che ha il vantaggio di essere facilmente pronunciabile, italiano e soprattutto, capace di superare le frammentazioni di territorio (Franciacorta, Trento, Oltrepò, ecc) a cui può essere facilmente abbinato senza sovrastare nessuno. Una soluzione che potrebbe ridare fra l'altro nuove occasioni di crescita al complesso degli spumanti italiani grazie ad una differenziazione che identifichi immediatamente le diverse tipologie di bollicine che sotto l'ombrello di 'spumante” stanno un po' troppo strette. Per permettere in pratica a ciascuna di avere il suo spazio di mercato ed i concorrenti giusti lasciando ai Martinotti la possibilità di giocare meglio in squadra come Spumanti.

In attesa di sviluppi consoliamoci con la promessa che 'Italia a Tavola” ha pubblicamente strappato al ministro Luca Zaia perché per il prossimo capodanno a tutte le feste in diretta tv vengano fornite bottiglie di bollicine con il tricolore italiano (metodo Classico o Martinotti poco importa), con tanto di bicchieri adeguati, così da evitare la stupidaggine fatta da Rai1 con lo Champagne bevuto a canna da Fabrizio Del Noce.

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net


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22/09/2009 18:33:00
6) Facciamo chiarezza sugli spumanti La ricchezza patrimoniale è un vantaggio... Cogliamo l’occasione e usiamo la nuova 164

L'occasione è stata la inaugurazione del Forum Spumanti di Valdobbiadene. L'Osservatorio Nazionale dei vini con le bollicine italiane, costituito nel 2005 con il supporto del Ministero e di Ismea in primis, oggi di UniCredit Group, ha presentato i primi dati sui consumi e mercati del comparto relativi al primo semestre 2009 in raffronto con lo stesso periodo del 2008, stimando un andamento dell'annata corrente. Concomitanti si sono diffuse le voci di un 'ripensamento” delle stime e della produzione vendemmiale 2009 da parte della Champagne, in un periodo di eventi in tutta Italia, principalmente dei territori produttori di vini con le bollicine. Probabilmente ghiotta la notizia per dare 'sensazionalità” ai due dati contrastanti emersi: un mondo spumantistico italiano in crescita nel 2008 (e confermato nel 2009) e un mito champagne che conferma direttamente e indirettamente una continuità di calo di consumi e spedizioni nel mondo, iniziata a fine 2008 con perdite fra il 5 e il 10%, a seconda delle categorie di operatori e paesi. Reputo fondamentale ritornare sul tema – ne avrei fatto volentieri a meno – perché diversi sono ancora gli interventi confusionali e stiracchiati a proposito dell'armata italiana, che preferisco definire solo un 'ricco patrimonio viticolo ed enologico” rispetto ad un ' mitico monocru territoriale”.

Facciamo chiarezza una volta per tutte senza basarci sui titoli a effetto.

