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Cuore, tecnologia e investimenti Così Panella fa rinascere i ristoranti

Nel suo nuovo programma tv Riaccendiamo i fuochi, il ristoratore romano incontra i colleghi in difficoltà a causa del covid e dà loro qualche consiglio per evitare il fallimento. «Gli ultimi decreti stanno peggiorando la situazione - dice - tante famiglie soffrono e hanno bisogno dell'aiuto di tutti».

di Sergio Cotti
11 novembre 2020 | 08:31
Cuore, tecnologia e investimenti 
Così Panella fa rinascere i ristoranti
Cuore, tecnologia e investimenti 
Così Panella fa rinascere i ristoranti

Cuore, tecnologia e investimenti Così Panella fa rinascere i ristoranti

Nel suo nuovo programma tv Riaccendiamo i fuochi, il ristoratore romano incontra i colleghi in difficoltà a causa del covid e dà loro qualche consiglio per evitare il fallimento. «Gli ultimi decreti stanno peggiorando la situazione - dice - tante famiglie soffrono e hanno bisogno dell'aiuto di tutti».

di Sergio Cotti
11 novembre 2020 | 08:31
 

Un pronto soccorso per i ristoranti in difficoltà, stremati dalla crisi e dai ripetuti lockdown (almeno in alcune regioni d’Italia). In campo è sceso il ristoratore romano Francesco Panella, erede dell’Antica Pesa di Roma e volto noto della tv, grazie al programma Little Big Italy in onda sul canale Nove. Stavolta Panella, abituato a girare il mondo, alla caccia di buoni esempi di cucina italiana all’estero, è rimasto in Italia per mettersi sulle tracce di colleghi sull’orlo del fallimento e provare a dare loro qualche consiglio per andare avanti. È quest il format di “Riaccendiamo i fuochi”, la sua nuova trasmissione in onda sempre sul canale Nove il lunedì alle 21.25.

Francesco Panella

Francesco Panella

Francesco Panella, la trasmissione prende spunto dalla crisi dei ristoranti dovuta all’emergenza Covid. Quali sono i locali che soffrono di più?
Sono i ristoranti a conduzione familiare, quelli aperti dai nonni o dai genitori e che vedono figli e nipoti prendere le redini o stare alla cassa, o servire ai tavoli. Intere famiglie che vivono con la ristorazione e ogni giorno si trovano a fare i conti con gli incassi che diminuiscono. In America ci sono i restaurant manager, i grandi gruppi di holding che gestiscono i ristoranti, come se fossero delle aziende, noi abbiamo un concetto più sentimentale, che mette al primo posto l’amore per la famiglia e per la cucina. È importante aiutare chi è in difficoltà, ma nutre una passione viscerale per questo mestiere.

Qual è il sentimento predominante che ha riscontrato nei ristoratori/ristoratrici che ha conosciuto?
Alcuni erano sconfortati, altri si sono arresi agli eventi, altri si sono trovati a dover fare i conti con problematiche più personali che economiche. Ogni storia che raccontiamo nel programma è diversa, quindi i sentimenti e gli umori che riscontriamo sono diversi tra loro. Posso dire, però, quello che accomuna tutte queste storie: la capacità di accogliere l’aiuto e di comprendere che tutte queste soluzioni sono la chiave per ripartire.

La federazione dei pubblici esercizi stima che un ristorante su tre rischia la chiusura. E’, secondo lei, una stima verosimile?
Sì, e i decreti attuali, senza i dovuti supporti, potranno peggiorare la soluzione. Dobbiamo restare vicino a tutti i ristoratori perché come dicevo, ci sono intere famiglie che stanno soffrendo e cercare di dare il nostro contributo, anche semplicemente ordinando un pasto. Oggi abbiamo anche il supporto della tecnologia in questo senso e dobbiamo trovare in essa un’alleata per trovare soluzioni e migliorare il futuro.

Quale il “segreto” per riuscire a sopravvivere?
Come dicevo, utilizzare la tecnologia, e tenersi sempre aggiornati. Fidelizzare la clientela, creare un rapporto di fiducia con essa e soprattutto non abbattersi. Lo so che è molto difficile in questo momento ed è più facile e realistico vedere tutto nero, ma dobbiamo ragionare con un’ottica imprenditoriale forte e, come dice la famosa frase, capire che dalle crisi nascono delle opportunità. Sono anche investimenti, ma un investimento fatto con coscienza, non è mai perso e anzi porta a una rinascita.

