Già c'erano i problemi legati alla difficoltà di definire con precisione prodotti fra loro accomunati dalla definizione, ormai troppo generica, di spumante. Ora si aggiunge il fatto che il settore ha oggi una componente, il Prosecco, di fatto con un forte trend di crescita e di immagine che rischia di diventare quasi un appellativo per tutti. Come dire che per le bollicine italiane, che pure sono forse l'unico comparto del vino nazionale che aumenta le vendite all'estero (+8% in valore e +21% per numero di bottiglie nel primo semestre), c'è più che mai bisogno di fare squadra e delineare strategie comuni che valorizzino il settore e le sue specificità. Giusto ciò che si è tentato di fare alla 7ª edizione del Forum Spumanti che, abbandonata Valdobbiadene, il cuore storico del Prosecco, si è spostato a Venezia.
Sarà perché la città della Serenissima è pur sempre la capitale morale delle bollicine venete, o forse perché all'appuntamento sono volutamente mancati alcuni produttori di peso, sta di fatto che la soluzione al momento è ancora lontana. O meglio, alcune linee chiare ci sono, ma siamo ancora alla fase del confronto in cui ci si prende le misure, ma non le decisioni. Si tratta in ogni caso di un importante passo avanti tanto più che per la prima volta al Forum hanno partecipato i maggiori Consorzi di tutela (Asti Docg, Alta Langa Doc, Asolo Docg, il neonato Consorzio tutela Prosecco Doc, Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Docg, Oltrepò Docg e Lambrusco Doc), oltre che l'Istituto Talento, attivamente impegnato nel cercare di dare identità al mondo del metodo Classico rispetto a quello del metodo 'Italiano”.
Come era negli obiettivi degli organizzatori, il nuovo format del Forum si è posto, secondo una necessità espressa anche dalle maggiori realtà della spumantistica italiana, come un'occasione per creare nuovi luoghi di confronto per il sistema delle bollicine nazionali, nonché come momento per rappresentare in modo paritario ed equilibrato tutti i player del settore, offrendo loro una vetrina di prestigio.
Questi obiettivi di 'maturità” sono però in parte stati rinviati a una prossima edizione per almeno tre ragioni, ben presenti a tutti, ma di fatto assenti in tutti i pur numerosi dibattiti della tre giorni veneziana. Da un lato c'era un grande assente: il mondo del Franciacorta, sempre più orgogliosamente sull'Aventino e alieno dal farsi contaminare dal termine spumante, rivendicando una sorta di primato per la qualità. E dall'altro il campo un po' troppo affollato dai consorzi che si rifanno al Prosecco che, giunto alla Docg e alla definizione precisa del suo areale (che fa capo al nuovo consorzio presieduto da
Fulvio Brunetta,
nella foto a destra), avrebbe bisogno di livelli di rappresentanza un po' più snelli per non creare imbarazzi agli altri partner del settore... E per ultima la scarsa affluenza di pubblico ad un evento che non è di fatto una mostra, e che anche per la parte del concorso mostra alti e bassi perché a fianco di prestigiose cantine premiate ce ne sono alcune che non ricevono riconoscimenti in altre sedi, ma che al Forum sono laureate ai massimi livelli.
La sintesi di questo momento delicato può in ogni caso essere rappresentata dal confronto fra tre dei più autorevoli esponenti delle tre 'gambe” su cui lo spumante italiano si gioca il suo futuro: da un lato le bollicine metodo Martinotti (o Charmat) che si possono dividere fra dolce (con l'Asti in testa) e semiaromatico o secco (con il Prosecco come capofila) e dall'altro gli spumanti metodo Classico a cui l'Istituto Talento sta cercando di dare un'anima. Si tratta di mondi in realtà intrecciati e che presentano metodi di produzione che a volte si sommano al territorio (sia nell'area del Prosecco che dell'Asti si fanno ad esempio bollicine con metodo Classico).
E così
Lamberto Vallarino Gancia (
nella foto sopra a sinistra), presidente dell'omonimo gruppo e del Consorzio Alta Langa, sottolinea l'importanza del marchio aziendale nella promozione di vini e anche di tipologie, mentre
Franco Adami (
nella foto accanto a destra), presidente del Consorzio Prosecco Docg e dell'azienda di famiglia, ricorda l'importanza di uno stile, tanto che annuncia anche di voler richiedere la tipicità del Prosecco anche per la sua lavorazione, oltre che per il legame col territorio.
Sul metodo come elemento di distinzione e valorizzazione dei prodotti a più alto valore commerciale ha insistito invece
Claudio Rizzoli (
nella foto a sinistra), manager del gruppo Mezzacorona e presidente dell'Istituto Talento, secondo il quale solo con un nome che indichi una massa critica importante di prodotti omogenei (e non solo con le indicazioni geografiche di fatto sconosciute in tutto il mondo...) sarà possibile dare un contributo importante al successo internazionale del vino italiano, a partire dalle bollicine. E per chi non ci sta non resterà che chiamarsi 'vino effervescente” (traducendo l'unica tipologia tecnica conosciuta da tutti e adottata dai francesi...).
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