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Galan rompe con la Lega Via alla ricerca sugli Ogm

Intervenuto in Consiglio dei ministri dell’Agricoltura e della Pesca a Lussemburgo, Giancarlo Galan ha rotto la tregua con la Lega annunciando che incoraggerà la ricerca e la sperimentazione. Un cambio di corso rispetto al suo predecessore Zaia che non piace al suo ex vice Manzato e alla Coldiretti

30 giugno 2010 | 18:08
Galan rompe con la Lega Via alla ricerca sugli Ogm
Galan rompe con la Lega Via alla ricerca sugli Ogm

Galan rompe con la Lega Via alla ricerca sugli Ogm

Intervenuto in Consiglio dei ministri dell’Agricoltura e della Pesca a Lussemburgo, Giancarlo Galan ha rotto la tregua con la Lega annunciando che incoraggerà la ricerca e la sperimentazione. Un cambio di corso rispetto al suo predecessore Zaia che non piace al suo ex vice Manzato e alla Coldiretti

30 giugno 2010 | 18:08
 

Sugli Ogm la posizione del ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan (nella foto a destra) è ormai chiara. Dopo dieci anni di divieti il Ministro ha annunciato che «incoraggerà la ricerca e la sperimentazione». Rotta dunque la tregua con la Lega e con il suo predecessore Luca Zaia.

Il nuovo corso, che ha già alimentare nuove polemiche, in particolar mondo quelle del suo ex vice governatore del Veneto Franco Manzato (nella foto a sinistra), è stato illustrato a Lussemburgo dove i ministri agricoli si sono riuniti per discutere, tra l'altro, le proposte della Commissione che mirano a concedere la libertà di scelta agli stati membri sulla coltivazione delle varietà geneticamente modificate.

Franco Manzato e Giancarlo Galan

«Non cambio la posizione espressa fin qui dall'Italia sui dossier riguardanti questi sei Mais Ogm, destinati all'alimentazione animale, competenza prevalente del ministero della Salute - ha detto Galan -. Però credo sia utile chiarire che la mia visione è diversa da quella dei Ministri che mi hanno preceduto».

«Per l'avvenire, per lo meno per quanto riguarderà le mie competenze di ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, ho intenzione di far valere un punto di vista più aperto. Incoraggerò la ricerca e la sperimentazione anche in questo campo. Non permetterò che l'Italia si ritrovi a pagare gap difficilmente recuperabili in un terreno strategico come la conoscenza».
 
«Il mio è il Paese di Guglielmo Marconi e di Enrico Fermi - ha concluso il Ministro Galan - e anche per questo non può imporre stop ingiustificati a chi spende la propria intelligenza e la propria vita nella ricerca del sapere e della conoscenza».

Dunque un cambio di rotta, ma che traspariva fin dal giorno della sua investitura, e che con questa dichiarazione esplicita ha segnato lo spartiacque che sta dividendo l'opinione pubblica.

Contro la dichiarazione pro Ogm di Galan si è subito espresso l'assessore all'agricoltura del Veneto Franco Manzato: «Ricerca e sperimentazione sono il fondamento dello sviluppo anche in agricoltura ma, in Veneto e in Italia, e in generale in Europa, raccontiamo balle a noi stessi se pensiamo di aumentare il reddito delle aziende rurali con agli organismi geneticamente modificati, gli stessi coltivati nelle grandi estensioni sud e nord americane, in Cina e India dove il costo del lavoro è un ventesimo del nostro e nei Paesi del terzo mondo».

«La competitività della nostra agricoltura sta nella qualità, nel territorio, nella tipicità, nella certificazione e nella biodiversità - ha affermato ancora Manzato - rispetto ad aziende il cui tessuto è di piccole e medie dimensioni: non possiamo pensare di produrre in maniera concorrenziale le stesse colture, intimamente identiche, che altrove si coltivano a costi stracciati. Se poi il riferimento è ai costi dell'alimentazione zootecnica, parliamoci chiaro: quando le carni prodotte in Italia saranno ottenute da animali che si nutrono di Ogm, e non costeranno di meno di oggi, chi le comprerà? I problemi della zootecnia sono altri, e dipendono da una politica europea che ci annichilisce e penalizza i nostri allevatori: una politica che, ad esempio, ci ha portato al di sotto della soglia del 50% nell'autoapprovvigionamento di carne bovina, ci sta avviando verso una genetica suina basata su selezioni di razze magre che contrastano con i nostri prodotti tipici come il prosciutto, sta strozzando la nostra produzione di latte a partire da quella destinata ai formaggi Dop. La risposta non è l'Ogm, ma la salvaguardia e la valorizzazione delle nostre diversità e di quell'enorme scrigno di sapori e sapienza contadina che è l'Italia in tutte le sue regioni».

«La ricerca è doverosa, ma non scomodiamo Fermi e Marconi - ha concluso Manzato - perché nessuno ci paga le royalty per le centrali nucleari o per le onde radio: i brevetti che tolgono ai contadini la proprietà delle sementi sono un'altra cosa, che li impoverisce, non che li rende più ricchi e più autonomi nelle scelte imprenditoriali. Piuttosto richiamiamoci al prof. Manzoni e ai suoi incroci di specie vitate, agli errori di cantina e le successive prove dalle quali è nato l'Amarone, alle sperimentazioni sulla grappa, sui salumi e così via: quelle sono invenzioni redditizie per la nostra agricoltura, con grande soddisfazione per i consumatori di tutto il mondo».

Sergio MariniDello stesso parere il presidente della Coldiretti Sergio Marini (nella foto a destra) che precisa: «Non abbiamo mai ostacolato la ricerca che è un valore per il paese. Ma occorre decidere se i pochi soldi pubblici disponibili per la ricerca devono essere destinati agli Ogm o a cose ben più importanti».

Secondo, Marini, «spetta inderogabilmente ai cittadini e ai popoli decidere se, quando e come applicare i risultati scientifici che la ricerca mette a disposizione e su questo punto la scelta di dire no alla coltivazione degli Ogm fatta dall'Italia è stata lungimirante e tale dovrà rimanere. Il futuro della nostra agricoltura sarà nell'essere diversi e migliori e non omologati a quei sistemi produttivi che operano con strutture di costi per noi irraggiungibili. Il problema è non farsi copiare le nostre eccellenze e non replicare noi modelli che il mercato ha già abbondantemente bocciato».
 
Intanto sono nove le sperimentazione pronte a decollare in campo aperto. Si tratta di commodity, come il mais, ma anche di prodotti tipici del Mediterraneo, come kiwi, agrumi, ciliegie, vite, olive, fragole, pomodori e melanzane.


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