Il gap di storia, cultura e consumo dei vini con le bollicine fra l'Italia e la Francia è ampio, non solo in termini temporali e volumetrici, ma soprattutto di scelte e di valore aggiunto trasversale e unitario che la Francia mette sul campo – fra storia e capacità di forgiare leggende – dal 1690 a oggi. La spumantistica italiana moderna – e un po' significativa – ha origine con le prime bottiglie tirate fra il 1860 e il 1865. Il prossimo anno saranno 150 anni contro i 320 d'oltralpe. La Francia produce circa 450 milioni di bottiglie (secondo loro sono il primo produttore al mondo), di cui 320 milioni di Champagne (anno 2008). L'Italia produce 329 milioni di bottiglie, di cui 305 milioni di metodo italiano (Asti, Prosecco, di Vitigno, ecc..) e circa 24 milioni di metodo classico, ovvero lo stesso metodo utilizzato in Champagne e quindi giustamente paragonabile. Sono 4 le zone italiane identificabili del metodo classico (Franciacorta, Trento, Alta Langa, Oltrepo Pavese) che utilizzano i vitigni internazionali, oltre al gruppo di imprese Anima che produce partendo dai vitigni autoctoni e altre 100 aziende circa che producono autonomamente, Doc o non Doc, almeno una etichetta con numeri limitati. Paragone, similitudine, raffronto sicuramente errato: lo Champagne è un vino unico che non è assimilabile a nessun altro vino con le bollicine. In Italia il patrimonio viticolo, vinicolo e territoriale legato ai vini spumanti è molto più diversificato, differenziato, particellare, settoriale, compartimentale, campanilistico, individuale e autarchico e non ha eguali al mondo. Abbiamo un patrimonio viticolo e umano legato ai vini da oltre 2.500 anni che nessuno possiede al mondo: hanno realizzato vini i primitivi italici, gli etruschi, i greci, i romani e altri popoli di passaggio. Ognuno ha dato il suo contributo, niente è statalizzato, nazionalizzato,catalogato, monolitico e monocromatico. La creatività e libertà dei mille comuni si è espressa anche attraverso le peculiarità enoiche. Inoltre siamo anche capaci in 40 anni di realizzare ex novo delle produzioni di altissimo valore e respiro, sicuramente in grado di competere non solo con la Francia, ma con il resto del mondo. Infine, in questa realtà italiana, è giusto che ognuno voglia una autonomia territoriale, di metodo e di tipologia, ancor più di tutela (mi auguro veramente e non solo nei titoli e a parole!!) interna e internazionale, di valorizzazione delle peculiarità, di non fraintendimenti e di non mescolamenti, però…. il consumatore chiede di conoscere, vuole un punto di riferimento in grado di fornire elementi di valutazione e di giudizio, vuole fare confronti in diretta, essere artefice delle proprie decisioni soggettive e private. Vuole capire dove sta la differenza di ogni prodotto in termini di rapporto identità/valore per poter scegliere. Ancor più il consumatore neofito, e lo straniero che reclama semplicità e immediatezza. La produzione italiana si differenzia come ricco patrimonio produttivo, un grande vantaggio oggi per il consumatore alla ricerca del proprio vino.

Per questo il Forum si propone come tavolo di lavoro aperto istituzionale, non vuole standardizzare, omogeneizzare e prevaricare con la parola ' spumanti” o 'bollicine” generico nessuno, almeno finchè la legge italiana e comunitaria prevede tale definizione ufficiale. Ma solo come categoria merceologica o come aggettivo del termine 'presa di spuma”, per fare i sofisti. Ecco allora che la nuova 164 potrebbe essere il momento giuridico per chiarire termini, menzioni e denominazioni, per aiutare a dare chiarezza di classifiche diverse. Il Forum nel 2010 farà un ulteriore passo in avanti, perché la crescita di conoscenza e di mercato può continuare in Italia e all'estero solo con la definizione concorde di un piano condiviso, nella differenza e nella tracciata e irrinunciabile unilateralità di scelte produttive e tecnologiche. *Forum degli spumanti



22/09/2009 18:33:00
5) Non scherziamo, non si può paragonare metodo Classico a Charmat
Secondo me, paragonare il metodo Charmat al metodo Classico è come paragonare una barbera ad un barbaresco. Sia per il costo che per la qualità, ma non scherziamo, non si può mettere il metodo Charmat allo stesso livello del metodo Classico. I paragoni si fanno con prodotti dello stesso tipo. Sono d'accordo nel valorizzare il metodo Classico, l'altro metodo è si importante ma soprattutto per il n.° di bottiglie consumate, nel metodo Classico è la qualità che emerge. Io la penso così.


22/09/2009 18:33:00
4) Presentiamo con correttezza i diversi spumanti... serve a tutti
Credo che sia opportuno che noi italiani ci diamo una regolata visto che siamo troppo bravi a criticare tutto ciò che il mondo agroalimentare produce in qualità. Il probelma è il business che ci sta dietro e allora saltano i metodi di produzione e in nome del gossip tutto è spumante Italico e così si crede di poter vendere meglio i prodotti italiani convincendoci che siamo i più bravi, anche nella produzione delle bollicine. Se la globalizzazione sta aggredendo tutti gli settori economici del nostro Paese, vanno fatte politiche economiche più impegnative nel settore agroalimentare e turistico. Per quanto riguarda gli spumanti (con i vari metodi e denominazioni, Classico, Charmat, Prosecco, ecc.) è importante far conoscere il prodotto agli italiani in maniera didattica, scolastico, senza falsità o filosofie.


