Il ministro Galan - e ci mancherebbe altro - lancia
messaggi rassicuranti. Ma mai come in questo caso, e ci spiace rilevarlo, le sue parole sono solo 'politiche” e francamente fuorvianti o inutili. Di fronte allo scandalo dell'Europa che
sdogana l'olio taroccato autorizzandone, sia pure entro nuovi limiti, quello deodorato e contenente alchil esteri, ci saremmo aspettati una presa di posizione ben più dura. Sembra invece che, come al solito, sull'olio il nostro Paese non voglia stare in prima linea. Eppure è proprio sull'olio extravergine di oliva che l'Italia può giocare la sua partita più importante per imporre la logica della qualità e della tracciabilità in campo alimentare, forte anche della tutela da parte dell'Unesco della
Dieta mediterranea.
Non basta dire che il sistema di tracciabilità e di etichettatura già in vigore per l'olio di oliva extravergine in tutta Europa è una garanzia. E in particolare che lo sarebbe per gli oli italiani. Questo non è vero e il ministro delle Politiche agricole, che spesso ha trovato il nostro pieno sostegno, non può non saperlo. Già da tempo sull'olio di oliva l'Italia ha perso una battaglia storica (era ministro
Luca Zaia) con la
discutibilissima norma sulle etichette che ha rappresentato solo una vittoria della non trasparenza voluta dalla lobby degli industriali spagnoli (che controlla di fatto la produzione di oltre i due terzi dell'olio del Mediterraneo, compresi grandi nomi italiani). A tutt'oggi ci sono infatti ampi varchi alla libera interpretazione di cosa indicare in etichetta, in un pasticcio francamente eccessivo soprattutto per quanto riguarda le casistiche più comuni, come la miscela di oli di provenienza diversa. E questo senza considerare che da un paio d'anni l'Unione europea aveva già abbassato i limiti per cui un olio che prima sarebbe stato 'lampante” è diventato commestibile e se rettificato addirittura extravergine...
Come si può quindi dire che l'attuale etichetta già difenderebbe i consumatori? Con le nuove norme che di fatto regolarizzano la deodorazione degli oli che sono malfatti e che per varie ragioni (cattiva conservazione, frangitura errata, olive di scarsa qualità...) sono impoveriti dal punto di vista nutrizionale perché perdono molte delle loro proprietà antiossidanti, l'olio di oliva non commestibile di scarsa qualità può essere venduto come extravergine senza difetti! è vero che è inserito il limite per cui un extravergine è tale se la somma degli esteri etilici e metilici da acidi grassi è inferiore a 75 milligrammi per chilo. Ma questa percentuale è pur sempre intollerabile e, soprattutto, non c'è l'obbligo di indicare in etichetta che quel prodotto (che ci rifiutiamo di considerare extravergine) è stato 'deodorato”.
Poiché il provvedimento europeo tutela solo gli spagnoli e la grande industria (che solo in questo modo può vendere schifezze alimentari a 2,50 euro la bottiglia sugli scaffali della grande distribuzione), colpendo al cuore la produzione italiana di qualità (a cui l'extravergine autentico non può costare di sola produzione meno di 7-8 euro al litro...), chiediamo a Galan di prendere una posizione più netta. Oltre a obbligare l'indicazione della deodorazione in etichetta per la vendita almeno in Italia, il Ministro dovrebbe prendere esempio dal suo predecessore e fare da testimonial (anche con spot televisivi) a favore del vero olio extravergine italiano. Spiegando perché non può costare meno di quello usato per l'automobile. Invece che fare il ridicolo
'uomo panino” pro McDonald's come Zaia, farebbe un grande servizio al sistema Paese, che nell'extravergine autentico potrebbe trovare la nuova frontiera della battaglia per la qualità del Made in Italy a tavola.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.netArticoli correlati:
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