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I ristoratori rilanciano sulle cene: «Aprire in zona gialla dove i contagi sono bassi»

Altra richiesta di Fipe a poche ore di distanza dall'appello dei sindaci ad aprire i locali anche la sera in zona gialla. L'idea è quella di aprire nelle zone dove i contagi sono bassi e la situazione è sotto controllo. «Consentire le aperture serali è una necessità non più rinviabile», si legge in una nota della Federazione italiana pubblici esercizi

 
22 febbraio 2021 | 15:59

I ristoratori rilanciano sulle cene: «Aprire in zona gialla dove i contagi sono bassi»

Altra richiesta di Fipe a poche ore di distanza dall'appello dei sindaci ad aprire i locali anche la sera in zona gialla. L'idea è quella di aprire nelle zone dove i contagi sono bassi e la situazione è sotto controllo. «Consentire le aperture serali è una necessità non più rinviabile», si legge in una nota della Federazione italiana pubblici esercizi

22 febbraio 2021 | 15:59
 

Il pressing per riaprire i ristoranti in zona gialla a cena e almeno a pranzo in zona arancione avanza inesorabile. Al momento gli addetti ai lavori sono riusciti a portare a casa pochino, qualche promessa, qualche proclamo, qualche apparente apertura ma poco altro. Ma il fronte di chi spinge verso questa strada si è consolidato nelle ultime ore con l’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) che si è esposta durante il vertice tra governo e autonomie in vista dei nuovi provvedimenti anticovid da assumere.

Cena in zona gialla, sale il pressing -

Cena in zona gialla, sale il pressing

La proposta portata avanti da Fipe e Fiepet
La richiesta si rifà a quanto proposto da Fipe e Fiepet e già approvata in linea di massima dal Cts (sia pure con molte limitazioni e tenendo conto delle dimensioni dei locali del distanziamento e dell’andamento dei contagi), nonostante i parere contrario del ministro alla Salute, Roberto Speranza. Il senso è che se si può di giorno, non si capisce perché sia vietato di sera. È peraltro possibile che se di apertura si parlerà, possa essere dall'inizio di aprile e riguarderebbe ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri. Ma è improbabile che il governo metta date nero su bianco.

Apertura serale non più rinviabile
La stessa Fipe ha colto la palla al balzo della proposta di Anci e ha rilanciato in una nota ufficiale la sua volontà per tutelare un settore sempre più in ginocchio e dal punto di vista sanitario mai scientificamente indicato come fonte di contagio (nonostante il ministro alla Cultura Dario Franceschini sia convinto del contrario). «La riapertura serale - si legge - almeno nelle zone gialle, dei pubblici esercizi in grado di garantire il servizio al tavolo non è più rinviabile. È significativo che anche l’Anci, e dunque i sindaci di tutta Italia, si sia detta favorevole a un allentamento delle restrizioni nei confronti di bar e ristoranti. Sta crescendo la consapevolezza che è più facile far rispettare le misure di distanziamento e di sicurezza sanitaria all’interno di un locale, piuttosto che nelle piazze e nelle strade dove le persone finiscono per assembrarsi senza alcuna precauzione. Ci auguriamo che il primo Dpcm del nuovo governo segni un cambio di passo nelle politiche di mitigazione del contagio da Covid19, che da troppo tempo stanno penalizzando solo alcune categorie caricandole di responsabilità che non gli spettano».

In città sempre più serrande abbassate
Una richiesta ancor più sentita e più che mai necessaria che arriva nello stesso giorno in cui Confcommercio ha fotografato la situazione delle città italiane oggi, ad un anno dallo scoppio della pandemia, sempre più desertificate anche a causa di una chiusura del 25% di alberghi e ristoranti. E intanto gli aiuti stentano ad arrivare, i Bonus predisposti dal Governo Conte - come quello “Ristorazione” - non si vedono nelle casse dei ristoratori i quali, nel frattempo, continuano a protestare nelle piazze o ad aprire illecitamente, contro le disposizioni governative. Una situazione sempre più complessa, drammatica e difficile da gestire che si ripercuote su migliaia di famiglie e ha portato anche ad estremi gesti dei ristoratori stessi.