22/09/2009 18:33:00
3) A ogni spumante (in base al metodo) tocca un prezzo diverso...
Sono assolutamene in accordo con il Sig. Pingitore.... sarebbe giusto fare capire alla gente perchè paga un prosecco 15 € ed un Franciacorta 30 € senza demonizzare uno o sopravvalutare l'altro.


22/09/2009 18:33:00
2) Dal Forum Spumanti d’Italia di Valdobbiadene un appello all’unità nella diversità
La cittadina di Valdobbiadene (Treviso) con la splendida villa dei Cedri (1880) ha ospitato dal 3 al 7 settembre 2009 la quinta edizione del Forum spumanti d'Italia. Avendo partecipato alla giornata clou del 5 settembre che comprendeva l'inaugurazione ufficiale da parte del Ministro dell''agricoltura, Luca Zaia e un convegno di giornalisti specializzati sul tema 'Un'informazione puntuale e certa” riferito all'intero comparto spumantistico italiano, siamo in grado di riferire dati, riflessioni e proposte emersi dai vari interventi che coinvolgono direttamente anche l'omologo settore della vitienologia trentina. Iniziamo col dire che Valdobbiadene promuove da 46 anni una mostra, unica in Italia, riservata a tutti gli spumanti nazionali, a prescindere dal metodo di produzione e dalla tipologia. Dal 2005, da quando la direzione dell'evento è stata affidata a Giampietro Comolli, la mostra ha assunto la denominazione attuale di 'Forum spumanti d'Italia” con un programma molto articolato e di alta caratura: luogo di tutti gli spumanti d'Italia in termini di rappresentanza dal quale partono le istanze istituzionali e comunitarie riguardanti il comparto; sede imparziale di riferimento per lo Stato italiano; interlocutore diretto e di sintesi per tutti gli organismi ed enti del comparto agroalimentare e vitivinicolo pubblico e privato; ambiente istituzionale, ma anche idoneo e attrezzato, aperto tutto l'anno, per degustazioni e manifestazioni continue di ambito culturale e storico, museale ed accademico, formativo ed espressione di una forza economica e qualitativa coesa e competitiva. L'ideatore del progetto può vantare di avere realizzato nell'arco del quinquennio alcuni degli obiettivi iniziali: ha costituito il Centro Studi Vitivinicoli Economici degli Spumanti (CEVES); ospita l'Osservatorio Nazionale Economico sugli Spumanti (ONES); ha lanciato un corso master di alta formazione sugli spumanti con il contributo di diverse Università italiane; ha dato vita ad una Galleria museale permanente aperta al pubblico, in grado di fornire materiale bibliografico e documentazione a studenti, esperti e ricercatori. Non è invece riuscito a coinvolgere, se non parzialmente e con tendenza a decrescere, i vari distretti spumantistici italiani. Giampietro Comolli ha riassunto in pochi tratti la situazione produttiva nazionale nel 2008: 328,5 milioni di bottiglie spedite, 268 fra DOCG-DOC e altre IGT autorizzate alla produzione di vini spumanti e 4 denominazioni esclusive (Alta Langa, Asti, Franciacorta e Trento), 650 aziende per 2.500 etichette, 18 regioni interessate da vigneti in produzione. Dai numeri Comolli ricava un convincimento: oggi più che mai ci sarebbe bisogno di collaborazione per dare all'esterno un'immagine compatta, nonostante, soprattutto e proprio per le diversità, del settore spumantistico italiano. Il convegno di giornalisti specializzati che ha registrato purtroppo la presenza di una ventina di persone a fronte della ottantina accreditata prima dell'estate, ha rispettato solo parzialmente il titolo proposto, giungendo alla conclusione che una informazione corretta e corrispondente alla realtà in divenire è indispensabile per i produttori, i consumatori e gli stessi addetti alla comunicazione. Professionisti competenti non mancano per fare squadra, ma il lavoro di gruppo richiede una giusta remunerazione. Come ha sollecitato Comolli nella presentazione dell'incontro, tutti gli interventi successivi hanno riguardato, una valutazione critica e di prospettiva sulla strategia del Forum spumanti d'Italia. Si è detto, tra l'altro, che il Forum non riesce a distaccarsi dal prorompente Prosecco, caricandosi di eccessivo localismo, forse avendo sede nella terra produttiva. Accadrebbe così anche in altre aree di produzione? Il successo del Prosecco tiene distanti i compagni-concorrenti? Nessuno vuole una platea condivisa e unitaria? Le finalità contenute nel progetto iniziale di Comolli sono ancora molto valide, ma vanno esternalizzate, mettendo i vari distretti spumantistici italiani su posizioni paritarie. Comolli ha detto, concludendo l'incontro, di nutrire un sogno: il varo di una legge da parte della Regione Veneto che istituzionalizzi il Forum spumanti d'Italia e la sua missione, assicuri un minimo sostegno finanziario alle varie iniziative, consenta la loro realizzazione al di fuori degli attuali confini coinvolgendo direttamente altre regioni, un sistema Camerale-commercio estero oltre ai Ministeri interessati, favorendo sinergie con strutture già avviate come Buonitalia e Vinitaly, mantenendo a Valdobbiadene il coordinamento di sede storica e legale proprio per la disponibilità e gli sforzi fatti in quasi 50 anni dal comune di Valdobbiadene. A sipario calato Comolli ci ha detto che una bozza di proposta legge è già pronta. Sono aperte le porte e auspicata l'adesione di fatto e sostanziale per almeno 3 distretti spumantistici: Piemonte, Lombardia, Trentino. Abbiamo sentito in merito alla proposta di adesione il presidente dell'Istituto Trento Doc, Fausto Peratoner: per il momento nessun appoggio, ma neppure antagonismo. Il Trento Doc ha una sua strada da percorrere, anche per allargare il proprio mercato al resto del mondo.


