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Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

La musica è un elemento chiave nell’esperienza di ristoranti e locali: influenza atmosfera, scelta dei piatti e permanenza dei clienti. Dalla musica d’ambiente ai live, occorre rispettare diritti d’autore e norme. Trasparenza su eventuali supplementi è fondamentale. Il caso Pipero e il recente “coperto musicale” a Ostuni mostrano come la gestione di questo aspetto sia sempre più delicata

di Mauro Taino
Redattore
08 settembre 2025 | 05:00
Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante
Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

La musica è un elemento chiave nell’esperienza di ristoranti e locali: influenza atmosfera, scelta dei piatti e permanenza dei clienti. Dalla musica d’ambiente ai live, occorre rispettare diritti d’autore e norme. Trasparenza su eventuali supplementi è fondamentale. Il caso Pipero e il recente “coperto musicale” a Ostuni mostrano come la gestione di questo aspetto sia sempre più delicata

di Mauro Taino
Redattore
08 settembre 2025 | 05:00
 

La musica è ormai un elemento riconosciuto nell’offerta di ristoranti, pizzerie ed enoteche. Che sia un sottofondo discreto o un concerto dal vivo, contribuisce a definire l’atmosfera e a influenzare la percezione del cliente. Numerosi studi confermano come ritmo e volume possano incidere sul tempo di permanenza, sulla scelta dei piatti e perfino sul livello di spesa. Non è raro il ricorso a supplementi in fattura o in conto da parte dei locali che propongono spettacoli dal vivo, con la dicitura “coperto musicale” o simili, come in uno degli ultimi casi a Ostuni. Una pratica che, pur non vietata, solleva interrogativi di trasparenza verso il consumatore. Le associazioni di categoria invitano i ristoratori a comunicare chiaramente i costi aggiuntivi prima della consumazione, così da evitare contestazioni. Da un lato i clienti apprezzano l’atmosfera creata dalla musica, dall’altro i ristoratori devono bilanciare costi, adempimenti normativi e percezione di equità del prezzo finale. Alcuni scelgono di integrare l’intrattenimento nel menu, altri optano per serate a ingresso con consumazione obbligatoria, altri ancora mantengono la musica solo come sottofondo registrato.

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Il caso dello scontrino di Ostuni per la musica ha riacceso il dibattito

Musica nei ristoranti, un valore aggiunto

La musica è un ingrediente invisibile ma decisivo nella ristorazione: quando ben calibrata con l’identità gastronomica del locale, arricchisce l’esperienza e rafforza l’esperienza culinaria. Atmosfere delicate e sonorità azzeccate possono allungare la permanenza, ispirare un piatto, sottolineare i toni del menu. Musica lounge o jazz leggero accompagna piatti raffinati; ritmi vivaci e contemporanei si sposano bene a cucine moderne o informalmente creative.

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Alessandro Pipero ha introdotto una “carta delle canzoni” e un jukebox in sala

Un esempio emblematico è il ristorante stellato Pipero di Roma, dove Alessandro Pipero ha introdotto una “carta delle canzoni” e un jukebox in sala: ogni cliente può scegliere un brano che accompagni il proprio momento al tavolo, trasformando l’esperienza in un dialogo sensoriale personalizzato. L’idea rompe con le playlist noiose e preconfezionate, invitando il cliente a diventare parte del racconto musicale, creando un’atmosfera educativa e coinvolgente. Questo approccio dimostra che la musica, se integrata in modo creativo e coerente con il progetto gastronomico, diventa un potente mezzo di differenziazione. Non è solo "accompagnamento", ma vera espressione di ospitalità, cultura e identità. Per questo ogni scelta sonora—sia essa rilassata o partecipativa—può essere pensata come parte del menu, con l’obiettivo di arricchire, coinvolgere e sorprendere il cliente.

Come si può fare musica nei ristoranti

Ma c’è musica e musica. Un conto è quella di ambiente, un altro è la musica dal vivo e un altro ancora un evento in cui la componente sonora (e più in generale dello spettacolo) diventi preponderante rispetto alla somministrazione di cibo e bevande.

«Nella maggior parte dei casi la nostra categoria - dice Francesco Rebuffat, avvocato dell’Area legale, legislativa e tributaria di di Fipe- Confcommercio (Federazione italiana pubblici esercizi) - si confronta con due tipologie di diffusione sonora: la cosiddetta musica d’ambiente, cioè la semplice accensione di radio o playlist per rendere più gradevole la permanenza dei clienti, oppure l’organizzazione di intrattenimenti musicali dal vivo. Dal punto di vista del diritto d’autore, entrambe le modalità devono essere remunerate per garantire il riconoscimento economico agli autori delle opere diffuse». Per farlo è necessario interfacciarsi anzitutto con la Siae, che resta il principale ente di collecting in Italia, anche se - soprattutto negli ultimi anni - il mercato si è aperto ad altre realtà.

Musica al ristorante, gli adempimenti necessari

Per quanto riguarda la musica d’ambiente, l’imprenditore deve sottoscrivere un abbonamento annuale forfettario, che copre sia i diritti d’autore sia i diritti connessi (quelli che spettano a produttori fonografici e artisti interpreti). Questo consente di mettersi al riparo da possibili contestazioni. Quando invece si parla di musica dal vivo, il locale deve acquistare una licenza preventiva. Può essere richiesta per ogni singolo evento, per più eventi mensili, oppure per un pacchetto più ampio, in base al calendario programmato. In ogni caso la licenza copre sia i diritti d’autore sia i diritti connessi.

