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Vino italiano, export giù del 4% Primo calo dopo 30 anni

Il covid mette lo zampino anche in questa fetta di mercato che l'anno scorso aveva toccato una cifra da record. Tra le cause anche dazi e tensioni tra i mercati internazionali; Cina, Usa e Regno Unito su tutti.

 
03 settembre 2020 | 10:30

Vino italiano, export giù del 4% Primo calo dopo 30 anni

Il covid mette lo zampino anche in questa fetta di mercato che l'anno scorso aveva toccato una cifra da record. Tra le cause anche dazi e tensioni tra i mercati internazionali; Cina, Usa e Regno Unito su tutti.

03 settembre 2020 | 10:30
 

Le vendite di vino italiano nel mondo sono in calo del 4% nel 2020 con una storica inversione di tendenza che non ha precedenti negli ultimi 30 anni a causa delle difficoltà registrate dalla ristorazione in tutto il mondo per l’emergenza coronavirus. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi cinque mesi dell’anno in occasione del Cibus Forum, dalla quale si evidenzia che il vino resta tuttavia la voce principale dell’export agroalimentare Made in Italy.

L'export del vino tricolore cala del 4% - Vino italiano, export giù del 4% Primo calo dopo 30 anni

L'export del vino tricolore cala del 4%

Un dato comunque preoccupante dopo il record storico di 6,4 miliardi fatto segnare lo scorso anno per le esportazioni di vino Made in Italy con la vendemmia 2020 che è la prima segnata dagli effetti della pandemia mondiale, delle tensioni commerciali internazionali con la minaccia dei dazi e della Brexit con l’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna che è stata per lungo tempo il principale cliente del prosecco, il vino italiano più esportato nel mondo.



In Cina, dove il virus ha colpito per primo, il consumo di bottiglie tricolori fra gennaio e maggio 2020 è crollato in valore del 44%, nel Regno Unito le vendite sono scese di quasi il 12% anche a causa delle incertezze e delle tensioni legate alla Brexit, la Francia ha ceduto il 14% mentre l’export in Germania e Stati Uniti, due dei principali mercati per l’Italia, è in leggero calo (- 1%).  Sul commercio nazionale con gli Usa è stato sventato per adesso il rischio dei dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Gli Stati Uniti sono il principale consumatore mondiale di vino e l’Italia è il loro primo fornitore con gli americani che apprezzano tra l’altro il Prosecco, il Pinot grigio, il Lambrusco e il Chianti.
 
A infondere ottimismo è una vendemmia di buona/ottima qualità e anche se l’andamento della raccolta dipenderà molto dalle prossime settimane. La produzione tricolore sarà destinata per circa il 70% a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento per i vini da tavola. Ma la vendemmia 2020 in Italia è influenzata anche dalle misure di sicurezza anti contagio e dalle difficoltà di spostamento degli stagionali agricoli stranieri che in passato contribuivano in modo significativo alla raccolta delle uve. Per questo è necessario estendere a tutte le Regioni i tamponi all’arrivo in Italia anche ai lavoratori nei campi provenienti dall’estero come è già stato fatto in Trentino Alto Adige che ha dato il via libera ai test sui collaboratori agricoli giunti da altre parti del mondo che potranno così partecipare da subito alle attività di raccolta. In questo modo i lavoratori stranieri che superano il test potranno svolgere le attività di raccolta, con la Coldiretti che ha avviato una campagna di comunicazione rivolta alle imprese e agli stessi lavoratori per garantire il rispetto delle regole e tutelare la salute pubblica.
 
«In questo contesto almeno 25mila posti di lavoro occasionali tra le vigne potrebbero essere disponibili per la vendemmia con una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che era stato introdotto per la prima volta in Italia proprio per la vendemmia e poi successivamente ingiustamente abrogato», conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «bisogna ripensare ad uno strumento per il settore che da una parte sia agile e flessibile rispondendo ad un criterio di tempestiva disponibilità all’impiego e dall’altra generi opportunità di integrazione al reddito preziosa per in cittadini in questo periodo di crisi».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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