Francesco Panella ha visitato alcuni locali di Roma e Milano - Cuore, tecnologia e investimenti Così Panella fa rinascere i ristoranti
Francesco Panella ha visitato alcuni locali di Roma e Milano

Si può affermare che questa crisi farà una selezione tra coloro che sono più capaci/professionali e chi, invece, si improvvisa ristoratore?

No, non credo sia questo il problema. Credo sia più un problema di mentalità. In America, ad esempio, ci sono delle figure esterne al ristorante, che sono i restaurant manager che vedono il locale come un’azienda e lo gestiscono come tale. Sono agguerritissimi e ogni mattina si svegliano alla ricerca di nuove idee per fare di più. Non dico che noi italiani abbiamo una mentalità sbagliata, perché io stesso vengo da una famiglia di ristoratori e l’anima e il cuore che noi mettiamo nel curare un ristorante come se fosse una casa è bellissimo, abbiamo questo lato emozionale legato alla cucina che non dobbiamo assolutamente perdere, ma allo stesso tempo prepararci a capire come aggiungere delle skill in più alla nostra professionalità innegabile.

Meno piatti in carta, una forte propensione alla digitalizzazione (menu, pagamenti…), distanziamenti, sanificazione. Quanto, tutto ciò, inciderà sulla ristorazione del prossimo futuro?
Inciderà nel momento in cui gli investimenti che i ristoratori hanno fatto per mettere in sicurezza il locale, non avranno più dei riscontri economici in termini di aiuti. Detto questo, con il giusto supporto, l’investimento non lo vedo mai come una cosa negativa. Un locale percepito come sicuro attrae più clientela, e conseguentemente fattura di più. Quello che dico infatti a tutti miei colleghi è insistere proprio sul fattore sicurezza, non pensare che chiedere al cliente di misurare la febbre o offrire il gel sia un’invasione, anzi è sintomo di accortezza verso la salute di tutti.

Il format della trasmissione ricalca, a grandi linee, quello di successo di “Cucine da Incubo”. Non penso sia un caso. Come mai questa scelta?
In comune c’è sicuramente il concetto di aiutare un ristorante in crisi, ma il mio format si distingue da quello di Antonino, che stimo, perché il mio supporto è quello di un imprenditore, non sono uno chef, quindi non intervengo sulle scelte di gusto, anche se nella maggior parte dei casi sono stati cambiati anche i menu. Ma questo è successo perché erano datati o poco in linea con l’immagine del locale, e da imprenditore che valuta la reputazione di un ristorante, devo guardare anche questo aspetto.

Tra gli aiuti della trasmissione, anche un restyling completo del locale - Cuore, tecnologia e investimenti Così Panella fa rinascere i ristoranti
Tra gli aiuti offerti della trasmissione, anche un restyling completo del locale

Lei e la sua famiglia come state vivendo questo periodo con i vostri locali?
Stiamo andando avanti, siamo aperti a pranzo il sabato e la domenica, è il nostro modo per stare vicino alla nostra clientela e non fermarci. L’imperativo di questo momento è proprio non fermarsi e cercare di essere attivi più a lungo possibile.

Lei ha un occhio attento anche su quello che succedere oltre confine. All’estero, com’è la situazione per la ristorazione?
È complessa ugualmente, a New York ho riaperto dopo Roma, ma a fronte di un aiuto statale diverso. Questo consente anche un maggiore spirito di rilancio e una maggiore voglia di ripartenza. Credo che New York subirà un grande cambiamento, ma in positivo: già diverse aziende hanno affittato interi buildings per aprire i loro nuovi uffici. In America e in particolare a New York, che è sempre alla ricerca di nuovi stimoli, stanno già guardando alla vita dopo la pandemia.

Crisi e lockdown stanno facendo esplodere i servizi di delivery e asporto. Soluzioni estemporanee (il ristorante è, prima di tutto, accoglienza), oppure con una possibilità di sviluppo anche in futuro?
No, non credo che il delivery sostituirà per sempre il ristorante. Si stanno affermando anche le cosiddette dark kitchen, ovvero delle cucine che non fanno servizio, ma consegnano solo a domicilio. Credo però che soprattutto dopo un lungo periodo di lontananza, quando sarà possibile tornare a uscire di più, la gente avrà proprio voglia di questo, di stare insieme intorno a un tavolo, magari all’aria aperta, ci sarà maggiore voglia di contatto, di stare fuori, vedere nuova gente. Quando si ritornerà alla vita normale, sarà una rinascita per tutti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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