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Sorridiamo col Tiramisù

di Alberto Lupini
direttore
 
02 settembre 2013 | 14:56

Sorridiamo col Tiramisù

di Alberto Lupini
direttore
02 settembre 2013 | 14:56
 

Siamo proprio inguaribili italiani. Non basta l’essere padani per non cadere nel campanilismo nazionale che a volte sfiora un po’ il ridicolo. Ne è un esempio la zuffa fra veneti e friulani sulla paternità del Tiramisù, uno dei dolci più famosi al mondo. Tutto nasce dalla volontà del trevigiano Governatore Luca Zaia di avviare le procedure per il riconoscimento di Stg (Specialità tradizionale garantita) a questa ricetta, quasi bastasse codificare un elenco di ingredienti per imporne il format nel mondo e stabilire con certezza dove la si è fatta la prima volta.

Per definire la ricetta tradizionale magari basterebbe rivolgersi all’Accademia italiana della Cucina (che istituzionalmente svolge proprio il compito di tutelare e preservare la cultura delle nostre tavole), sapendo che in fondo si tratta di un compito che finisce lì. Già, perché alla fine stiamo parlando di ricette che ognuno può interpretare come vuole. Basterebbe guardare cosa è successo alla pizza napoletana: è tutelata dal marchio Stg, ma ogni piazzaiolo (a volte con risultati davvero deludenti) fa un po’ quello che vuole.

Se facessimo un sondaggio fra i cuochi italiani nel mondo, potremmo avere una amplissima serie di sfumature diverse nelle diverse esecuzioni, spesso legate al fatto che non tutte le materie prime sono disponibili. A partire da quel mascarpone che per fortuna oggi è disponibile praticamente quasi ovunque grazie alla Sterilgarda, il maggior produttore, che lo esporta in tutto il pianeta, ma la cui mancanza un tempo comportava non poche difficoltà nel fare il Tiramisù. E poi c’è un problema di adattamento alle singole realtà culturali e ai gusti. Un po’ come facciamo noi italiani con la salsa di soia o i wasabi da quando sono diventate di moda le cucine asiatiche.

Come se non bastasse, a sfidare il Tiramisù come dolce italiano più conosciuto ce ne ha messo del suo anche Assolatte, che ha giocato al rilancio con un comunicato in cui annunciava che il dolce più consumato e noto al mondo è la panna cotta, per la quale ogni ipotesi di Stg sembra peraltro impossibile vista la diffusione capillare nelle tradizioni di quasi tutta Italia.

Personalmente riteniamo che per tutelare la Cucina italiana, e soprattutto le sue tipicità a livello di prodotti, servono ben altre iniziative delle istituzioni. Ciò che fa male è il taroccamento del Parmigiano, non come fanno le lasagne in giro per il mondo. Ma poiché il Tiramisù ci piace ed è fra l’altro il titolo della nostra rubrica fissa dove i maggiori vignettisti italiani ci fanno sorridere con le loro interpretazioni del nostro mondo, seguiremo con attenzione la vicenda e contiamo che questa possa offrire ai nostri artisti lo spunto per regalarci qualche risata in più. Anche perché in tempi di crisi c’è bisogno ogni tanto di distrarsi.

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10/09/2013 11:30:28
1) Oggi non si possono più codificare le ricette
Quale è la ricetta tradizionale di un piatto? Nei quasi trent'anni di Accademia e negli anni di coordinamento della guida ai ristoranti annuale, fino ad una certa data, diciamo fino ai primi anni '80 il dibattito era relativamente modesto, e l'Accademia di arrogò l'iniziativa di deposito notarile della ricetta di riferimento della tradizione di una pietanza popolare...
Dibattito modesto significa che le ragioni di merito in confronto erano relative alla "prima comparsa" in un trattato - come nella ampia contesa dell'originalità della "costoletta", o in quella dell'archetipo del primo "risotto" per una sua denominazione primaria (alla piemontese, alla milanese, all'italiana per un centinaio di anni almeno!), nessun dubbio sulla tradizione del Panettone, ma superficialità di attribuzione delle sue esecuzioni alle origini (in pasticceria, in panetteria), e un'infinità di varianti locali.
Il dibattito aveva luogo tra gastronomi ma soprattutto tra autori o maestri di cucina: pochi tra essi assurgevano a maestri di riferimento perchè mancava una scuola o un'associazione che venisse eletta a riferimento, nonostante che i tentativi di unificare, a esempio con l'assistenza delle associazioni italiane di cuochi o con l'accettazione di trattati e ricettari di riferimento nelle scuole di formazione grosso modo l'intesa diveniva ragionevolmente condivisa... a fatica!
Meglio andavano le cose su minestre e primi piatti, per tradizioni legate alla qualità di componenti particolarmente legati ai singoli specifici territori (riso, fagioli, paste fresche e loro forme, condimenti, ingredienti di tradizione e sagre popolari di indubbia referenza, cotture e utensili di cottura).
Una ricchezza incredibile trasmessa in pubblicazioni specificamente edite dalla ampia missione d'informazione svolta dall'Accademia, unica ad essere dedita all'informazione e alla divulgazione della cultura della buona cucina italiana. Lo scambio di complimenti o di critiche era all'ordine del giorno.
Oggi è ridicolo ricominciare, in quanto l'informazione culturale da godimento intellettuale e di piacere è diventata spesso strumento di falsificazione con invenzione di varianti che la fantasia e anche la varietà delle accettazioni e trasferimento in bombardamento di mercato per ingredienti e componenti falsifica la conservazione di originalità.
Pertanto accogliamo il suggerimento di sorridere al divertimento di una libertà civile d'informazione e di diritti credito e o merito... Qualità e freschezza dei componenti e ingredienti costituiscono strategie con cui maestri e imitatori si propongono: "mi piace" potrebbe essere il fattore discriminate individuale più che roboanti denominazioni di falsa autenticità di tradizione...
Enzo Lo Scalzo
Gastronomo
AgoraAmbrosiana


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