22/09/2009 18:33:00
1) Facciamo chiarezza sugli spumanti La ricchezza patrimoniale è un vantaggio... Cogliamo l’occasione e usiamo la nuova 164

L'occasione è stata la inaugurazione del Forum Spumanti di Valdobbiadene. L'Osservatorio Nazionale dei vini con le bollicine italiane, costituito nel 2005 con il supporto del Ministero e di Ismea in primis, oggi di UniCredit Group, ha presentato i primi dati sui consumi e mercati del comparto relativi al primo semestre 2009 in raffronto con lo stesso periodo del 2008, stimando un andamento dell'annata corrente. Concomitanti si sono diffuse le voci di un 'ripensamento” delle stime e della produzione vendemmiale 2009 da parte della Champagne, in un periodo di eventi in tutta Italia, principalmente dei territori produttori di vini con le bollicine. Probabilmente ghiotta la notizia per dare 'sensazionalità” ai due dati contrastanti emersi: un mondo spumantistico italiano in crescita nel 2008 (e confermato nel 2009) e un mito champagne che conferma direttamente e indirettamente una continuità di calo di consumi e spedizioni nel mondo, iniziata a fine 2008 con perdite fra il 5 e il 10%, a seconda delle categorie di operatori e paesi. Reputo fondamentale ritornare sul tema – ne avrei fatto volentieri a meno – perché diversi sono ancora gli interventi confusionali e stiracchiati a proposito dell'armata italiana, che preferisco definire solo un 'ricco patrimonio viticolo ed enologico” rispetto ad un ' mitico monocru territoriale”.

Facciamo chiarezza una volta per tutte senza basarci sui titoli a effetto.