Chiusure mirate in base ai contagi locali
«Da un anno - prosegue la Fipe nella sua nota - portiamo avanti la battaglia a difesa della dignità di centinaia di migliaia di imprese che non possono essere aperte o chiuse con un’ordinanza pubblicata nella notte e valida dalla mattina successiva. Occorre rispetto per il lavoro di oltre un milione di persone e per un’intera filiera che proprio in bar e ristoranti ha un fondamentale punto di riferimento. Chiediamo ai nostri imprenditori di applicare con rigore i protocolli sanitari e chiediamo alle Istituzioni controlli a tappeto perché tutti li rispettino. Tutto questo per consentirci di poter riaprire anche alla sera, fino alle 22, in zona gialla e fino alle 18 in zona arancione. E visto che i contagi si stanno diffondendo a macchia di leopardo sul territorio, con piccoli focolai e città pressoché immuni, chiediamo che le aperture possano essere regolate anche su base locale, di modo che le misure restrittive siano efficaci e selettive».

Misure restrittive sulle quali il nuovo Governo sta discutendo e che non sembrano essere allentate. Il Consiglio dei Ministri ha deciso di prorogare lo stop allo spostamento tra regioni fino al 27 marzo; quello che i ristoratori e in generale tutti gli imprenditori vogliono toccare con mano, oltre al “succo” delle scelte, è anche la celerità nell’annuncio delle scelte. A più riprese infatti i ristoratori hanno chiesto che le comunicazioni vengano fatte con largo anticipo per poter organizzare il lavoro ed un’eventuale apertura raccogliendo la promessa di Mario Draghi a farlo già nel primo discorso al Senato. Senza mai dimenticare che i ristoranti devono essere considerati servizi essenziali, soprattutto per quei lavoratori non in smart working che devono mangiare fuori casa nelle pause pranzo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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23/02/2021 09:43:14
1) UNA PROPOSTA PER ACCELLERARE LA RIAPERTURA
Penso che la campagna per vaccinare gli italiani dal covid-19 abbia in se un grave difetto di strategia. Voglio precisare e anticipare che sono entrato nel 69esimo anno di età. Pertanto il mio pensiero va contro i miei interessi da anziano, e, non potendo per ovvi motivi tradursi in legge di stato, è solo un pensiero innocuo. Ma mi chiedo: perché perseguire una strategia che si preoccupa di risolvere un qualsiasi problema a valle invece che a monte, cioè alla fonte del problema stesso?. Perché privilegiare il vaccino agli over? E’ vero che gli anziani sono fragili e a rischio perché soggetti di altre patologie ma è anche vero che in quanto anziani conducono una vita rispettosa dell’emergenza: vita molto casalinga, uso di mascherine e di disinfettanti e attenzione al distanziamento in caso di vita sociale esterna. Ed è senz’altro vero che gli anziani hanno una visione più rispettosa e consapevole della situazione di emergenza, mentre la gioventù ha un atteggiamento più disinvolto e meno disponibile ai sacrifici. Se ne deduce che gli anziani hanno una minore capacità di trasmissione del virus rispetto ai giovani. E allora forse vale la pena pensare a privilegiare la vaccinazione della popolazione da 18 anni in su. La popolazione che, senza timore di smentita, ha la maggiore capacità e occasione per trasmettere il virus. Vaccinando la popolazione giovane si possono ottenere a mio avviso una serie numerosa di vantaggi:
- innanzi tutto arginare il contagio alla fonte;
- staccare quindi l’anello iniziale della contaminazione per i successivi passaggi
- sanificare ambienti ad alto rischio trasmissione come luoghi di ritrovo quali locali pubblici, bar, pub, pizzerie, ristoranti, biblioteche e, non in ultimo, le scuole e tutta la rete dei trasporti
- immunizzando i giovani possono essere riaperte le scuole in anticipo e recuperare parte del tempo perso
- possono essere allargati i criteri restrittivi per la gestione di bar e ristoranti e centri di aggregazione sociale favorendo la loro riapertura a tutto vantaggio di fatturati, redditi e incremento dell’occupazione
- riaprendo le attività commerciali più significative può crearsi un “effetto domino” per nuove aperture, per il turismo e per tutto l’indotto.
Naturalmente tutto prescinde dalla capacità del Governo di reperire le quantità necessarie di vaccini e di richiami
stefano de nobili



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