Oltre 1 impresa su 5 (21%) pensa che nel 2021 non ci sarà alcuna ripresa dell’economia a causa delle pesanti conseguenze dell’emergenza Covid-19 con bilanci in rosso, tagli del fatturato e crollo dei consumi. È quanto emerge dall’indagine dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su un campione nazionale di aziende in occasione della partenza dei primi saldi in Italia dopo un calo di quasi l’11% delle spese delle famiglie e la chiusura di oltre 390mila attività a livello nazionale. A conferma del timore delle aziende, i risultati che emergono da una analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia in merito alla comparazione del Pil italiano riferito al biennio 2020-2021. A fronte di una caduta che nel 2020 parrebbe attestarsi al 9,9%, nel 2021, invece, il Pil dovrebbe tornare a crescere del 4,1%. Traducendo questi dati in valori assoluti e nominali, emerge che nel 2020 la crisi avrebbe bruciato 156 miliardi di euro di ricchezza presente nel Paese. Durante quest’anno, invece, dovremmo risalire la china e recuperarne 83, registrando un saldo negativo in questo biennio di 73 miliardi.
Il pessimismo delle imprese: nessuna ripresa nel 2021
La
stagione dei saldi 2021 parte in Basilicata, Valle d'Aosta e Molise, il 7 toccherà a Lombardia, Piemonte e Sicilia, mentre l'Umbria partirà il 9, il Lazio il 12, il 16 le Marche e la provincia autonoma di Bolzano, con la Liguria che inizia il 29, l’Emilia Romagna, Toscana e Veneto il 30 gennaio.
I timori del mercato: finanziamenti in banca e possibile ritardo nell'uso delle risorse europee La pandemia, secondo Uecoop, sta mettendo a dura prova tutti i settori, dai
servizi al
commercio, dalla logistica alla manifattura, dall’
agroalimentare al
turismo e il 41% delle imprese ha chiesto un
finanziamento alle banche per resistere alla crisi. A fronte di una situazione di sofferenza generalizzata (secondo la stessa indagine Uecoop, secondo le imprese questo 2020 è stato
l'anno peggiore di sempre) è necessario attivare prima possibile
gli aiuti a imprese e famiglie con le risorse del
Recovery Plan.
Uecoop teme che si arrivi troppo tardi per recuperare il terreno perso e difendere i livelli occupazionali con
il blocco dei licenziamenti che scade a marzo. Più di 1 impresa su 2 (51%) teme che ci vorrà
almeno un anno per vedere la partenza di qualche piano legato alle
risorse europee. L’attesa per gli aiuti è il sintomo evidente di una
sofferenza sociale ed economica che colpisce imprese e famiglie mettendo in pericolo l’
intero sistema economico nazionale.
Secondo
il 65% delle imprese bisognerà aspettare
almeno la seconda metà del 2021 per una ripresa dell’economia italiana mentre una quota minoritaria di ottimisti (14%) pensa che il Paese potrebbe ripartire già entro il primo semestre dell’anno.
Le previsioni del Pil italiano, tra perdita nel 2020 e lenta ripresa nel 2021A dare ragione al timore delle aziende, i dati emersi da una analisi condotta dall’
Ufficio studi della Cgia in merito alla
comparazione del Pil italiano riferito al biennio
2020-2021. A fronte di una caduta che nel 2020 parrebbe attestarsi al
9,9%, nel 2021, invece, il Pil dovrebbe tornare a crescere del
4,1%. Traducendo questi dati in valori assoluti e nominali, emerge che nel 2020 la crisi avrebbe
bruciato 156 miliardi di euro di ricchezza presente nel Paese. Durante quest’anno, invece, dovremmo risalire la china e
recuperarne 83, registrando un saldo negativo in questo biennio di
73 miliardi.
Come spiega il coordinatore dell’Ufficio studi
Paolo Zabeo, «a livello pro capite stimiamo che l’anno scorso ogni italiano abbia perso mediamente 2.600 euro di reddito, mentre quest’anno ne riguadagnerà poco meno di 1.400 euro. Nel biennio 2020-2021, pertanto, il saldo sarà negativo e pari a poco più di 1.200 euro. Quest’anno, quindi, assisteremo a un
rimbalzo della nostra economia che
ci farà recuperare solo una parte della contrazione registrata nel 2020. Di conseguenza, è verosimile sostenere che torneremo a una
situazione pre Covid non prima del 2024. Sarà perciò decisivo
spendere (tutti e bene) i
209 miliardi di aiuti che ci arriveranno dall’Unione Europea. Altrimenti, rischiamo che il nostro Paese finisca su un binario morto e la crisi economica in atto si trasformi in una crisi sociale senza precedenti, dove a pagare il prezzo più alto saranno i più deboli, come i giovani e le donne».
Secondo le stime elaborate nel novembre scorso dalla
Commissione Europea, prosegue l'associazione mestrina, tra gli indicatori economici italiani destano molta preoccupazione i
consumi delle famiglie. Questi ultimi, che costituiscono la componente più importante del Pil nazionale (circa il 60% del totale), nel 2020 subiranno una contrazione importante. In termini assoluti le famiglie “risparmieranno” circa
110 miliardi di euro (-10,5% rispetto al 2019). In buona sostanza, ogni famiglia italiana ridurrà la spesa annua per gli acquisti di circa 4.400 euro. Nel 2021, invece, la ripresa sarà “solo” del +3,8%.
Ancor più preoccupante è il
trend riferito agli investimenti. Nel 2020 sono destinati a crollare del 13,6%, mentre per l’anno in corso è previsto un aumento del 7,2%. Anche le
esportazioni subiranno un tracollo. Nel 2020 si stima una caduta del 16,7% che solo in parte verrà recuperata quest’anno. Le previsioni di Bruxelles, infatti, indicano per il 2021 una crescita delle nostre vendite all’estero del +10,3%.
In linea generale, concludono dalla Cgia, «la gravità della situazione emerge in maniera ancor più evidente se paragoniamo l’attuale situazione economica con quanto accaduto nel 2009, annus horribilis dell’economia italiana degli ultimi 75 anni».
Allora, il Pil scese del 5,5% e il tasso di disoccupazione, nel giro di 2 anni, passò dal 6 al 12%. Se le cose andranno bene, nel 2020 il Pil diminuirà del 10% circa. Con
un crollo quasi doppio rispetto a quello registrato 12 anni fa, è evidente che una caduta verticale del genere avrà degli effetti molto negativi sul mercato del lavoro. Infatti, quando verrà meno il
blocco dei licenziamenti, previsto per il prossimo 31 marzo, corriamo il rischio di vedere aumentare a dismisura il numero delle persone senza una occupazione. Un problema che colpirà soprattutto i giovani e le donne.