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Bibite senza frutta... Ma che sia chiaro in etichetta

I continui blocchi che l'Ue pone per etichette trasparenti, chiare e veritiere sono inaccettabili. A maggior ragione per un Paese come l’Italia che nella filiera agroalimentare ha una delle sue poche occasioni di ripresa

di Alberto Lupini
direttore
 
31 marzo 2014 | 10:26

Bibite senza frutta... Ma che sia chiaro in etichetta

I continui blocchi che l'Ue pone per etichette trasparenti, chiare e veritiere sono inaccettabili. A maggior ragione per un Paese come l’Italia che nella filiera agroalimentare ha una delle sue poche occasioni di ripresa

di Alberto Lupini
direttore
31 marzo 2014 | 10:26
 

Da un lato le ragioni degli agricoltori (e dei consumatori più attenti). Dall’altro la grande industria che tiene conto della concorrenza e dei gusti (un po’ condizionati) dei consumatori. In mezzo una classe politica che dimostra di non sapere scegliere e che, per non sbagliare, si rifà alle interpretazioni (tutte da verificare) di Bruxelles. Il risultato è che in Parlamento non passa un emendamento (del Pd) alla legge comunitaria per portare al 20% il minimo di frutta (attualmente al 12%) nelle bevande analcoliche a base di frutta prodotte e commercializzate in Italia.

Si tratta di un tema che già anni fa ci ha visti in prima linea nella battaglia contro la cosiddetta “aranciata senza arance”, che nel 2009 vincemmo anche come Italia a Tavola bloccando un provvedimento che avrebbe penalizzato consumatori e produttori agrumicoli.

La questione ora per fortuna è un po’ diversa da quella di 5 anni fa e un po’ meno da guerra di religione, come qualcuno sembrava voler fare mettendo in croce il Ministro Martina. Sta di fatto che è comunque una brutta faccenda perché dimostra a un tempo la forza di alcune lobby industriali e la mancanza di una visione chiara delle istituzioni italiane in tema di tracciabilità e sicurezza alimentare. Ed è inutile che qualcuno ci ricordi che l’Italia ha il primato europeo nella qualità e sanità degli alimenti. Forse potrà essere così per le produzioni nostre, ma non certo per ciò che viene prodotto all’estero. Del resto basta vedere cosa succede con l’olio extravergine di oliva “rettificato” nella grande industria per avere dei dubbi.

E le bibite gassate (oggetto dello scontro politico) sono fra queste. Pur essendo bevute mediamente da 23 milioni di italiani, non c’è di fatto una norma che renda espliciti i contenuti di frutta e di aromatizzanti. I produttori parlano di crescita di acidità con più frutta, che andrebbe bilanciato da un aumento di zucchero (già elevato). Un ragionamento che sulla carta non è sbagliato, anzi, ma che richiederebbe quella trasparenza che non c’è.

Forse è il caso che il ministro Maurizio Martina, che di agricoltura per fortuna se ne intende visto che era il responsabile del Pd in questo settore, prenda posizione al più presto. I continui blocchi che la Ue pone per etichette trasparenti, chiare e veritiere sono inaccettabili. E lo sono a maggior ragione per un Paese come l’Italia che nella filiera agroalimentare ha una delle sue poche occasioni di ripresa. Le confezioni dei prodotti alimentari devono obbligatoriamente dare indicazioni precise ai consumatori. Questo deve avvenire nell’etichetta principale, e non nascosto in caratteri illeggibili in contro etichetta. A quel punto l’aumento di contenuto di frutta nelle bevande sarà determinato dalle scelte dei consumatori, sempre che il Governo promuova una corretta informazione sui prodotti italiani. Lasciare tutto come sta sarebbe da irresponsabili e danneggerebbe l’immagine dell’Italia anche in vista dell’Expo 2015 di cui tanto si riempiono la bocca oggi tutti i politici.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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