Il gap di storia, cultura e consumo dei vini con le bollicine fra l'Italia e la Francia è ampio, non solo in termini temporali e volumetrici, ma soprattutto di scelte e di valore aggiunto trasversale e unitario che la Francia mette sul campo – fra storia e capacità di forgiare leggende – dal 1690 a oggi. La spumantistica italiana moderna – e un po' significativa – ha origine con le prime bottiglie tirate fra il 1860 e il 1865. Il prossimo anno saranno 150 anni contro i 320 d'oltralpe. La Francia produce circa 450 milioni di bottiglie (secondo loro sono il primo produttore al mondo), di cui 320 milioni di Champagne (anno 2008). L'Italia produce 329 milioni di bottiglie, di cui 305 milioni di metodo italiano (Asti, Prosecco, di Vitigno, ecc..) e circa 24 milioni di metodo classico, ovvero lo stesso metodo utilizzato in Champagne e quindi giustamente paragonabile. Sono 4 le zone italiane identificabili del metodo classico (Franciacorta, Trento, Alta Langa, Oltrepo Pavese) che utilizzano i vitigni internazionali, oltre al gruppo di imprese Anima che produce partendo dai vitigni autoctoni e altre 100 aziende circa che producono autonomamente, Doc o non Doc, almeno una etichetta con numeri limitati. Paragone, similitudine, raffronto sicuramente errato: lo Champagne è un vino unico che non è assimilabile a nessun altro vino con le bollicine. In Italia il patrimonio viticolo, vinicolo e territoriale legato ai vini spumanti è molto più diversificato, differenziato, particellare, settoriale, compartimentale, campanilistico, individuale e autarchico e non ha eguali al mondo. Abbiamo un patrimonio viticolo e umano legato ai vini da oltre 2.500 anni che nessuno possiede al mondo: hanno realizzato vini i primitivi italici, gli etruschi, i greci, i romani e altri popoli di passaggio. Ognuno ha dato il suo contributo, niente è statalizzato, nazionalizzato,catalogato, monolitico e monocromatico. La creatività e libertà dei mille comuni si è espressa anche attraverso le peculiarità enoiche. Inoltre siamo anche capaci in 40 anni di realizzare ex novo delle produzioni di altissimo valore e respiro, sicuramente in grado di competere non solo con la Francia, ma con il resto del mondo. Infine, in questa realtà italiana, è giusto che ognuno voglia una autonomia territoriale, di metodo e di tipologia, ancor più di tutela (mi auguro veramente e non solo nei titoli e a parole!!) interna e internazionale, di valorizzazione delle peculiarità, di non fraintendimenti e di non mescolamenti, però…. il consumatore chiede di conoscere, vuole un punto di riferimento in grado di fornire elementi di valutazione e di giudizio, vuole fare confronti in diretta, essere artefice delle proprie decisioni soggettive e private. Vuole capire dove sta la differenza di ogni prodotto in termini di rapporto identità/valore per poter scegliere. Ancor più il consumatore neofito, e lo straniero che reclama semplicità e immediatezza. La produzione italiana si differenzia come ricco patrimonio produttivo, un grande vantaggio oggi per il consumatore alla ricerca del proprio vino.

Per questo il Forum si propone come tavolo di lavoro aperto istituzionale, non vuole standardizzare, omogeneizzare e prevaricare con la parola ' spumanti” o 'bollicine” generico nessuno, almeno finchè la legge italiana e comunitaria prevede tale definizione ufficiale. Ma solo come categoria merceologica o come aggettivo del termine 'presa di spuma”, per fare i sofisti. Ecco allora che la nuova 164 potrebbe essere il momento giuridico per chiarire termini, menzioni e denominazioni, per aiutare a dare chiarezza di classifiche diverse. Il Forum nel 2010 farà un ulteriore passo in avanti, perché la crescita di conoscenza e di mercato può continuare in Italia e all'estero solo con la definizione concorde di un piano condiviso, nella differenza e nella tracciata e irrinunciabile unilateralità di scelte produttive e tecnologiche. *Forum degli spumanti





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