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Giovani impreparati alla fase 2 Movida, arrivano controlli e multe

Per il microbiologo Andrea Crisanti non eravamo pronti alla riapertura e «stiamo dando al virus l’opportunità di trasmettersi». Colpa dei giovani, ma soprattutto di messaggi ambigui della politica.

 
21 maggio 2020 | 12:26

Giovani impreparati alla fase 2 Movida, arrivano controlli e multe

Per il microbiologo Andrea Crisanti non eravamo pronti alla riapertura e «stiamo dando al virus l’opportunità di trasmettersi». Colpa dei giovani, ma soprattutto di messaggi ambigui della politica.

21 maggio 2020 | 12:26
 

Le immagini della movida ripresa a Milano, Padova, Palermo e in altre città d’Italia all’indomani della riapertura dei locali, stanno suscitando una serie di reazioni non solo a livello politico. Dopo che sindaci e governatori nelle scorse ore hanno minacciato nuove chiusure e attivato controlli di polizia che potrebbero portare anche a sanzioni fino a 3mila euro per i locali, ora ad esprimere perplessità sull’approccio di tante persone alla Fase 2 è il microbiologo Andrea Crisanti, capo del laboratorio di virologia dell’ospedale di Padova.  

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«Siamo arrivati alla Fase 2 impreparati – ha detto intervistato da La Repubblica – I giovani non hanno capito la gravità della situazione. Stiamo dando al virus l’opportunità di trasmettersi. La colpa non è tanto dei ragazzi, quanto delle istituzioni che hanno inviato loro messaggi ambigui e incoerenti».

Messaggi che sono stati ribaditi con una circolare del ministero dell’Interno, attraverso la quale si dà la possibilità ai sindaci di chiudere temporaneamente quelle aree e quegli spazi pubblici nei quali non è possibile far rispettare il metro di distanza.
A tale proposito, anche il sindaco di Bari, Antonio Decaro, in prima linea nel tentativo di far rispettare le regole, si è detto molto preoccupato e ha fatto una proposta ai gestori di bar e ristoranti: «Mettete a disposizione dei clienti, insieme al cocktail che servite loro, una mascherina. È illusorio pensare che possa essere esercitato un controllo da parte delle forze dell'ordine per ogni cittadino».

Da parte loro i commercianti chiedono un supporto alle istituzioni per lavorare al meglio ed evitare che si ripetano altre situazioni come quelle dei giorni scorsi. «Se tra dieci giorni la curva dei contagi dovesse tronare a salire e fosse necessario disporre ulteriori chiusure, sarebbe un dramma per tutti. Dopo 3 mesi di lockdown, sarebbe il colpo mortale per un settore già in ginocchio - ha detto Roberto Calugi, direttore generale della Fipe - Federazione italiana dei Pubblici Esercizi - Non si può essere superficiali: è importante rispettare alla lettera le norme di sicurezza che ci siamo dati. Invito dunque i gestori dei locali, con la responsabilità che è propria del loro mestiere, a diventare il primo argine contro la movida irresponsabile: è chiaro che non possiamo trasformarci in tutori dell’ordine, ma contiamo sull’aiuto delle forze di pubblica sicurezza per evitare assembramenti e mettere in sicurezza anche chi pensa che il coronavirus sia ormai sconfitto. Solo così questa fase due potrà davvero essere l’anticamera di un ritorno alla normalità».

Tentativi di raddrizzare una rotta che ha preso una direzione sbagliata fin dalle prime ore del “liberi tutti”. L'errore, per quel che è successo nei giorni scorsi in tante città è stato, per il microbiologo Andrea Crisanti, il rivolgersi nel chiedere «cautela soprattutto agli anziani e ai soggetti deboli, dimenticandoci però che sono i giovani che si infettano più facilmente. Le mascherine servirebbero se le indossassimo tutti, cosa che non mi pare che accada. Comunque non è vero che ci sono ovunque, mi arrivano segnalazioni che, in alcune zone d’Italia, ancora non si trovano».

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Andrea Crisanti

«Se il governo ritiene che le mascherine servano - aggiunge - le deve fornire a tutti. Se invece non ha scorte sufficienti, deve ammettere con chiarezza come stanno le cose. Anche sulle mascherine i messaggi sono stati ambigui: all’inizio hanno detto che servivano quelle certificate, poi andavano bene non certificate, ora invece dicono che si possono usare quelle fatte in casa. In questo modo induci i giovani a sottovalutare, a ritenere che qualcuno li stia prendendo in giro. Lo stesso si può dire con le distanze sociali: sulla spiaggia tre metri, nei ristoranti uno... dov’è l’elemento razionale?».

Domande alle quali stanno cercando una risposta alcune delle categorie rimaste più danneggiate dalla moltitudine di linee guida emanate nei giorni scorsi dal governo ed emendate, in alcuni casi, dalle Regioni. Insomma, una confusione che non serve a nessuno e che tra qualche settimana vedremo se realmente avrà permesso di far uscire l’Italia dal pericolo di una recrudescenza del contagio, oppure se – come nessuno si augura – lo avrà continuato ad alimentare.

E anche sull'app di tracciamento, per Crisanti, c’è stata incoerenza: «Prima era obbligatoria, poi è diventata facoltativa. Ora dicono che funzionerà se la usa il 60% degli italiani. Considerando che i positivi sono almeno quattro volte di più di quelli diagnosticati - conclude - la app potrebbe rivelarsi poco efficace».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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