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Gli adempimenti cambiano in caso di musica dal vivo o di ambiente

Dal punto di vista amministrativo, se la musica rimane una attività accessoria rispetto alla somministrazione di cibo e bevande - ad esempio un piccolo concerto o una band che accompagna la cena - non è necessaria un’ulteriore autorizzazione. Diverso è il caso in cui l’intrattenimento diventi il cuore dell’attività: se si prevede un biglietto d’ingresso, un palco dedicato o un evento pubblicizzato come principale attrattiva della serata, allora serve anche una SCIA specifica o altro titolo autorizzatorio, secondo quanto stabilito dai singoli Comuni. Un altro adempimento importante è la compilazione del borderò Siae, ossia il programma musicale con l’elenco dei brani eseguiti durante l’evento. È uno strumento che permette di ripartire correttamente i compensi agli aventi diritto. In genere lo compila l’organizzatore o il direttore artistico, ma la responsabilità ricade sempre sul titolare del locale, che resta l’organizzatore ufficiale dell’evento agli occhi della legge.

Musica nei ristoranti, giusto far pagare?

Quanto alla possibilità di applicare un supplemento in conto per la musica live, la questione è delicata. È ammesso far pagare un biglietto o un supplemento purché sia chiaramente indicato e comunicato in anticipo al cliente. Tuttavia, in questi casi l’evento tende a configurarsi come spettacolo vero e proprio, con conseguenti obblighi amministrativi aggiuntivi. In sostanza, l’applicazione di un supplemento può essere interpretata dalle autorità come un ingresso a pagamento, e quindi soggetta alle stesse regole degli spettacoli pubblici.

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe

«Se non consideriamo - dice il vicepresidente vicario Fipe Aldo Cursano - bar e ristoranti come luoghi di socialità in cui dare spazio alla musica, rischiamo di soffocare un canale di espressione che ancora resiste. Oggi la percezione diffusa è che chi ospita musica venga visto più come un soggetto da “spremere” che come un promotore culturale. Questo genera frustrazione e disaffezione: molti colleghi ci dicono che non proporranno mai più musica dal vivo, per paura di sanzioni sproporzionate rispetto alla natura accessoria dell’attività».

Musica nei ristoranti, tra legge e bon ton

La legge in merito parla chiaro, come evidenzia Alessandro Klun (collaboratore di Italia a Tavola e autore del libro "A cena con diritto nonché esperto di questioni legali relative al mondo della ristorazione): «Il ristoratore può applicare un sovrapprezzo per un servizio extra (come musica dal vivo o DJ), a condizione che il cliente sia informato prima di ordinare o sedersi al tavolo, il sovrapprezzo deve essere scritto sul menu, su cartelli visibili o comunque comunicato in modo inequivocabile e che non compaiano costi imprevisti sullo scontrino se non segnalati. Se succede, il cliente può rifiutarsi di pagarli. Quindi è legale se il sovrapprezzo è indicato chiaramente, mentre non lo è se appare solo sul conto senza preavviso. Se non è stato comunicato in anticipo, il cliente può contestare la voce e chiedere l’eliminazione dal conto».

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Alessandro Klun, esperto di questioni legali nel mondo della ristorazione

E anche Fipe si mostra sulla stessa linea, come sottolinea Rebuffat: «Ogni caso va valutato singolarmente, ma la trasparenza verso il consumatore e il rispetto delle procedure autorizzative restano fondamentali». «La musica - spiega Alberto Presutti, collaboratore di Italia a Tavola e Maestro di Bon Ton dell’ospitalità - è un valore aggiunto che il ristoratore offre ai propri ospiti e, di conseguenza, rappresenta una spesa a carico dell’esercente, non un costo che può essere trasferito automaticamente al cliente, il quale non ha richiesto espressamente questo servizio. Se invece si decide di prevedere un supplemento specifico per la presenza di musica dal vivo o di un intrattenimento, è fondamentale che il cliente venga informato in maniera chiara e trasparente: non può essere una voce nascosta, ma un costo esplicitato e giustificato. In generale, però, la musica dovrebbe essere considerata parte integrante dell’esperienza di convivialità offerta dal locale, senza oneri aggiuntivi per l’ospite. Naturalmente resta nella libertà dell’esercente decidere come regolarsi, ma la prassi più corretta è quella di non far ricadere sul cliente un servizio che non ha scelto in prima persona».

Musica nei ristoranti, tra benefici e adempimenti

«La musica nelle nostre attività - spiega Cursano - è sempre stata, in un certo senso, fatta di dolori e benefici. Da un lato rappresenta un valore aggiunto, un elemento che rende più piacevole l’esperienza dei clienti; dall’altro, spesso si traduce in un peso normativo ed economico. I nostri locali - bar, ristoranti, luoghi di intrattenimento - possono diventare spazi preziosi per dare visibilità ai giovani artisti. Ma le regole attuali rischiano di essere penalizzanti: trattano la musica di accompagnamento allo stesso modo degli spettacoli in cui l’elemento musicale è centrale. Questo crea difficoltà non solo ai gestori, ma anche a chi, giovane o emergente, cerca un’occasione per esibirsi».

Il conto suona caro. Quando la musica pesa sullo scontrino del ristorante

Alberto Presutti, Maestro di Bon Ton dell’ospitalità

Quindi aggiunge: «La musica d’ambiente dovrebbe essere considerata un’attività accessoria, non gravata da costi eccessivi per ogni cliente o per ogni coperto. Oggi, invece, al pagamento della Siae e delle altre collecting si aggiungono spesso ulteriori spese e procedure, rendendo il tutto insostenibile per la ristorazione, la cui attività principale rimane la somministrazione di cibi e bevande. È evidente che, se la musica comporta costi e burocrazia paragonabili a quelli di un concerto o di uno spettacolo vero e proprio, molti imprenditori rinunciano a proporla, privando il settore e i giovani artisti di occasioni importanti».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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